Se ne sta andando la generazione che ha ricostruito l’Italia
È merito loro se l’Italia è quel grande Paese che è oggi, ma non riusciamo fare nulla per salvarli, neanche stargli vicino negli ultimi giorni di vita con riconoscenza
È da tempo che faccio la stessa osservazione del presidente Fugatti sulla crisi Coronavirus: «Se ne sta andando la generazione dei nostri nonni, quella che ha ricostruito l’Italia del dopoguerra.»
Non so dove si abbia sbagliato (ammesso che uno sbaglio ci sia stato), ma la morte invisibile si è insinuata subdolamente nelle RSA, dove i nostri vecchi stavano passando in tutta serenità i loro ultimi anni di vita.
Non è ancora la mia generazione, che è quella del ’68, ma quella che ha fatto rialzare la testa agli italiani.
Un bellissimo libro di Cazzullo si intitola «Giuro che non avrò più fame. L’Italia della Ricostruzione» e descrive in maniera emozionante la vita dei ragazzi che nell’immediato dopoguerra hanno saputo rompersi la schiena per darci l’Italia che conosciamo oggi.
Il titolo prendeva spunto dal film «Via col vento», uscito in Italia nel 1951, quando Rossella O’Hara si inginocchiava a giurava davanti a Dio «Giuro che non avrò più fame!»
Quella battuta era diventata la portante dell’intera generazione. E la promessa è stata mantenuta.
L’Italia aveva 16 milioni di mine inesplose nei campi, oggi abbiamo più di un telefonino a testa. Allora c’era un’automobile ogni 50 persone, oggi una su due.
Eppure erano felici. Lavoravano dieci ore al giorno per portare a casa la pagnotta e per consentire all’Italia di tornare a vivere. E poi, sfiniti dopo una giornata in fabbrica o in risaia, andavano a ballare.
Noi del ’68 avevamo tagliato con il passato, compresi quei giovani che ci avevano preceduto, perché andava chiuso con mezzo secolo di guerre, mezzo secolo di sudditanza di idee, mezzo secolo di mortificazioni.
Ma avevamo dimenticato che il ’68 lo avevamo fatto grazie al risanamento fatto dai ragazzi del dopoguerra.
Oggi però ce ne accorgiamo, vedendoli cadere uno alla volta, senza che nessuno di noi possa fare qualcosa per impedirlo.
Ci accorgiamo quanto la nostra giovinezza sia stata più felice della loro, proprio grazie a loro.
E adesso se ne stanno andando in silenzio, da soli, senza neanche l'affetto dei loro figli e dei loro nipoti che tanto hanno amato.
Speriamo che il loro sacrificio estremo contribuisca a spingere le nuove generazioni a ricosrtruire l'Italia così come avevano fatto loro.
Guido de Mozzi.