Il Dalai Lama: «Con l'autonomia, il Tibet potrebbe restare in Cina»

E ai nostri amministratori: «Non dimenticate che la vostra autonomia l'avete ottenuta in uno dei paesi più democratici del mondo»

L'auditorium Santa Chiara di Trento ha ospitato oggi il Dalai Lama (nella foto sopra e, qui di seguito, insieme al presidente Dellai), che ha partecipato a una tavola rotonda in chiusura del convegno dedicato all'esame di alcuni dei più importanti esempi di autonomia regionale al mondo, dal Trentino Alto Adige al Québec, dalla Catalogna alla Scozia alle isole Aaland, organizzato in collaborazione con l'Università degli studi di Trento e l'Accademia europea di Bolzano.

Prima del 14° Dalai Lama, hanno preso la parola in apertura anche Lorenzo Dellai, presidente della Provincia autonoma di Trento, Luis Durnwalder, presidente della Provincia autonoma di Bolzano, Bernat Joan, segretario della politica linguistica della Generalitat de Catalunya, Elisabeth Nauclér, deputata al Parlamento Finlandese per le isole Aaland, Roberto Pinter, dell'associazione Italia-Tibet di Trento e Roberto Toniatti, giurista dell'Università di Trento.



Durnwalder ha fatto un breve ma intenso excursus sulle travagliate vicende dell'Alto Adige, che dagli anni Trenta ai Cinquanta ha subito l'arroganza dei poteri centralizzati che hanno fatto il possibile per cavarsi di torno coloro che non parlavano la lingua del paese di appartenenza.
Il presidente della Provincia autonoma di Bolzano ha saggiamente evitato di parlare dei fatti del dopoguerra, in onore al collega trentino del quale riconosce la massima sensibilità autonomistica.
«Anche noi abbiamo al nostro interno delle popolazioni che hanno cultura e lingua diverse dalla nostra. - Ha aggiunto. - Ma la nostra esperienza ci ha insegnato che anche loro hanno il diritto di essere esattamente quello che sono e possiamo vantarci di aver fatto una legge che imponga una loro presenza nelle nostre assemblee legislative.»
Durnwalder è stato il relatore che meglio ha inquadrato la personalità del Dalai Lama e la sua missione.
«Voi non usate la violenza. - Ha detto a sua Santità, rivolto ai Tibetani. - Ma voi avete la forza della cultura e della fede, sulle quali nessuna forza riuscirà mai avere il sopravvento.»

Anche Dellai ha evitato di riferirsi a ciò che per anni ha diviso il Trentino dall'Alto Adige, preferendo soffermarsi su un concetto valido per entrambe le Autonomie.
«I nostri territori sono sempre stati di confine, - ha ricordato, - ed è per questo che abbiamo subito per troppo tempo la volontà di paesi che non parlavano la nostra lingua.»
Insomma ha trovato quello che accomuna Trento a Bolzano: la fatica di essere territori di confine. È così che le due Province Autonome, dopo aver fatto tanto per separarsi, hanno scoperto quanto sia importante collaborare in tutto ciò che riguarda l'autodeterminazione.
Dopo questa premessa, Dellai ha dato lettura di un condensato di quella che è stata definita «Carta di Trento», una specie di istanza internazionale rivolta alla Cina e a tutto il mondo nella quale si enuncia che «le diversità culturali, etniche e religiose sono la vera ricchezza di tutti i paesi».
Quanto viene dettato in questa «Carta» trae conforto giuridico dalla stessa costituzione della Cina, che prevede proprio come espressione di libertà le diversità che compongono in maniera estremamente variegata la repubblica Cinese.

Ed è stato a questa enunciazione che il 14° Dalai Lama ha voluto inserire il suo intervento, che era l'evento più atteso della giornata.
«Ringrazio le belle parole che i miei amici appartenenti alle più belle autonomie del mondo hanno trovato per dare forza alla nostra gente. - Ha commentato. - Ma non dovete dimenticare che voi appartenete comunque a paesi che hanno le più belle democrazie del mondo. Anche senza la vostra preziosa autonomia, non sareste infelici. Credetemi.
«La grande Cina - ha proseguito sua Santità - ha gravissimi problemi, perlopiù dovuti alla diversa capacità di intendere la cultura e la stessa essenza della vita. Il più importante di questi gap sta nella mancanza della libertà di stampa. In altre parole, significa che il potere si basa sulla menzogna, non solo passiva (quella di non dire tutto), ma anche quella attiva, cioè di dire cose diverse dalla verità.
«Ci sono Cinesi che non sanno che c'è stata la Rivoluzione Culturale! - ha denunciato il premio Nobel per la pace. - Solo quando c'è stato il devastante terremoto avvenuto qualche mese prima delle Olimpiadi, la stampa cinese ha detto la verità. Il che non è poco, a ben guardare la Cina, ma non è nulla, in assoluto.
«Noi siamo pronti a riconoscere la sovranità della Repubblica Cinese anche sul Tibet. - Ha poi dichiarato. - Ma la libertà di avere un rapporto con Dio indipendentemente di quello che pensa un qualsiasi potere temporale, è una delle libertà fondamentali dell'uomo che crede di non vivere solo questa vita.»



Poi, sua santità ha voluto scendere a patti con la vita concreta di tutti i giorni.
«Un'altra cosa che vi differenzia da noi, - ha detto poi, rivolto a Dellai e Durnwalder, - è la ricchezza. O la povertà della nostra gente, se preferite, dato che è dal Tibet che la mia gente emigra verso le vostre terre… - Applauso in sala, mentre indica la platea. - È vero che noi predichiamo il valore morale, la pace nel mondo, la non violenza. Ma sono certo che si comprenderà come sia diverso operare senza problemi per la sopravvivenza.»
In effetti, a mezzogiorno, nel corso della conferenza stampa generosamente organizzata dalla Provincia e l'entourage del Dalai Lama (entrambi nella foto sopra), avevamo chiesto se mai sarebbe stato possibile vedere un Tibet autonomo, ma con il potere temporale separato da quello trascendentale. Secondo noi era una delle strade che possono portare a più miti consigli con Pechino, che teme la popolarità e il carisma di sua Santità. Il Dalai Lama aveva risposto in termini di principio, citando anche le tappe temporali delle sue decisioni in tal senso.
Ma era evidente che non intendeva dimenticare tutte le libertà cui anela il suo popolo, comprese quelle fondamentali della sopravvivenza.

Ma alla fine il Dalai Lama è tornato a raccordarsi in pieno con gli auspici emersi nel convegno, poi consolidati nella tavola rotonda.
«Se ci viene concessa la giusta autonomia, Pechino avrà la migliore garanzia affinché il Tibet resti in Cina. - Ha commentato. - Le autorità cinesi hanno paura che l'autonomia venga usata per separarsi, cioè per l'indipendenza. Per questo usano la forza per reprimere le istanze del Tibet. Ma è sbagliato Non è vero - ha concluso il Dalai Lama - perché basta guardare gli esempi del Québec in Canada, della Scozia o dell'Irlanda in Gran Bretagna, dove sono fortemente indipendentisti, ma vogliono rimanere nello Stato di appartenenza.»

Guido de Mozzi