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Premio «Alcide De Gasperi-Costruttori dell’Europa»

Il testo dell'intervento di Simone Veil

Nel ricevere il premio Alcide De Gasperi / Costruttori d'Europa, vorrei innanzitutto rendervi partecipi della mia emozione.
Come non rimanere, in effetti, profondamente toccata dal fatto che i due precedenti vincitori del premio - da quando questo è stato creato nel 2004 - sono stati niente meno che il Cancelliere Helmut Kohl e il Presidente Carlo Azelio Ciampi?
Helmut Kohl, il fautore principale della moneta unica che si è imposta come moneta internazionale con il nome di euro, e Carlo Azelio Ciampi, Governatore della Banca d'Italia e poi Presidente della Repubblica italiana, hanno entrambi lasciato una traccia indelebile nella costruzione europea, che è il nostro patrimonio più prezioso in quanto non solo garanzia di pace fra i nostri paesi, ma anche testimonianza della volontà di tutti i partner di adoperarsi insieme per la democrazia.
L'emozione che provo la devo anche al fatto di essere la prima donna a ricevere questo premio così prestigioso. Detto en passant, spero che altre donne possano meritare nei prossimi anni questo stesso premio. Comunque, non so se la scelta all'unanimità del mio nome la devo al fatto di appartenere al sesso debole; ad ogni modo, ne sono profondamente commossa e questo mi fa sentire ancora più responsabile come cittadina dell'Europa.

Oggi nel cuore di questa provincia del Trentino dove egli è nato e morto giusto 54 anni fa, il mio pensiero va ad Alcide De Gasperi. Gli dobbiamo molto. Egli apparteneva a quel novero di padri fondatori dell'Europa ai quali siamo debitori per aver cambiato il corso della storia, ormai già sessant'anni fa.
Occorre ricordare alcuni nomi, troppo spesso dimenticati dai giovani di oggi.
L'ispiratore - per così dire - fu Jean Monnet che seppe rac-cogliere alcuni leader politici attorno a un progetto grandioso, in quanto si trattava semplice-mente di esorcizzare i conflitti che da secoli attanagliavano l'Europa.
Alcide De Gasperi - assieme a Robert Schuman, Konrad Ade-nauer, Paul Henri Spaak, Josef Bech ed altri eminenti rappre-sentanti di questo sparuto gruppo di pionieri - fu fra quanti, istituendo la CECA (Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio), si ribellarono alla fatalità dei conflitti. Tutti, tranne paradossalmente Jean Monnet, erano originari di regioni frontaliere storicamente contese fra le potenze. Robert Schuman, nato nel Lussemburgo, aveva indossato la divisa tedesca tra il 1914 e il 1918, prima di essere eletto alla Camera dei deputati francese. Josef Bech, lussemburghese e Paul-Henri Spaak, belga, avevano vissuto queste stesse lacerazioni nel cuore dell'Europa. Konrad Adenauer apparteneva a quella Renania che fu sempre pomo della discordia, come l'Alsazia-Lorena, fra la Germania e la Francia.
Quanto ad Alcide De Gasperi nato qui nel 1881, quindi ancora sotto il dominio asburgico, eletto nel 1911 al Parlamento di Vienna, anche lui come gli altri uomo di frontiera, egli aveva lottato affinché fosse restituita all'Italia quest'altra Alsazia-Lorena che era il Trentino.
Tutti questi uomini avevano combattuto durante la prima guerra mondiale, indossando talvolta una divisa che non avevano necessariamente scelto. Li ritroviamo poi fra le due guerre, da autentici democratici, impegnati nell'opposizione al fascismo e al nazionalsocialismo, spesso al prezzo della loro stessa libertà.
Possiamo quindi capire come voltando definitivamente pagina rispetto ai conflitti suicidi delle due guerre, abbiano deciso dopo il 1945 di invertire il corso della storia. E la cosa più straordinaria, è che ci sono riusciti!

Per quel che mi riguarda, nata fra le due guerre, non ho conosciuto questi padri fondatori dell'Europa (o dovrei dire questi «eroi»), così come non ho nemmeno incrociato Alcide De Gasperi. Vorrei far notare - tra l'altro - che fino a quel momento le donne non avevano avuto per nulla voce in capitolo.
Di tutta la mia famiglia deportata in Germania nel 1944 sono rientrate solo le mie due sorelle e io. Non avevo nemmeno 18 anni. Come molti altri ex deportati non pensavo alla vendetta, ma alla necessità di adoperarmi perché simili orrori non si riproducessero più.
Soltanto la riconciliazione tra gli europei, e in particolare tra la Francia e la Germania, avrebbe potuto evitare il ritorno alle circostanze che per ben due volte avevano trascinato il mondo intero in guerra.
È questo il motivo per cui, al pari di molti altri ex deportati, che fossero ebrei o combattenti della Resistenza, ho lottato fin dal mio ritorno per la riconciliazione e la costruzione dell'Europa.
All'epoca il progetto di un'organizzazione federale o confederale era appena abbozzato. Ma ciò che mi sembrava prioritario è che le generazioni future non conoscessero ciò che noi avevamo vissuto.
Ecco perché nel 1979, mentre ero Ministro della Sanità da ormai cinque anni, quando il Presidente Valéry Giscard d'Estaing che era uno dei promotori dell'elezione del Parlamento Europeo a suffragio universale, mi ha chiesto di condurre una lista di candidati all'Emiciclo, io accettai subito.

Ho finito così col presiedere quest'Assemblea per due anni e mezzo e col rimanerci poi come deputata fino al 1993, anno in cui sono ritornata al Governo.
A trent'anni di distanza, conservo della mia esperienza al Parlamento europeo impressioni contrastate. La presenza di una donna alla presidenza non piaceva a tutti. Alcuni colleghi ritenevano che questo incarico spettasse loro di diritto, soprattutto coloro che sedevano in quell'emiciclo da molto tempo prima. Ho avuto peraltro difficoltà nel convincere il Bureau del Parlamento ad istituire una Commissione dei Diritti della donna, che a me peraltro pareva indispensabile. E' vero, al Parlamento europeo la proporzione delle donne era relativamente significativa e devo dire, per quello che mi riguarda, che il fatto di essere donna paradossalmente mi ha aiutata. Il Parlamento europeo era sconosciuto in molti paesi, e questo fu per me un'occasione per farlo conoscere. Nelle mie numerose trasferte che mi hanno portata in quasi tutti i continenti, ho avuto la sensazione di rappresentare concretamene l'Europa, come una sorta di simbolo, in un'epoca in cui questa Europa era ancora in fieri e perlopiù sconosciuta.

Nel corso di quegli anni, ricordo di aver frequentato molto spesso l'Italia, nei confronti della quale scopro sempre grandi affinità. Più in generale, i contatti personali con i colleghi stranieri sono stati fonte di grande arricchimento; ho sempre ritenuto molto interessante poter creare forti legami con molti parlamentari italiani. A questo proposito, vorrei dire quanto la recente scomparsa accidentale di Andrea Pininfarina mi abbia sconvolta; vorrei che suo padre Sergio presente al Parlamento europeo nella mia stessa epoca, potesse ricevere qui l'espressione del mio pensiero di solidarietà.
Quando ripercorro questo passato, sono consapevole di aver seguito un percorso atipico e a dir poco privilegiato. Nei nostri paesi, benché democratici, molte donne sono ancora oggetto di discriminazioni: per questo continuo a lottare affinché queste discriminazioni scompaiano. C'è ancora molto da fare in questo campo, perché le donne rimangono svantaggiate sia in termini di assunzione nelle aziende sia di retribuzioni e promozioni, in particolare per quello che riguarda l'accesso alle cariche più elevate. Tuttavia, la necessaria parità fra i sessi non deve occultare la specificità delle donne. Lo sguardo delle donne è diverso e per lo meno complementare. Le donne hanno quindi del valore aggiunto.

Più in generale, a proposito dei diritti della persona umana, va notato come la situazione attuale sia diversa da quella precedente alla caduta del muro di Berlino e alla liberazione dell'Europa dell'est. L'ampliamento ha quindi dato a quest'Europa dell'Est un grande anelito di libertà, rispetto all'isolamento in cui versava per effetto degli accordi di Yalta.

Sono per temperamento una contestatrice, lo ero già quando ero piccola.
Nel mondo d'oggi, a fronte di continue nuove sfide, è necessario essere costantemente vigili. Complessivamente, rispetto al passato, per molti dei nostri contemporanei la vita è sicuramente meno difficile che nei secoli scorsi, ma il fatto di assistere in diretta all'attualità del mondo intero, a tutte le catastrofi naturali, a tutti i conflitti, modifica la nostra percezione dell'evoluzione della società.
Oggi si vive molto più a lungo di un secolo fa, e ancora più a lungo che in un passato più remoto.
La società è alle prese con sempre nuove sfide: le coppie che si separano, i figli che ne rimangono scossi e che devono adattarvisi.
I problemi etici di ogni sorta non sono facili da affrontare, che si tratti della fecondazione artificiale o dell'accanimento terapeutico.
Quando ero bambina l'idea stessa di andare sulla luna era esemplificativa di ciò che non sarebbe mai potuto accadere. E poi ecco che una notte, ben 40 anni fa ormai, abbiamo visto degli uomini andare a spasso sulla luna!
Come dire che non bisogna mai dare nulla per impossibile!

Oggi l'Unione europea conta 27 paesi e non potevamo rifiutare o rinviare l'adesione dei paesi dell'Europa orientale, ormai democratici e vittime del terribile purgatorio del post-Yalta. La nostra Europa non può isolarsi dal resto del mondo, al quale deve poter prestare assistenza.

Per quel che mi riguarda, rimpiango l'epoca in cui gli accordi di Lomé ci portavano a fornire un aiuto ai paesi africani. Comunque sia, per superare le sfide attuali, gli europei devono essere ancora più uniti. In tale prospettiva tocca alle nostre istituzioni - e penso in particolare all'attuale Presidenza francese - prendere iniziative a favore di quanti sono ancora emarginati, in mancanza di una sufficiente integrazione nella società. Quando parlo di "integrazione" mi riferisco sia a quanti sono esclusi per difficoltà materiali, sia a quanti sono isolati nella loro solitudine. Alla luce dell'attualità che oggi tutti conosciamo, la Presidenza francese deve dare prova del talento necessario per superare l'incidente di percorso rappresentato dalla risposta negativa degli irlandesi al referendum sull'Europa.
So benissimo che gli irlandesi sono ancora traumatizzati da un passato doloroso, ma non dovrebbero per questo dimenticare i vantaggi che l'Europa ha garantito loro. L'Irlanda ha tratto vantaggio dall'appartenenza all'Unione più di qualsiasi altro paese europeo, sia sul piano economico che politico. Spero quindi che questo contrattempo non rappresenti un ostacolo alla ratifica del Trattato di Lisbona che tutti gli altri paesi europei vorrebbero entrasse in vigore quanto prima. Il Trattato di Lisbona costituisce in effetti un notevole progresso non solo per tutti gli europei, ma anche per quanti sanno che l'Europa, forte della sua storia, deve ancora farsi carico, nei confronti del resto del mondo, di un ruolo di pace e di prosperità.

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