Italia-Libia./ 3 – Chiusa un’avventura cominciata 97 anni fa
Il viaggio storico di Geddafi a Roma: parla all'Italia (e quindi all'Europa) affinché senta l'America
Nel settembre dello scorso anno
avevamo scritto le prime due puntate sulla storia dei rapporti tra
Italia e Libia, incominciati quasi cento anni fa (nel 2011 sarà il
centenario).
La prima riguardava il periodo 1911-1932,
la seconda puntata abbracciava il periodo 1932-1945.
La terza e ultima parte volevamo scriverla a conclusione degli
accordi tra i due Paesi. Quindi adesso che, come dice Berlusconi,
«è stata chiusa una brutta pagina di storia», provvediamo a
pubblicare la terza parte 1945-2009. Resta inteso che provvederemo
a pubblicdare i dettagli dell'accordo non appena li potremo
conoscere.
Quello che ci spinge a scrivere la terza parte oggi, riguarda la
visita che Geddafi è venuto a fare nel nostro paese per siglare
formalmente tale accordo.
Ovviamente i
commenti non vanno né alla tenda piantata a Villa Pamphili, né
all'esercito femminile che si è portato come scorta da casa. Quanto
piuttosto all'ostentazione dell'eroe della resistenza libica Omar
al-Mukhtar (nella
foto), giustiziato dai nostri militari il 15 settembre
1931. Per conoscere maggiori dettagli, rinviamo all'articolo
citato. Qui preferiamo parlare della visita di
Geddafi, il quale ha portato con sé il vecchio figlio di al-Mukhtar
e tenuto esposto sul petto la foto dell'eroe.
Dal punto di vista storico vanno chiarite alcune cose.
Anzitutto non si può addebitare la crudeltà della repressione
italiana in Libia al regime fascista, in quanto è stata un
operazione militare del tutto italiana, anzi europea. Inutile
nascondersi dietro alla figura del Duce: l'Europa considerava
vergognosamente "inferiori" tutti gli extraeuropei, tanto vero che
alla fine della Seconda Guerra mondiale perfino i bollettini
ufficiali del morti non facevano cenno ai caduti della gente di
colore.
Il secondo punto da chiarire sta nel fatto che dal 1911 al 1945 la
popolazione libica ha rappresentato per gli Europei sono
un'interferenza indebita: la guerra di Libia era scoppiata contro
la Turchia (e non contro gli arabi, i beduini, i tuareg e i nomadi
del territorio), mentre gli scontri armati della Seconda guerra
avvennero tra le forze dell'Asse e degli Alleati.
Il terzo riguarda ciò che accadde dopo il 1945. Appena finita la
guerra, gli Inglesi smontarono la ferrovia da noi costruita in
Libia e la rimontarono in Israele. Nessuno questo vuole ricordarlo,
ma è significativo a livello universale e comunque un dato di fatto
che meriterebbe qualche osservazione più approfondita. Poi avvenne
il colpo di stato di Geddafi e la conseguente cacciata degli
Italiani dalla Libia.
Per rimettere il dentifricio - come si dice - entro il tubetto, ci
sono voluti 50 anni… Dapprima si è dovuto aspettare per vedere se
Geddafi restava al potere. Poi il colonnello è stato isolato in
seguito ad alcune sue manie di drammatico protagonismo sulla scena
internazionale. Quindi il dittatore ha fatto una brusca virata
all'indomani di un attentato fallito che gli Americani avevano
fatto nei suoi confronti. Infine, la sottoscrizione del patto con
noi.
Il nostro governo aveva cominciato con Andreotti ad avviare i
rapporti con il dirimpettaio sul Mediterraneo. Ci ha provato anche
D'Alema, ma l'accordo l'ha concluso Berlusconi un anno fa.
Ora la gente lo può criticare quanto vuole, ma l'accordo è stato a
tutti gli effetti un passo necessario non solo per l'Italia ma per
tutta l'Europa. Accordo che prevede risarcimenti, ma anche
riappacificazioni con i nostri Italiani espulsi da Geddafi.
Ieri lo sbarco di Geddafi a Ciampino, con a fianco il figlio
dell'eroe della resistenza libica Omar al-Mukhtar e la sua foto al
petto.
Un gesto di cattivo gusto, perché sarebbe come se l'Italia - per
riappacificarsi con l'Austria dopo la Grande Guerra - si fosse
recata a Vienna con la vedova di Battisti.
Che significato avrebbe avuto? Battisti aveva legalmente tradito il
suo paese, così come al-Mukhtar si era ribellato sanguinosamente
contro il governo in carica. Entrambi eroi per la vita da una
parte, nemici mortali dall'altra.
È chiaro per tutti che la storia deve saper rivalutare con
obbiettività tutte le posizioni, ma in un viaggio di pace forse
sarebbe bastato portare con sé il figlio dell'eroe, concordandolo
magari con i vertici delle due diplomazie. Non avrebbe imbarazzato
nessuno e forse sarebbe stato organizzato tutt'altro percorso
ufficiale: da una parte (la nostra) gli onori al figlio di
al-Mukhtar e dall'altra (la loro) l'invito agli Italiani cacciati
50 anni fa dalle loro terre di rientrare in Libia.
Su quello che Geddafi ha detto oggi all'Italia, non abbiamo nulla
da dire: a tutti gli effetti è stato il suo modo di rivolgersi
ufficialmente all'Europa affinché sentisse l'America.
Dal punto di vista diplomatico, dunque, questo palcoscenico è stato
il successo principale ottenuto dal capo di stato Libico.
GdM