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Prosegue a Trento il convegno di studi sull’Azerbaigian

E' in corso nella Sala Rosa della Regione autonoma Trentino-Alto Adige

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La decisione russa di arrestare il progetto del gasdotto South Stream (ne abbiamo parlato in un precedente articolo – vedi) segnala molte cose: prima di tutto che le sanzioni europee e statunitensi applicate a Mosca per l’Anschluss della Crimea e la successiva guerra di aggressione all’Ucraina stanno iniziano a lasciare qualche segno.
Da una parte Gazprom non riesce più ad ottenere i crediti finanziari sui mercati internazionali, dall’altra l’intemerata reazione che diceva di quanto si sarebbe avrebbe potuto fare a meno della tecnologia occidentale e che questa sarebbe stata sostituita da tecnologia indigena o acquisita da paesi terzi si è dimostrata per quello che era.
Nel settore degli idrocarburi la ricerca tecnologica della Russia è andata a rilento mentre le infrastrutture stesse sentono il peso dei decenni.
South Stream potrebbe essere morto, ma al suo posto si farà comunque un altro gasdotto, riorientando le forniture di gas verso la Turchia e da qui facendo arrivare le condutture al confine greco-turco.
Si tratterà di una grande opera che, quando sarà a pieno regime trasporterà 63 miliardi di metri cubi di gas, di cui 14 andranno alla Turchia.
Per Ankara si avvicina il sogno di fare della Turchia un piccolo hub, un paese esportatori di risorse energetiche.
 
Ma la Turchia assorbirà 14 miliardi di metri cubi di gas. E gli altri 29 miliardi? Al momento lo scenario plausibile è che si guardi alla TAP, il gasdotto controllato dall’Azerbaigian che va verso Occidente, destinato ad avere il suo terminale in Puglia.
Ma quel gasdotto è sottodimensionato. Quindi si deve pensare in prospettiva ad un suo raddoppio?
Di sicuro il ruolo dell’Azerbaigian diventa ancora più rilevante. Ma, è pensabile che Mosca lasci a terzi il ruolo di trasportatori del loro gas?
Tutto quello che la Russia ha fatto negli anni scorsi è stato operare affinché non venisse intaccato il loro monopolio sulle vie di trasporto delle risorse energetiche degli stati successori dell’Unione Sovietica.
Forse, invece di rallegrarsi, a Baku dovrebbero preoccuparsi. La torta è troppo appetibile perché Mosca non sia tentata.
Dopo l’Ucraina, a tutti è chiaro – anche a Baku – come il Cremlino non rispetti più le regole del gioco che si erano consolidate dopo il 1991 e sia disposta a sfidare la comunità internazionale, confidando in una sostanziale impunità e soprattutto nell’assenza di interveto militare.
 
Di questi scenari si sta discutendo nel primo giorno del convegno di studi sull’Azerbaigian che è in corso nella Sala Rosa della Regione autonoma Trentino-Alto Adige.
E non potrebbe non essere altrimenti, perché l’Azerbaigian rappresenta un paese che svolge un ruolo essenziale per la sicurezza energetica dell’Unione Europea.
Ma in Sala Rosa non si è parlato solo di energia e scenari. Daniela Padularosa e Massimo Libardi hanno discusso a lungo su uno Zelig della scena culturale berlinese degli anni Venti: Essad Bed, alias Kurban Said, autore di molte opere di grande successo, tutte tradotte in italiano negli Trenta, ma soprattutto di Ali e Nino, questa grande narrazione, e al contempo racconto di un amore, nei pochi anni, in cui quasi un secolo fa l’Azerbaigian fu per un biennio indipendente, prima di essere invaso dalle armate dei bolscevichi e poi sovietizzato.
 
Mikhail Talalay si è invece su una pagina inedita della resistenza italiana: sul ruolo degli azerbaigiani nella Seconda guerra mondiale (di cui abbiamo traccia in molti libri, dove venivano chiamati tanto genericamente quanto ingenuamente mongoli).
Tra gli altri interventi va menzionato quello di Michele Brunelli, dell’Università di Bergamo, che ha affrontato le questione dell’economia, riconoscendo come l’Azerbaigian guarda al futuro non affidandosi solo alle risorse energetiche, bensì in modo intelligente diversificando.
I lavori del convegno sull’Azerbaigian proseguono sabato mattina, con inizio alle ore 9. Fra gli interventi in programma, quello di un giovane studioso, Matteo Angeli, che presenta l’archivio digitale sul conflitto nel Nagorno Karabakh, un grande progetto documentario a cui il Centro Studi sull’Azerbaigian sta lavorando.
Emanuele Giordana, giornalista e studioso, affronterà la spinosa questione del possibile di rischio di contagio della guerriglia jiadhista.
 
Una nutrita serie di altri interventi affronterà questioni delle relazioni internazionali, della sicurezza e dell’energia. Lorena Di Placido sui rapporto tra Caucaso e Asia Centrale; Alessandro Quarenghi sui complicati rapporti tra Israele, Iran, e Azerbaigian; Davide Zaffi sui rapporti con la Turchia.
Infine Andrea Nasti si soffermerà sulle relazioni tra Stati Uniti e Azerbaigian, mentre Fernando Orlandi presenterà la relazione «Dopo l’Ucraina: l’Azerbaigian e l’Occidente».
I lavori del convegno di tengono nella Sala Rosa della Regione Trentino-Alto Adige, a partire dalle ore 9.

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