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Spianata delle Moschee: in Israele è in corso l’Intifada dei Coltelli

In realtà, i recenti eventi sono imputabili a ragioni più profonde, quale la fase di stallo del processo di pace israelo-palestinese

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Nelle ultime settimane in tutto Israele si è assistito a una nuova ondata di attacchi perpetrati da cittadini palestinesi ai danni della popolazione israeliana.
La caratteristica peculiare di questa nuova ondata di violenza consiste nell’utilizzo di armi bianche, come lame o coltelli, facilmente reperibili e in grado di eludere le imponenti misure di sicurezza adottate dal Governo israeliano a protezione dei propri cittadini.
L’epicentro delle violenze continua ad essere la città di Gerusalemme, già teatro, negli ultimi mesi, di scontri tra la popolazione palestinese e le Forze di Sicurezza israeliane nei pressi dell’area della Spianata delle Moschee.
La questione relativa a una possibile modifica da parte israeliana delle modalità di accesso a questo luogo di culto ha costituito la scintilla per nuove manifestazioni violente che, in pochi giorni, hanno colpito Tel Aviv, Betlemme, Nablus, nonché alcuni territori occupati della Cisgiordania e alcune zone lungo la linea di confine con la Striscia di Gaza.
 
In realtà, al di là della questione della Spianata delle Moschee, i recenti eventi sono imputabili a ragioni più profonde, quale la fase di stallo del processo di pace israelo - palestinese.
Infatti, dopo il fallimento dell’ultimo tentativo di tracciare una road map da parte del Segretario di Stato americano John Kerry nel 2013, non si sono registrati significativi miglioramenti nel dialogo tra palestinesi ed israeliani.
Se da parte israeliana continua a pesare l’atteggiamento intransigente del Premier Netanyahu, dettato prettamente dall’influenza delle componenti ultra-ortodosse del Governo, da parte palestinese si registra la difficoltà di presentare un soggetto politico unico e coeso al tavolo delle trattative.
Inoltre, il fallimento del progetto di un governo unitario Hamas-Fatah ha determinato una fase di immobilismo politico anche sul piano interno, ulteriormente aggravato da un contesto socio-economico sempre più esasperato.
 
Da questo punto di vista, il perdurare dell’adozione di misure politiche e di sicurezza contingenti e dal carattere contenitivo da parte del governo israeliano e l’assenza di un efficace piano di lungo periodo per cercare di risolvere le cause dell’attivismo radicale palestinese, rischiano di non essere sufficienti a scongiurare nel futuro la manifestazione di nuove violenze.
Questi fattori portano all’esasperazione le condizioni sociali ed economiche della popolazione palestinese, stretta tra l’immobilismo politico dell’ANP e la mancanza di prospettive di stabilizzazione della situazione cisgiordana.
Su questo cocktail esplosivo soffiano poi i richiami ad una nuova Intifada da parte di Hamas e la risposta intransigente del dispositivo di sicurezza israeliano.
Certo è che l’attuale stato delle cose in Cisgiordania presenta tutti i fattori per determinare una nuova ondata di violenze.
Forse, finora, la mancanza di un vero e proprio detonatore della situazione è più dettata dall’alta instabilità dell’area, che vede i maggiori protagonisti regionali impegnati in altri contesti, che da una reale volontà delle parti in causa a cercare di sedare i tumulti.

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