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La Lectio Degasperiana che avrei voluto sentire – Di Cesare Scotoni

Per essere attuale dovrebbe partire con Umiltà dai fallimenti degli Anni 80 e trovare il Coraggio di affrontare anche le Verità più dolorose

Ogni agosto si tiene in Valsugana una «Lectio Degasperiana» che ricorda l’illustre concittadino che lì tornò per morire. Discorsi ricchi e rotondi, che guardano ad un passato la cui durezza è spesso velata dalla nostalgia. In fondo dolcemente autoassolutoria.
Il lavoro di Alcide Degasperi, segnò l’avvio di un percorso di Ricostruzione solidale dell’Europa postbellica. Con una spinta di solidarietà tra gli sconfitti che si esaurì con la riunificazione tedesca dell’autunno 1989.
Il 13 gennaio 1992 il Vaticano riconosceva come primo paese al mondo l’esistenza statuale ed indipendente di Slovenia e Croazia, dando il via alla dissoluzione della Jugoslavia e ponendo la questione, tuttora irrisolta, della consistenza politica del Nuovo Progetto Europeo che stava nascendo in quei giorni a Maastricht.
 
Progetto quello di Maastricht figliastro forse dell’ambizione anche degasperiana di ricostruire un’Europa di Pace e Prosperità dopo i massacri delle due guerre mondiali e nato certamente in continuità con gli accordi di Parigi nel 1951, per la creazione della CECA.
Con gli Accordi di Maastricht però prendeva l’avvio la perdita di competitività peggiore che l’Italia ricordi e l’erosione del potere di acquisto dei salari più importante che abbia colpito la classe lavoratrice dal primo dopoguerra.
A solo 7 anni da quella firma poi, il 24 marzo 1999, con le bombe della NATO lanciate su Belgrado svaniva anche il sogno di Pace Europea di Adenauer, Schumann e Degasperi.
Tra un prima ed un dopo così diversi in termini di crescita economica e sociale è legittimo porsi qualche domanda. E cercare qualche risposta.
 
La distanza tra il «Cosa e Perché» e il «Cosa e Come» è quella che ritroviamo tra Strategia e Tattica. Che, al netto che la Storia ci insegna come vi siano state e vi saranno sempre ed inevitabilmente delle Strategie sbagliate e delle Tattiche inadeguate, è una distanza che poi, nei Fatti dell’Operatività dell’Agire, deve progressivamente ridursi. Se non accade il Fallimento è dietro l’angolo.
Guardatevi attorno e decidete. Decidete se quella distanza, scelta dopo scelta, l’avete vista ridursi. E come cambiare lo scenario. Perché il guardare indietro per affrontare ciò che abbiamo davanti questa volta potrebbe essere un esercizio ormai inutile.
Ora più di ieri serve pensiero «laterale». Serve uscire da quel labirinto costruito da altri in cui corrono delle cavie in cerca del cibo e in cui, compromesso dopo compromesso, siamo docilmente entrati.
La rinuncia ad una Costituzione Europea in favore di una pletora di accordi bilaterali, una moneta unica che, purché nascesse non serviva più né che fosse unica e forse manco che fosse moneta, una governance lontana dalla rappresentatività. Questi gli errori più macroscopici.
 
La Storia è lì che ci guarda e ci ricorda che fin dalle Guerre Franco Prussiane, per un secolo e mezzo di conflitti, passando per le ambizioni nucleari di De Gaulle, l’Asse immaginata da Napoleone Bonaparte e che andava da Parigi, a Berlino fino a Mosca, il sogno di un’unica Europa Moderna che andasse dall’Atlantico agli Urali si è sempre infranto sul dualismo tra Francia e Germania.
Per cui chi sostenne disinvolto ed anche in tempi recenti, una trazione Franco – Tedesca per il sogno europeo, lì dove la Cooperazione Europea postbellica nacque da tre forti volontà, un fine ed il riconoscimento pieno di una Sconfitta, banalmente tradì da Roma il lascito di Adenauer, Degasperi e Schumann.
Quando Alcide Degasperi, si presentò, con un soprabito preso in prestito, a Parigi il 10 agosto 1946, per riconoscere la sconfitta dell’Italia e accettare l’ostilità che animava i vincitori dette al Mondo una lezione di Umiltà e Buona Volontà.
Allora l’unico vero interesse nazionale era la Ricostruzione. Quella fisica di un Paese in macerie e quella Nazionale, dopo la Guerra Civile che aveva visto italiani contro italiani.
 
Il sogno europeo, scritto minuscolo, è quello che già tre volte la Germania ha sostenuto. Erede di quella rivoluzione industriale prussiana che prima infastidì gli inglesi e poi gli interessi USA. Con la sua inutile spinta egemonica verso est e quell’Export che doveva garantirne il primato senza farsi carico dell’onere di difenderlo.
Il sogno europeo, scritto minuscolo, è anche quello dei viceré, del banchiere o del bancario messi a controllare la cassa, del commercialista incaricato della liquidazione.
Del Sogno Europeo, scritto Maiuscolo, la bandiera fu lasciata a quella classe media cresciuta con il «boom economico», con le anomalie di un fisco rapace quanto inefficace, con i patrimoni familiari piccoli e grandi da difendere e le prospettive da lasciare ai figli.
 
Il vero nemico degli Accordi di Maastricht. Dei vincoli costruiti sul passato anziché delle Regole costruite su quel Presente che qualcuno ci vende per Futuro.
L’Europa che rivendica un’eredità Cristiana in quanto riconosce la Centralità della Persona sull’astrattezza dei Principi.
Quella del Principio di Realtà, per cui o le cose esistono e si riscontrano oppure si dichiarano e si dibattono senza controprova.
Per restare solo idee di cui parlare. Le scelte di Alcide Degasperi furono di Concretezza ed Umiltà. Compresa quella di saper riconoscere di essere stati dalla parte sbagliata.
 
Per quello oggi una Lectio Degasperiana, per essere attuale, deve partire con Umiltà dai fallimenti seguiti al 1992 e trovare il Coraggio di affrontare anche la Verità più dolorosa e le sue inevitabili implicazioni, se ciò dovesse servire a muovere dalla pericolosa melma in cui il Paese, dal 2011, è caduto.

Cesare Scotoni

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