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In ricordo di Maria Romana De Gasperi – Di Giuseppe Tognon

Intervento pronunciato a Pieve Tesino dal Presidente della Fondazione Trentina Alcide De Gasperi in ricordo della figlia prediletta

La figura paterna ha attraversato ogni fase della lunga e travagliata vita di Maria Romana De Gasperi, scomparsa quest’anno a 99 anni. La grandezza di Alcide De Gasperi è nella storia, eppure ciò che la sua figlia primogenita ha fatto per curarne la memoria è qualche cosa che va al di là dell’affetto per un padre. È stata una missione e una prova di coraggio.
Nata a Trento nel 1923, pochi mesi dopo la Marcia su Roma e l’avvento di Mussolini, l’infanzia di Maria Romana si sviluppò tra le ansie per la persecuzione a cui il regime condannò il padre. Dal carcere lui le scriveva lettere colme di affetto.
 
Ricordando quegli anni ebbe però a dire che le rinunce e le preoccupazioni dei suoi genitori non impedirono a lei e alle sorelle Lucia, Lia e Paola di crescere in un contesto amorevole e fiero, capace di trovare conforto nell’affetto familiare oltre che nella fede. E per cogliere i sentimenti di gioia e di riconoscenza verso la vita che abitavano la famiglia dello statista basta rileggere il delizioso racconto della storia di famiglia che Lia De Gasperi ci ha consegnato in una conferenza a Torino di alcuni anni fa (che è in rete con il titolo di Cecilia De Gasperi racconta) o il delicato libro di Paola De Gasperi Alcide e Francesca del 2020, sul rapporto tra due personalità speciali quali furono i loro genitori.
 
La moglie Francesca e Maria Romana arrivarono a Roma nel 1929, nel modestissimo monolocale che Alcide si poteva permettere con il povero stipendio da minutante nella biblioteca vaticana dove, dopo l’esperienza del carcere, mani e menti amiche lo avevano rifugiato. Crescendo, Maria Romana decise di mettersi al fianco del padre, quasi per proteggerlo: dopo la caduta del fascismo, nel bel mezzo dell’occupazione nazista di Roma iniziò a collaborare alla sua attività politica, agendo come staffetta tra il padre e il gruppo di ex popolari che in clandestinità stava dando vita alla Democrazia Cristiana. Si laureò nel frattempo in Lettere alla Sapienza.
Il padre ne aveva stima e fiducia, tanto da volerla con sé come segretaria particolare una volta divenuto Presidente del Consiglio nel 1945. Seguì il padre in molti viaggi in Italia e all’estero, incluso quello famoso negli Stati Uniti del 1947 che segnerà l’ingresso dell’Italia nell’orbita atlantica.
 
De Gasperi a Roma viveva in casa con sette donne. La moglie, la sorella Marcella che era venuta a stare con le nipoti quando erano morti i genitori, le quattro figlie e la tata. Nel 1947 Maria Romana si è sposata e Lucia è entrata in convento per farsi suora. Maria Romana sposò l’ingegner torinese Piero Catti, fratello di Giorgio, partigiano che cadde nella Resistenza e a cui è dedicato un Centro Studi a Torino. Era, quello del marito, un gruppo di amici antifascisti appassionati di montagna. Ha avuto tre figli, Giorgio, morto giovane in Francia per un incidente, Paolo e Maurizio, scomparso nel 2017. Ha avuto quattro nipoti diretti. Appena sposata ritornò a vivere a Trento, ma il richiamo di Roma e il desiderio di stare vicino al padre la spinsero a riprendere la via della capitale. A Trento conserva un ristretto ma fedele gruppo di amici.
 
La storia di questa donna speciale e il suo rapporto con il padre ci apre uno squarcio prezioso su ciò che un bravo giornalista, Aldo Cazzullo, ha definito «una delle poche rivoluzioni riuscite che l’Italia contemporanea abbia vissuto»: la rivoluzione affettiva tra padri e figlie. Non si è ancora conclusa ma ha radici solide. Alcide De Gasperi fu un esempio di padre «nuovo», non più solo padrone, ma uomo che non si vergognava dei propri sentimenti e, pur nel poco tempo che gli rimaneva, seguiva con passione e partecipazione anche infantile la crescita delle figlie.
 
Quando il padre morì, il 19 agosto 1954, nella piccola casa di Sella in Valsugana, Maria Romana si sentì investita di una nuova missione: custodirne la memoria di fronte a un Paese che con facilità innalza agli altari e ancor più facilmente dimentica. Tanto più avendo visto con quanta sofferenza suo padre alla fine della sua vita dovette piegarsi sotto le scalpitanti ambizioni di un ceto politico che forse non aveva capito quanto dura fosse la lezione della storia. Mentre la stessa Democrazia Cristiana sembrava abbandonare al passato il profilo ingombrante del suo fondatore, giudice implacabile da vivo e da morto della politica italiana, Maria Romana, con il sostegno della madre Francesca, che sopravvivrà molti decenni al marito, si immerse tra migliaia di carte e documenti che raccolse silenziosa da archivi e fondi pubblici e privati, traendone la prima vera biografia paterna, uscita nel 1964 con il titolo De Gasperi uomo solo.
 
Poi per anni pubblica raccolte di documenti, saggi e interviste. E se anche talora la passione e l’immedesimazione con la figura del padre prevale sui criteri filologici e storiografici, è difficile dire cosa sarebbe oggi la memoria di Alcide De Gasperi senza l’opera di Maria Romana. Molti studiosi hanno contratto con lei debiti di gratitudine. Ma molti altri hanno preferito rimanere ai margini, senza capire che la sua fatica e il suo impegno avevano bisogno che intorno alla figura di De Gasperi crescesse davvero una coscienza collettiva per l’impegno civile e per un ideale federalista europeo. È ciò che la nostra piccola fondazione trentina, operativa dal 2008, ha ricevuto come compito.
 
Sarebbe sbagliato però ricordare Maria Romana De Gasperi solo come biografa e vestale di suo padre. All’attività editoriale accompagnò un’intensa attività di animazione civile. Percorse il Paese incessantemente da Nord a Sud, per parlare del padre e della sua lezione democratica ed europeista. Non le mancava certo la capacità di narrare e di arrivare al cuore delle persone, grazie anche a quell'eleganza e compostezza che faceva specchio all'immagine del padre. Fino agli ultimissimi tempi, nonostante l'età, non viene meno a questo dialogo con il suo tempo, curando anche la rubrica settimanale su «Avvenire» a cui tanto teneva.
 
La sua figura di testimone degasperiana visse sempre al di fuori dalla vita dei partiti, rifiutando di essere eletta. Diceva che per servire il bene comune talvolta è preferibile fare un passo indietro. Rimase fedele agli ideali politici paterni, o almeno a quelli che lei valutava essere fondamentali.
De Gasperi non ha eredi politici, e questo è chiaro, ma l’unicità del personaggio, che è consegnato alla storia, non ci impedisce di cogliere nel suo stile e in quello di Maria Romana sfumature che hanno anticipato la rinascita di una Italia nuova, più libera e autonoma anche nella condizione femminile e nell’esercizio dei diritti e dei doveri civili.
 
Il Trentino, culla di molte storie nazionali ed europee, ha il dovere di essere in prima fila nel testimoniare che grandi ideali e grandi capacità possono sorgere e rivelarsi anche in piccole patrie, così come piccole patrie posso ambire ad esercitare un ruolo propulsivo solo se inserite in un contesto sovrastatale più ampio. Nella concezione degasperiana della storia essere minoranza non era una condizione di inferiorità ma piuttosto di forza, se si era animati da coraggio e visione. Maria Romana, donna tenace, figlia amatissima, biografa devota di uno straordinario uomo pubblico ma anche di un padre e di una famiglia ricca di sentimenti gentili, riposerà in pace quando vedrà che sotto le ceneri della storia ardono comunque le braci di una umanità che fa dell’ospitalità, del rispetto reciproco e del confronto pacifico un dovere quotidiano oltre che cristiano.

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