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Obama: il primo viaggio di un presidente a Cuba dopo 80 anni

Sul significato di questo storico viaggio Michele Raviart ha intervistato Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionali

È atteso l’annuncio ufficiale del viaggio del Presidente americano Barack Obama a Cuba, il primo da oltre 80 anni.
La visita si svolgerà entro la fine di marzo e arriva dopo il disgelo tra Stati Uniti e l’isola caraibica, che hanno riallacciato i rapporti diplomatici lo scorso anno, anche con la mediazione di Papa Francesco.
Imminente la riapertura dei voli commerciali tra i due Paesi, così come l’installazione di una fabbrica americana di trattori in territorio cubano.
Sul tavolo anche il futuro della base di Guantanamo e dell’emgargo.
 
Immediata la reazione dei due candidati repubblicani di origine cubana.
Per Ted Cruz, che si è detto «rattristato, ma non sorpreso», il viaggio è un errore, mentre per Marco Rubio «la visita di Obama è assurda» fino a quando Cuba non sarà «libera».

Sul significato di questo storico viaggio Michele Raviart ha intervistato Andrea Margelletti, presidente del Centro Studi Internazionali.
«Celebra un successo straordinario della diplomazia internazionale, in cui anche la Santa Sede è stata determinante. E vuol dire che gli Stati Uniti sono il partner dei Caraibi e questo, in un mondo che cambia, ha una sua notevole importanza.»
 
A livello interno che equilibri sposta questo viaggio?
«È motivo di plauso per alcuni e di odio per altri, che vedono ancora Cuba come il nemico dei pericolosi barbudos castristi. E in un momento di scontro elettorale, le parole lasciano un po’ il tempo che trovano.»
 
Per Cuba, invece, che cosa cambia? Abbiamo visto che verranno riaperti i voli tra Stati Uniti e, appunto, L’Avana; verrà per la prima volta instaurata una fabbrica, in senso capitalista…
«Cambia tutto! Arriveranno fiumi di denaro, con quello che ciò significa nel bene e nel male… In breve tempo la revolucion diventerà un pallido ricordo e un dato di fatto. Bisogna anche considerare che i tempi cambiano e bisogna avere, quindi, il coraggio di sotterrare l’ascia di guerra.»
 
In tutto questo, qual è stato il ruolo che Papa Francesco ha avuto nel riavvicinamento fra Stati Uniti e Cuba?
«Il Santo Padre ha avuto un ruolo determinante: ha avuto il ruolo! Un uomo incredibile, con una capacità di leggere le tematiche. Il suo buon senso ha decisamente avvicinato le parti.
 
In questo senso l’incontro che ha avuto Papa Francesco con il Patriarca Kirill, che significato ha per Cuba, per i rapporti poi anche storici che Cuba ha avuto con la Russia?
«Direi molto importante! E’ un continuo e lento avvicinamento che si fa, diciamo, nelle migliori tradizioni della diplomazia intelligente, giocando di sponda.
«L’allontanamento politico di Cuba dalla Russia è un fatto fisiologico da quanto non c’è più l’Unione Sovietica. Quelli che vediamo sono i passi di un cammino iniziato tanto tempo fa.»

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