Dove sta andando la ricerca in Trentino?
Il punto fatto in una tavola rotonda organizzata da HIT, l’ente che raccorda gli istituti di ricerca trentina

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I Trentini sanno che la Provincia autonoma di Trento investe qualcosa come 200 milioni di euro all’anno nella Ricerca.
Molti non sanno ancora in che cosa consista in termini reali quello che avviene nei vari istituti di ricerca, ma dalla diffidenza di qualche anno fa si è passati alla consapevolezza che si tratta per il territorio di una marcia in più.
Uno dei ruoli di HIT, «Huv Innovazione Trentino», è proprio quello di far sapere alla gente non solo quello che accade a San Michele, a Povo, a Mattarello e a Rovereto, ma cominciamo da qui.
HIT è formato dai vari istituti di ricerca, che siedono nel consiglio di amministrazione. E ieri si è svolta una tavola rotonda di livello nazionale alla sede di HIT, a Povo, in modo che i vari istituti potessero esplicitare i propri risultati.
Promossa dalla presidente Anna Gervasoni e moderata, alla presenza dell'assessora Sara Ferrari, dal giornalista del Sole 24 Ore Morya Longo, la tavola rotonda è servita per dare dignità ai numeri e ai risultati di FEM, FBK, Università, Trentino Sviluppo, Fondazione Caritro.
Il moderatore, dopo aver spiegato il ruolo della ricerca nell’economia mondiale, ha dato la parola a Luca Moretti, direttore del CNR a Bruxelles affinché facesse il quadro della situazione.
La ricerca in Italia rappresenta l’1,5% del PIL, ha spiegato, a fronte della media europea del 2% e dei paesi nordici che investono fino al 3%.
E così, l’Italia è al 27° posto in una Unione Europea di 28 membri…
La Provincia autonoma di Trento brilla certamente in questo, anche se non siamo in grado di fornire dati compatibili in termini percentuali (rapporto tra ricercatori e abitanti) da comparare con il resto del paese e della UE.
Di certo però sono lusinghieri i risultati in termini reali, che ad esempio vanno dall’attrattività esercitata alle imprese orientate all’innovazione e alle startup che la Provincia ha fortemente incentivato.
Il rettore dell’Università di Trento, Paolo Collini, ha ricordato come l’Ateneo trentino abbia nutrito una reputazione eccellente a livello mondiale. E noi lo possiamo attestare, perché pubblichiamo con una buona periodicità i riconoscimenti internazionali rivolti indirizzati ai risultati in molti campi della ricerca.
Le università in genere sono le prime deputate al ruolo di ricerca nel nostro paese. Questo non vuol dire naturalmente che l’Università sia il cuore della ricerca trentina, ma indubbiamente ha titoli per vantare un ottimo primariato.
Basti pensare ai successi nutriti in campo spaziale e nella ricerca medica (pur non avendo un dipartimento di medicina)
Il segretario generale della Fondazione Bruno Kessler, Andrea Simoni, ha spiegato come la fuga di cervelli sia legata per molti aspetti anche a fattori dipendenti dalla nostra volontà.
Non è solo una questione di soldi (anche), ma di ambiente di lavoro e di qualità della vita.
Lo scorso anno quasi 200mila studenti hanno lasciato il Paese per proseguire la ricerca altrove e difficilmente tornano. Per contro sono pochi quelli che vengono attratti dall’Italia e anzi dobbiamo dire che «per fortuna quei 200mila hanno trovato il loro spazio operativo almeno all’estero».
Il Trentino ha qualche risultato in più, ma c’è ancora molto da fare.
Se nella seconda metà dell’Ottocento le scoperte scientifiche avvenivano in Europa mentre le innovazioni venivano applicate sostanzialmente in America, non si può dire che oggi i termini si siano invertiti.
Certo è questo l’obbiettivo.
Fulvio Rigotti ha precisato come Trentino Sviluppo, di cui è vice presidente, rappresenti il braccio operativo della Provincia per la diffusione della ricerca in Trentino, e Filippo Manfredi, direttore generale della Fondazione Caritro, ha ricordato che il suo istituto investe più del 50 percento delle proprie risorse per incentivare la ricerca nei giovani.
Anche in questo caso possiamo attestare la veridicità delle dichiarazioni perché pubblichiamo regolarmente bandi di concorso e risultati ottenuti.
Trentino Sviluppo e Caritro rappresentano dunque il raccordo tra la ricerca e l’innovazione, il cui catalizzatore resta comunque la Provincia autonoma di Trento.
Alfredo Malione, che dirige il settore innovazione della Confindustria trentina, ha ricordato le 150 startup nate in provincia e l’elenco delle società che hanno accolto le lusinghe di Trentino Sviluppo.
Credere nella ricerca significa credere nel futuro, perché non dà risultati immediati ma nel tempo. Un discorso dunque più degasperiano che di attualità.
Per questo va ricordato l’intuito di Dellai che ha dato l’incipit alla ricerca a tutti i livelli, così come la nascita di HIT voluta da Rossi rappresenta la fase operativa del momento storico che stiamo attraversando.
Infatti, se – come abbiamo detto – uno dei compiti di HIT è quello di far sapere alla gente trentina come vengono investiti i soldi che dedicano alla ricerca, quello più importante è il coordinamento degli istituti di ricerca.
Se la ricerca spetta esclusivamente agli scienziati e agli studiosi che la perseguono, la veicolazione generale delle ricerche nel suo complesso spetta - tolta l’autonomia funzionale - alla politica.
Ogni istituto deve dunque vivere di creatività propria (e sostenibilità propria), ma il complesso impianto istituzionale della ricerca deve andare in una direzione pianificata dalla Provincia autonoma di Trento.
HIT ha dimostrato di saper funzionare e di saper trovare risorse extra provinciali.
Di seguito pubblichiamo la dichiarazione della presidente Anna Gervasoni, ma nei prossimi tempi il nostro giornale intervisterà i vertici degli istituti di ricerca operanti in Trentino.
Buongiorno a tutti. Innanzitutto grazie per essere venuti oggi e benvenuti nella sede di HIT che inauguriamo con questo nostro incontro. Se il network funziona e se crediamo nell’opportunità di un lavoro comune, sono certa che miglioreremo questi numeri e potremo vincere la sfida della leadership nel nuovo disegno governativo e europeo che selezionerà i migliori nuclei di eccellenza tecnologica italiani, a cui sarà affidata la sfida della nuova competitività del sistema. Anna Gervasoni |