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«Premio Degasperi costruttori d'Europa» 2014 a Prodi/ 3

Intervento del presidente della Provincia autonoma di Trento Ugo Rossi: «Autonomia tra ambizione e ragione»

Oggi, 5 settembre, torniamo a festeggiare l'Autonomia: quest'anno la Giornata coincide con l'attribuzione del Premio internazionale Alcide De Gasperi, intitolato ai «Costruttori d'Europa», che consegniamo – lasciatemi dire finalmente - a Romano Prodi, un amico del Trentino che fu presente anche alla prima edizione del Premio e che ne ha sempre seguito l'evoluzione.
La penultima edizione, quella del 2012, aveva visto premiato Felipe Gonzales, ex presidente del governo spagnolo; prima di lui questo riconoscimento, lo voglio ricordare, era andato ad altre personalità che hanno contribuito alla costruzione della «casa comune europea», Vàclav Havel, Simone Veil, Carlo Azeglio Ciampi e Helmut Kohl.
Ho parlato di Festa dell'Autonomia, e, pur nella consapevolezza del momento difficile che la nostra Autonomia speciale sta attraversando, vorrei ribadire questo concetto il suo significato.
Penso infatti che, per sentirla davvero nostra, dobbiamo pensare all'Autonomia anche in questo modo: come a qualcosa da festeggiare, e da celebrare per un motivo che ci sembra ancora più chiaro in questo 2014, in cui ricorre il centenario dello scoppio della Grande Guerra.
Perché l'Autonomia rappresenta realmente, anche alla luce di quegli eventi, una festa della ragione, in contrasto ai deliri nazionalistici, ma anche alle chiusure etniche, che hanno insanguinato più volte l'Europa, nel corso del cosiddetto «Secolo breve».
 
L'Autonomia, oggi, ci appare innanzitutto come una vittoria della ragione, del buon senso, della capacità di mediazione, di confronto, di dialogo: doti e qualità che si sono incarnate nella figura di Alcide Degasperi, così come di altri protagonisti di quella indimenticabile stagione, da Adenauer a Spinelli, fino al ministro degli esteri austriaco Karl Gruber, con cui Degasperi firmò l'Accordo che pose le basi per la pacificazione di questa travagliata terra di confine.
Una pacificazione che non rappresenta in alcun modo un «gioco al ribasso»: prova ne è che su quelle basi - dopo aver assicurato adeguata tutela e giusta valorizzazione ai popoli, alle lingue, alle minoranze che abitano Il Trentino-Alto Adige/Südtirol - abbiamo anche iniziato a costruire, negli ultimi 20 anni, una nuova casa comune transnazionale, quella dell'Euregio.
Vorremmo dunque che questa di oggi sia veramente una giornata popolare e gioiosa. Una giornata dedicata all'Autonomia, ma anche una giornata che, in questo Semestre europeo a guida italiana, celebra l'Europa, da una terra di montagna che, più di altre, porta incise nella sua storia le cicatrici prodotte dai conflitti che hanno lacerato il Vecchio continente.
 
Questa giornata rappresenta dunque al contempo l'occasione per riandare alle origini dell'Autonomia speciale del Trentino-Alto Adige e per fare il punto sullo stato della sua evoluzione, nel contesto delle grandi riforme istituzionali e costituzionali che lo Stato italiano sta promuovendo per modernizzare il Paese e nel più vasto scenario di un'Europa che si sforza di uscire da una crisi economica senza precedenti: un'Europa che però è chiamata a sciogliere anche altri nodi, che attengono alla sua natura politica, alla sua dimensione istituzionale, alla sua stessa identità.
Ed evocando l’identità, parliamo innanzitutto di un'Autonomia che costituisce il punto di arrivo di una lunga traiettoria storica, scandita dalla fondazione, circa mille anni fa, di una realtà istituzionale articolata nei due Principati, che riflettono sostanzialmente le due comunità del Trentino e dell’Alto Adige/Südtirol nel contesto dell'Impero.
L’esercizio di un elevato autogoverno, assai vicino alla sovranità, si è dispiegato in questi territori per secoli, con l’avvertenza che la peculiare collocazione geografica del territorio in cui oggi ci troviamo – a cavallo tra il mondo germanico e quello latino e profondamente immerso nella cultura mitteleuropea – ha consentito lo sviluppo di condizioni che hanno marcato in via permanente e fisiologica le comunità del Trentino e dell’Alto Adige/Südtirol.
 
Alla luce di questo percorso - che va dalla Conferenza di Pace del 1946 al primo Statuto di Autonomia del 1948 e, passando per la crisi istituzionale regionale scaturita negli anni ’50, al secondo Statuto del 1971 ed infine alla chiusura della vertenza con l'Austria del 1992 - il Trentino-Alto Adige/Südtirol si presenta oggi come un laboratorio permanente (non uno dei tanti che hanno segnato la storia dell’Europa) ma un laboratorio dotato di uno status particolare, anzi per certi versi unico.
Esso ha fatto incontrare popoli e lingue, culture e stili di vita: un laboratorio quindi decisamente importante, anche alla luce di quanto avviene oggi ai confini del nostro Continente - e il pensiero va ora all'Ucraina, mentre negli anni '90 sarebbe andato ai Balcani - per la sperimentazione e la verifica di fattibilità delle migliori pratiche di convivenza e di autogoverno.
Noi rivendichiamo questa dimensione con orgoglio, pur nella consapevolezza della singolarità di ogni percorso e di ogni vicenda storica.
Siamo fieri di questo nostro patrimonio che può offrire un valido esempio di convivenza civile, di cultura dei diritti e dei doveri, di cooperazione e di solidarietà, di legalità e di buon governo.
 
Venendo alle dinamiche più recenti, sappiamo che l’Europa, a partire da Maastricht, ha inteso informare con il principio di sussidiarietà la regolazione dei rapporti tra l’Unione e gli Stati membri.
Anche il Comitato delle Regioni ha adottato la Carta della governance multilivello in Europa, consistente nell’azione coordinata dell’Unione, degli Stati, delle Regioni e degli Enti locali, e fondata sui principi di sussidiarietà, proporzionalità e partenariato.
Ma per realizzare appieno il principio di sussidiarietà dobbiamo garantire una reale partecipazione dei cittadini al ciclo politico, oltre a una stretta cooperazione fra tutti gli enti e livelli di governo, adottando una mentalità nuova, aperta, che vada oltre le frontiere, le procedure, il legalismo e gli ostacoli amministrativi che paralizzano i nostri cittadini, le imprese e lo sviluppo.
 
Il Trentino e l’Alto Adige/Südtirol – in un assetto tripolare - intendono proporsi come un esempio importante di innovazione dell’architettura istituzionale autonomistica. Pensiamo di avere i titoli e i requisiti per sperimentare un nuovo modello di governance per le nostre comunità e territori, promuovendo una robusta modernizzazione dell’apparato normativo statutario nella direzione di un’Autonomia matura in seno alla Repubblica italiana e in uno spirito di sussidiarietà responsabile e di solidarietà nel rapporto con lo Stato e con le altre comunità regionali.
Anche nella bufera finanziaria che ha investito il Paese negli ultimi anni, le Province autonome di Trento e di Bolzano e la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol hanno cercato il dialogo con lo Stato, prospettando di farsi carico, secondo equità e responsabile solidarietà, degli oneri finanziari da ripartire tra le istituzioni del Paese per il risanamento della finanza pubblica.
Questa interlocuzione è ancora aperta e auspichiamo, anche in questa occasione, che davvero il Governo italiano voglia riconoscere i nostri sforzi. Alcuni segnali, recentemente, ci sono stati: rimaniamo pertanto fiduciosi che un accordo complessivo lo si possa trovare, memori dell'esempio di Degasperi e Gruber, che in condizioni decisamente più difficili seppero stringersi la mano e imboccare una via nuova.
Siamo peraltro profondamente convinti che il processo di della riforma costituzionale debba dipanarsi in maniera lungimirante, scevro al tempo stesso da tentazioni centralistiche e da suggestioni localistiche. I lineamenti del nuovo Senato della Repubblica rivelano il tentativo di contemperare esigenze e prerogative dello Stato, delle Regioni e delle stesse Autonomie.
 
La riforma del Titolo V della Parte Seconda della Costituzione deve aprire immediatamente la strada alla revisione dello Statuto speciale nella prospettiva sopra indicata, in modo da affrontare con certezza e serenità le future manovre finanziarie e superare il pesante fardello del contenzioso costituzionale.
Al tempo stesso, dobbiamo sforzarci di dialogare più diffusamente con chi ci descrive senza conoscerci, con chi diffida di noi e della nostra Autonomia o la confonde con un privilegio.
Dobbiamo rivolgerci all'opinione pubblica nazionale ed europea, alle altre regioni italiane, al mondo accademico, agli intellettuali così come ai comuni cittadini.
Dobbiamo riuscire a trasmettere l'idea che l'Autonomia non è il frutto di un «mercanteggiamento», né un codice normativo, ma un sogno collettivo, che abbiamo ereditato e che vogliamo passare alle generazioni che ci seguiranno: un sogno, soprattutto, che anche altri possono frequentare.
 
Oggi siamo tutti più esposti ai rischi della frammentazione, del populismo, della ricerca di un «capro espiatorio».
Dobbiamo respingere le suggestioni dettate dalla paura, e ribadire che Autonomia significa unità, partecipazione, condivisione, solidarietà.
Dobbiamo anche andare orgogliosi dei traguardi che abbiamo tagliato, in campi che vanno dall'Università ai sistemi di protezione sociale in favore di chi ha perso il lavoro.
Siamo il primo territorio in Europa ad avere sperimentato misure come il reddito di garanzia: ciò non è avvenuto per caso, ma perché lo ha reso possibile la nostra attitudine all'autogoverno, al fare da sé.
Ma non basta: dobbiamo utilizzare con ancora maggiore incisività tutte le leve a nostra disposizione per rilanciare la nostra economia, anche perché, come è noto a tanti di voi, l'Autonomia si regge sulle risorse prodotte localmente.
Un'economia in crisi significa un'Autonomia in crisi. Dobbiamo premiare il merito, sostenere chi rischia in prima persona, valorizzare competenze e professionalità, aprire di più all'internazionalizzazione, e allo stesso tempo proseguire sul cammino dell'innovazione, delle nuove tecnologie e dell'incentivazione delle capacità di intrapresa dei giovani.
 
Dobbiamo, in definitiva, conquistare terreno giorno dopo giorno.
Ma è l'unica strada percorribile, l'unico futuro possibile, per un'Autonomia che oggi come ieri si pone al crocevia fra ambizione e ragione, in un contesto europeo e mondiale che deve essere capace di reinventare le forme stesse della partecipazione democratica, della condivisione dei poteri e delle responsabilità, della gestione delle risorse.
Pena un inaridimento collettivo i cui effetti, specie in una fase di recessione prolungata, potrebbero essere davvero pesanti.

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