Egitto, è rivolta contro Mubarak padre e figlio: morti e feriti
Come aveva previsto il nostro collaboratore Antonio De Felice, «dalla Tunisia la rivolta dilaga sulla sabbia»
Il nostro collaboratore Antonio De
Felice, esperto in politica mediorientale, aveva scritto lo scorso
17 gennaio che la rivolta della Tunisia si sarebbe presto propagata
in Egitto, contro un presidente Mubarak troppo indebolito dalla
malattia e un figlio assolutamente non in grado di sostituire il
padre.
L'articolo è tuttora visibile tramite
questo link.
Oggi, De Felice si è limitato a commentare «troppo facile dire
l'avevo previsto». Nei prossimi giorni tuttavia ci aggiornerà sulla
crisi e sugli scenari che si stanno aprendo nel punto più delicato
del globo.
E veniamo ai fatti. Le rivolte più clamorose si sono scatenate al
Cairo, ad Alessandria e a Suez.
Nella capitale la gente ha assalito il parlamento, senza successo,
e la polizia ha fermato una ventina di individui.
Numerosi i cortei ad Alessandria e in altre città egiziane. Tra i
morti a Suez.
Secondo la polizia i rivoltosi sono 15.000, mentre per gli
organizzatori sono almeno 25.000.
La gente chiede riforme e politiche sociali, sulla falsariga di
quanto abbiamo già visto nella rivolta del gelsomino in
Tunisia.
Alla base di tutto ci sono gli effetti della crisi mondiale. Se nei
paesi industrializzati ha messo in ginocchio l'economia, nei paesi
del terzo mondo ha fatto andare alle stelle il prezzo del pane e
aumentato la disoccupazione dove non ci sono ammortizzatori
sociali.
Anche per l'Egitto la rabbia si manifesta contro il presidente al
potere, anche se Mubarak è amato dalla maggioranza degli
Egiziani.
Ma le opposizioni sanno che è debole, stanco e ammalato, e non
vogliono che il potere venga trasmesso al figlio come per via
ereditaria.
Il quale figlio, se sono vere le voci di una sua possibile fuga in
Inghilterra, ha capito come stanno le cose.
Come ha scritto il nostro Antonio De Felice, «la caduta dell'Egitto
non solo sarebbe una disfatta per l'intero Medio Oriente sunnita,
aprendo di fatto una stagione profonda di instabilità e incertezza
politica nell'area, ma consegnerebbe nelle mani dell'Iran sciita,
anche il controllo della Università Coranica Al-Azhar, il più
antico istituto accademico religioso del mondo islamico.»
Uno dei peggiori incubi ricorrenti è legato alla possibile chiusura
del canale di Suez e alla paralisi dei commerci e dell'economie
dell'occidente.
Non solo. Tolto di mezzo l'Egitto, non rimarrebbe che l'Arabia
Saudita, unico attore mediorientale in grado di contrapporsi
all'egemonia iraniana nell'area, sul quale però già da qualche
tempo corrono voci di una forte diminuzione della sua capacità
estrattiva e dell'effettivo valore delle sue riserve.
Nella foto, a destra, Antonio De Felice mentre ascolta un
diplomatico italiano a Herat.