L’EURAC studia le mummie del Museo nazionale di Beirut

Il centro di ricerca altoatesino incaricato dal ministero italiano degli Affari esteri

Marco Samadelli al lavoro nel suo laboratorio.
 
Con una collezione di reperti che va dalla preistoria al 19° secolo, il Museo nazionale di Beirut è uno dei simboli principali della storia del Medio Oriente.
Nelle sue attività di cooperazione internazionale il governo italiano sta lavorando alla realizzazione di una nuova ala del museo che ospiterà reperti mai esposti prima.
Tra questi un gruppo di mummie vissute oltre 800 anni fa.
Per studiare il loro stato di conservazione e le modalità migliori per collocarle nei nuovi spazi, l’ufficio di Cooperazione internazionale del ministero degli Affari esteri ha chiesto aiuto ai ricercatori dell’Istituto per le Mummie e l’Iceman dell’EURAC.
Nelle scorse settimane a Beirut Marco Samadelli, ricercatore dell’Istituto per le Mummie e l’Iceman dell’EURAC, ha analizzato le nove mummie, verificato la possibilità di pulirle, restaurarle e rivestirle con i loro abiti tradizionali senza danneggiarle.
Ha prelevato dei campioni microbiologici per poi trasferirli a Bolzano.
Nel laboratorio per il DNA antico dell’Istituto i suoi colleghi hanno svolto le analisi alla ricerca dei funghi responsabili del deterioramento.
«I parametri ambientali in cui sono state conservate le mummie sono accettabili. Dalle prime prove di pulizia e restauro ho appurato che nonostante un certo grado di deterioramento sarà ancora possibile esporle» spiega Samadelli.
 
Le mummie sono state ritrovate in una caverna nei pressi di Beirut negli anni ottanta.
Da allora sono state stipate nei sotterranei del museo, avvolte in teli di cotone e nessuno le ha più toccate per oltre 30 anni.
I responsabili del museo e del ministero italiano hanno contattato l’Istituto di Bolzano per avere un quadro preciso del loro stato di conservazione e indicazioni su come esporre i resti nella nuova area del museo che aprirà a fine anno.
Da una prima osservazione sembra che le nove mummie siano tutte femmine, di cui due adulte e 7 bambine.
La certezza su informazioni come queste, sulla datazione e sulle cause di morte potrà arrivare solo da studi più approfonditi.
Il museo è interessato anche uno studio antropologico delle mummie che potrebbe fare luce sulla storia del popolo a cui appartenevano.
«Dal luogo di ritrovamento e dal fatto che sembrano un gruppo di donne si potrebbe pensare per esempio che si trovassero al riparo da un pericolo e questo potrebbe svelare informazioni sugli avvenimenti di quel periodo», spiega Albert Zink, direttore dell’Istituto per le Mummie e l’Iceman dell’EURAC.
Il ministero ora dovrà valutare se continuare a sostenere il museo finanziando questi studi.
«Noi contiamo molto su questa collaborazione che aprirebbe ulteriormente i confini della nostre ricerca sulle mummie e potrebbe dare un contributo importante alla valorizzazione della storia nazionale in Libano» conclude Zink.
Ora che i ricercatori hanno verificato la fattibilità degli interventi, la prossima missione dell’EURAC a Beirut, prevista a maggio, sarà dedicata al restauro e alla vestizione delle tre mummie che saranno esposte al pubblico alla fine di dicembre.
 
Il museo di Beirut.