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Quinta edizione del «Premio De Gasperi – Costruttori dell’Europa»

La laudatio del professor Paolo Pombeni per l'insignito Felipe Gonzales

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Paolo Pombeni, direttore dell'Istituto Storico Italo Germanico di Trento, ha pronunciato oggi al Teatro Sociale di Trento la Laudatio per il conferimento del Premio «Alcide De Gasperi - Costruttori dell’Europa» a Felipe Gonzalez, che consiste nella agiografia con la quale si motiva il conferimento del premio.

Di seguito, il testo.
 
La Spagna è nel cuore della costruzione dell’Europa contemporanea. La cultura europea accolse il suo ritorno sulla scena negli anni tra le due Guerre Mondiali come un evento che la scosse profondamente.
La Spagna era stata una culla del costituzionalismo con la Carta di Cadice del 1812, ma la sua vicenda si era poi sempre più marginalizzata nel tumulto del lungo diciannovesimo secolo.
Con le vicende della Seconda Repubblica essa tornava ad essere un tema forte della coscienza del nostro continente. Non solo la straordinaria partecipazione emotiva alla sua drammatica guerra civile ne rimane grande testimonianza: come dimenticare il Per chi suona la campana di Hemingway, I grandi cimiteri sotto la luna di Bernanos, l’ Omaggio alla Catalogna di Orwell?
 
Mi permetterete anche di ricordare che quello che è stato il libro culto del cattolicesimo democratico del secondo dopoguerra, l’Umanesimo integrale di Jacques Maritain, nacque da una serie di lezioni da lui tenute negli anni Trenta in una università spagnola.
Richiamo questi fatti non per il vezzo di un professore di storia di giustificare tutto con qualche buona citazione del passato, ma per inquadrare la scelta della giuria del premio De Gasperi in una consapevolezza storica che continua la tradizione che l’aveva portata nelle edizioni precedenti a conferire il premio ad Helmuth Kohl, a Carlo Azeglio Ciampi, a Simone Weil, a Vaclav Havel.
 
L’Europa ha atteso a lungo il ritorno della Spagna nel suo seno dopo la drammatica conclusione della sua guerra civile, consapevole che una storia si può interrompere, ma non si può cancellare.
Tutti oggi riconoscono che la peculiare transizione che consentì al paese iberico di riprendere il suo posto tra le democrazie costituzionali del nostro continente fu favorita dalla nuova dimensione raggiunta dall’Europa con la realizzazione prima della Comunità e poi dell’Unione.
Fu quel contesto a consentire, cosa che solo qualche decennio prima sarebbe parsa utopica, che un paese con un così pesante vissuto sulle spalle, potesse ridefinirsi senza pagare il prezzo di violenze e rese dei conti traumatiche.
Il merito però non fu che parzialmente quello del contesto esterno, perché una tale soluzione non sarebbe stata possibile senza una classe dirigente spagnola consapevole di cosa significava ritornare nel cuore dell’Europa dopo la svolta degli anni Sessanta del secolo scorso.
Solo con il suo concorso e grazie alla sua intelligenza fu possibile quella transizione pacifica da un regime dittatoriale-autoritario ad una democrazia matura, transizione che è stata un insegnamento per tutto il mondo.
 
La stessa biografia politica di Felipe Gonzalez testimonia quel percorso.
Egli è stato uno degli esponenti più autorevoli di quella nuova classe dirigente e, come capo del governo del suo paese per un lungo periodo, è stato un protagonista non solo della transizione spagnola alla democrazia, ma anche del fattivo apporto che essa ha dato alla costruzione di una Europa che, proprio a partire da quell’evento, avrebbe iniziato un percorso di «allargamento» che ne ha mutato in parte la stessa fisionomia.
 
Gonzalez non appartiene alla generazione dei figli dei vecchi militanti socialisti degli anni Trenta. La sua formazione politica non avviene pertanto sull’onda di una memoria familiare.
I primi passi in questo ambito li muove negli ambienti studenteschi cattolici di Siviglia che hanno il loro punto di riferimento nell’antico esponente della Ceda Giménez Fernández (docente di diritto canonico e rappresentante della corrente più riformatrice, social-cristiana progressista di quel partito, poi di una delle correnti democratico cristiane antifranchiste).
Nel 1962 si iscrive alla gioventù socialista e nel 1964 al Psoe. Mantiene tuttavia i rapporti con gli ambienti cattolici, tant’è che nel 1965 è grazie a un dirigente della Hermandad obrera de Acción católica che ottiene una borsa di studio per l’Università di Lovanio.
Nel 1966 si laurea in legge all’Università di Siviglia ed esercita poi come avvocato del lavoro stringendo rapporti con il sindacato socialista UGT.
 
Come delegato della federazione andalusa partecipa nel 1969 a una riunione del Comitato di direzione del partito che si tiene in a Bayonne (Francia) nella quale sostiene la necessità di mantenere la denominazione del partito e di trasferirne la direzione in Spagna.
È quest’ultima una battaglia sulla quale caratterizza la propria militanza, convinto del fatto che la direzione dell’esilio abbia perso i contatti con il paese e sia troppo legata all’esperienza della Seconda repubblica, della guerra civile e dell’esilio.
Allo stesso tempo è una battaglia per il rinnovamento e ringiovanimento della direzione del partito. Il gruppo andaluso, di cui Gonzalez. è già leader indiscusso, ripropone questa linea nell’XI congresso del partito in esilio che si tiene nel 1970 a Touluse.
La proposta non è approvata, tuttavia dal congresso esce un nuovo Comitato esecutivo composto di 16 membri, 9 dei quali residenti in Spagna, tra i quali lui stesso.
 
Nel congresso dell’anno successivo presenta un’analisi della situazione politica della Spagna, dalla quale emerge l’impossibilità per l’opposizione antifranchista di mettere fine alla dittatura.
Si tratta di una visione lucida, che viene tacciata di «catastrofismo» e che accentua la contrapposizione tra le due anime della direzione del partito.
Il confronto decisivo avviene nel 1974 nel congresso di Suresnes (Francia), nel quale Felipe Gonzalez. è eletto segretario generale.
Si tratta anche dell’anno in cui prende avvio la trasformazione del partito che se da una parte enuncia un programma radicale, fortemente anticapitalista e antimperialista (anche per sottrarre consensi ai comunisti), dall’altro si muove con cautela e pragmatismo, non trascurando il dialogo con i settori aperturisti del regime.
Una linea che si rafforza quando, morto Franco ed esauritosi l’esperimento di Arias Navarro, viene nominato capo del governo Adolfo Suárez (estate 1976).
 
Notevole importanza riveste il Congresso del 1976, il primo a tenersi in Spagna dopo quello del 1932.
Vi prendono parte i maggiori leader del socialismo europeo: Willy Brandt, Michael Foot, Olof Palme, Pietro Nenni.
Nella prima campagna per le elezioni del 15 giugno 1977 Gonzalez indica tra gli altri obbiettivi quello dell’ingresso nella CEE.
 
Nella primavera del 1978 inizia a sostenere pubblicamente la necessità di abbandonare il riferimento al marxismo. Dopo le elezioni del 1979, a maggio, si tiene il 28° congresso del PSOE; Gonzalez, che difende la necessità di abbandonare il riferimento al marxismo e che su questa posizione è in minoranza, non si presenta come candidato alla conferma come segretario.
La maggioranza cerca un candidato alternativo che non trova, così in settembre si tiene un congresso straordinario che lo conferma alla guida del partito.
Assieme al gruppo di giovani dirigenti socialisti andalusi Gonzalez è il principale artefice della trasformazione del PSOE, della rinascita del socialismo spagnolo e della modernizzazione del paese iberico in chiave europea.
 
Dal 1974 al 1982, anno di avvio della prima legislatura a guida socialista, egli riesce a centrare tre obbiettivi.
1) affermarsi come principale partito della sinistra spagnola sottraendo il primato dell’antifranchismo al Partito comunista;
2) riunificare la famiglia socialista frammentata sul piano dell’offerta elettorale;
3) intercettare una parte dell’elettorato centrista dell’Unión de Centro Democrático di Adolfo Suárez dopo l’implosione della coalizione (tra il ’79 e l’82).
 
Dopo una lunga trattativa che ha visto l’iniziale opposizione della Francia, il 1° gennaio 1986 la Spagna entra nella Comunità europea.
Si tratta di un notevole successo per il PSOE e per Gonzalez, anche perché le ricadute positive non tardano a farsi sentire in termini di sviluppo economico, crescita degli investimenti stranieri, elargizione di fondi strutturali e di coesione.
Più problematico è invece il discorso sull’adesione alla NATO, dato che Gonzalez si schiera per il sì al referendum del marzo 1986 (vinto col 52,3%) rinnegando le sue precedenti convinzioni e rompendo di fatto con la sinistra pacifista del paese e del suo stesso partito.
In virtù di questi successi, egli vince anche le elezioni politiche anticipate del giugno1986.
 
Nella Comunità europea la Spagna si schiera subito col fronte europeista, sviluppando una particolare sintonia con la Germania di Kohl e sostenendo l’Atto unico, la Cooperazione politica, l’incremento dei fondi strutturali e la UEO (Unione dell’Europa occidentale).
Questi orientamenti emergono chiaramente nel primo semestre 1989, quando alla Spagna spetta la presidenza di turno della Comunità: Gonzalez si adopera infatti per garantire una maggiore presenza europea sulla scena politica internazionale e per creare i presupposti dell’unione monetaria.
Al Consiglio di Madrid di giugno, il suo progetto di un’Europa sociale e solidale si scontra tuttavia con le resistenze e i veti espressi dalla Gran Bretagna di Margaret Thatcher.
 
Superati i due difficili test elettorali del 1989, cioè le consultazioni europee di giugno e quelle politiche di ottobre, e incassato in luglio il successo della nomina del socialista Enrique Barón Crespo alla presidenza del parlamento di Strasburgo, Gonzalez prova a imprimere una svolta socialdemocratica alla sua azione di governo, dopo tanti anni di politiche economiche di stampo liberista, aumentando la spesa pubblica, migliorando il sistema di protezione sociale e creando un sistema sanitario nazionale.
 
Si tratta però solo di una breve fase, dato che di lì a poco i cosiddetti «parametri di Maastricht» sul contenimento dell’inflazione e del debito pubblico, rendono nuovamente necessarie misure di contenimento della spesa.
Le scelte del Psoe provocano una nuova conflittualità sociale nel paese, alimentata anche dall’alto tasso di disoccupazione, che arriva a superare il 24%, e dall’appoggio fornito agli Stati Uniti durante la prima guerra del Golfo.
A partire dai primi mesi del 1990, Gonzalez conoscerà, come accade a tutti i leader politici, un momento di difficoltà nel suo rapporto con l’opinione pubblica, anche se proprio sul piano dell’immagine internazionale della Spagna il 1992 aiuterà il premier grazie alla contemporanea fastosa celebrazione di quattro eventi di grande rilevanza internazionale: le Olimpiadi di Barcellona, l’Esposizione universale di Siviglia nel V centenario della scoperta dell’America, e Madrid capitale europea della cultura.
 
Si dovranno però pagare i conti di un sistema democratico, ciò che significa anche aspra contesa elettorale, problemi di gestione del potere e quant’altro.
Ciò porterà Gonzalez alla perdita della direzione del governo, dopo un’ultima fase in cui ha molto lavorato per la trasformazione dell’Europa, ma dovendo tenere conto di quell’incremento di considerazione da parte di tutti per i singoli «interessi nazionali», tanto da arrivare a condizionare la firma spagnola al Trattato di Maastricht al riconoscimento del principio di coesione, che nel 1994 si sarebbe poi tradotto nella creazione di uno specifico fondo di finanziamento del quale la Spagna avrebbe ampiamente beneficiato.
 
Gonzalez continua a credere che il destino della Spagna sia strettamente legato a quello dell’Europa, e quindi difende strenuamente la permanenza della peseta nello SME quando il paese è vittima di attacchi speculativi, così come sostiene senza indugio la partecipazione della Spagna a tutte le fasi dell’Unione economica e monetaria, nonostante i sacrifici che il piano di convergenza avrebbe imposto.
Di qui il premio internazionale Carlo Magno, conferitogli nel 1993 ad Aquisgrana proprio per il suo impegno europeista, nonché lo sviluppo di ottimi rapporti personali con il cancelliere tedesco Helmut Kohl e con il presidente della Commissione europea Jacques Delors, tanto che da più parti viene avanzata la proposta di una sua candidatura a presidente della Commissione stessa.
 
Nel giugno 1994 Gonzalez però rifiutò tale candidatura, ritenendo evidentemente prioritari gli impegni di Madrid rispetto a quelli di Bruxelles.
Nella seconda metà del 1995 egli rappresenta perciò ancora la Spagna durante il nuovo turno di presidenza del Consiglio europeo, quando Barcellona e Madrid sono rispettivamente sedi di due importanti eventi internazionali: in novembre, la conferenza euromediterranea, che pone le premesse per la creazione di un’area di libero scambio comprensiva di oltre 800 milioni di abitanti, e, in dicembre, il Consiglio europeo di Madrid, che tra l’altro imprime un’accelerazione al processo di unione monetaria.
Nonostante questo Gonzalez è sconfitto alle elezioni politiche del marzo 1996, e l’anno seguente abbandona anche la guida del PSOE.
 
Lasciato il palcoscenico centrale della vita politica, continua però il suo impegno pubblico: svolge diverse missioni internazionali per conto dell’OCSE e dell’ONU nella ex-Iugoslavia e ricopre alcuni incarichi nell’Internazionale socialista.
Dalla fine degli anni Novanta Gonzalez si è soprattutto dedicato all’analisi e alla riflessione politica, attività che si è concretizzata principalmente in articoli per «El País» e nella pubblicazione di alcuni volumi, nei quali egli per lo più ha rivisitato criticamente gli ultimi anni della politica spagnola: El socialismo (1997), El futuro no es lo que era (2001), scritto in collaborazione con l’ex direttore de «El País» Juan Luis Cebrián, e Memorias del futuro (2003).
Ha inoltre presieduto il Gruppo di riflessione sul futuro dell'Europa, istituito nel dicembre 2007 al fine di avanzare proposte sulle priorità a lungo termine dell'UE, poi presentate nel maggio 2010 con la relazione Progetto Europa 2030.
 
Con questa prestigiosa storia, che testimonia la sua passione nella «costruzione» dell’Europa, Gonzalez si situa, a pieno titolo, fra coloro che hanno continuato quell’opera di fede nel futuro europeo che qui celebriamo nel nome di Alcide De Gasperi.

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