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UE, Coldiretti: direttiva «ammazza stalle occasione persa»

Prandini: «Non ci fermeremo, dobbiamo difendere le aziende penalizzate»

«Con il voto sulla direttiva emissioni industriali l’Unione Europea ha perso l’ennesima occasione di invertire la rotta, abbandonando le follie di un estremismo green che rischia di far chiudere migliaia di allevamenti, stretti tra una burocrazia sempre più asfissiante e la concorrenza sleale dall’estero».
A denunciarlo è il presidente della Coldiretti Ettore Prandini dopo la decisione degli europarlamentari riuniti a Strasburgo di votare l’accordo di trilogo senza emendamenti, quindi confermando l’inutile inasprimento dei criteri per ottenere l’autorizzazione di impatto ambientale per le aziende avicole e suinicole.
 
Resta, invece, l’esclusione delle stalle bovine dalla direttiva, come richiesto dalla Coldiretti. Una delegazione della Coldiretti era giunta nella cittadina francese in occasione del voto con gli agricoltori europei del Copa Cogeca.
«Non ci fermeremo – aggiunge Prandini - e chiederemo di intervenire al nuovo Parlamento per correggere quelle scelte che penalizzano gli agricoltori italiani ed europei».
 
Ad essere colpiti saranno numerosi allevamenti di suini e di pollame di medie e piccole dimensioni, con il risultato che sopravviveranno saranno soprattutto le aziende di grandi o grandissime dimensioni, continuando quel processo di polarizzazione delle imprese agricole (molto grandi o molto piccole), contrario agli obiettivi della Commissione europea e non positivo per la tenuta del tessuto rurale italiano e, più in generale, europeo. Penalizzate tra l’altro le aziende suinicole coinvolte nelle produzioni a Denominazione di origine protetta (Dop) assoggettate ai nuovi oneri, mettendo a rischio un comparto chiave dell’economia agroalimentare, turistica e dell’export italiani.
 
Si tratta del risultato – accusa Coldiretti - di una valutazione d’impatto basata su dati imprecisi e vecchi, e di un approccio ideologico che va stigmatizzato, anche perché potrebbe avere impatti negativi sull’ambiente, riducendo le aree a pascolo (perdita di biodiversità e paesaggi, minaccia alla vitalità delle aree rurali, ecc.).
Ciò significa non riconoscere gli sforzi che gli allevatori stanno compiendo per aumentare la sostenibilità delle loro aziende che, su scala globale, sono già quelle che registrano le migliori performance in termini di impatto ambientale e mitigazione dei cambiamenti climatici.
 
«In pericolo -sottolinea il presidente di Coldiretti Trentino Alto Adige Gianluca Barbacovi - c’è anche la sovranità alimentare, con il conseguente aumento della dipendenza dalle importazioni di prodotti animali da Paesi terzi, che hanno standard ambientali, di sicurezza alimentare e di benessere animale molto più bassi di quelli imposti agli allevatori dell’Unione. O, ancora peggio di spingere verso lo sviluppo di cibi sintetici in provetta, dalla carne al latte cibi sintetici. L’allevamento italiano è un importante comparto economico che rappresenta il 35 per cento dell’intera agricoltura nazionale, per una filiera che vale circa 55 miliardi di euro, con un impatto rilevante dal punto di vista occupazionale dove sono circa 800mila le persone al lavoro sull’intera filiera».

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