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La drammatica telefonata dell’egiziano Abdu al suo papà Ramsiss

«Sai Abdu che nel pomeriggio ho visto sul ponte dei giovani che cadevano uno dopo l’altro perché qualcuno gli sparava alla testa?»

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Riportiamo qui di seguito la drammatica telefonata fatta da Abdu, egiziano studente all’università di Trento, con suo padre Ramsiss che vive al Cairo.
 

L’italiano può sembrare inusuale, ma la traduzione dall’arabo non è sempre così semplice. 
 

 
Telefono a casa il 16 agosto alle ore 13.00, ora italiana. Abitiamo al Cairo, lì sono le 14. Risponde la mia mamma.
«Papà è andato da solo in piazza – mi dice – e sono tanto preoccupata.»
È rimasta in pensiero fino alla sera.
Ma poi riesco a parlare con papà per chiedergli cosa ha visto e per sapere come mai è andato in piazza, dato che non è mai stato da parte dei Fratelli musulmani.
 
«Figlio mio, – risponde Ramsiss. – Ho visto qualche giorno fa un giovane della tua età. Era il mio alunno alle superiori. È morto solo perché esprimeva il suo parere in maniera pacifica. Allora ho pensato che se al suo posto fossi stato tu… Secondo te io non sarei sceso a dire NO al sangue?»
 
«Papà, gli rispondo. – Ma non dicevano che scendevano in piazza solo i Fratelli musulmani?»
 
«No, scendevano solo i Fratelli dell’Umanità, – risponde. – Abdu, io ero contro la politica di Morsi e avevo dimostrato il 30 Giugno per chiedere di concedere nuove elezioni e, magari, di andarsene.
«Ma se sapevo che l’esercito lo avrebbe mandato via in questo modo, che sarebbe stato imprigionato e - soprattutto – che avrebbero anche attaccato in questo modo la gente in piazza, facendo almeno 500, io non sarei sceso in piazza il 30 Giugno: avrei preferito Morsi e la sua politica piuttosto che l’esercito e la polizia con i suoi fucili contro il popolo.»
 
«Non ti preoccupare di me, – ha aggiunto poi il mio papà piangendo. – Preferisco morire in piazza che nel letto. Preferisco incontrare Dio e, se mi chiede perché sono andato in piazza quando era pericoloso, gli dico che l’ho fatto per solidarietà con le famiglie delle vittime, per pregare con loro per i loro defunti.
«E io vecchio di 55 anni, che ho visto morire un giovane di 18 anni, ormai non servirò tanto per l’Egitto come un giovane, magari alla facolta di engegneria o medicina che studia per migliorare e costruire l’Egitto.»
 
Io non sapevo cosa digli, sono stato un pò zitto poi gli ho fatto una domanda.
«Perché non guardi in Tv cosa succede, così non rischi la vita in piazza?»
«Ogni canale dice una cosa diversa – mi risponde – e ogni giornale inventa delle cavolate… E tanti adesso sono contro Al Jazeera, l’unico canale di cui mi fido un po’…»
 
«Dai, – gli chiedo ancora. – Raccontami cosa hai visto.»
«Eravamo in piazza Ramsiss dopo la preghiera del venerdì e abbiamo pregato anche per i morti del Mercoledì in Rabaa. – Fa una pausa. – Non eravamo organizzati per niente, ogni tanto si sentivano spari che arrivano da una parte e gente che diceva di scappate dall’altra.
«Sai – prosegue, – secondo me c’erano tanti poliziotti senza divisa e avevano il ruolo solo di far casino e paura alla gente. Così poi dicono che i manifestanti non sono pacifici… Secondo me avevano anche ruoli diversi. Ad esempio uno aveva il compito di dire “andiamo a distruggere quella macchina della polizia!”, un altro “andiamo a dare fuoco a questo ufficio dell esercito.”... Ovviamente alcuni gli vanno dietro e fanno quello che gli dicevano. Ma ti assicuro che o erano della polizia o erano pagati da loro per fare così.»
 
«Ho letto di elicotteri che sparavano, – lo interrompo. – Era vero?»
«A dire il vero non ho visto elecotteri sparare in maniera diretta contro la gente ma con i miei occhi ho visto elecotteri che faccevano scendere poliziotti sopra i tetti delle case. Ovviamente dopo dai tetti questi poliziotti sparavano. – Dopo una pausa, riprende a parlare. – Sai Abdu che nel pomeriggio ho visto sul ponte dei giovani ai quali sparavano da lontano alla testa, e cadevano uno dopo l’altro.
«E non si sapeva da dove sparavano né chi sparava. Certo che, quando vedevo uccidere in un posto, non mi avvicinavo tanto ma guardavo e osservavo da lontano.»
 
Abdu, studente Unitn

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