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Afghanistan, stiamo evacuando la capitale con un «ponte aereo»

Abbiamo fatto vent’anni di guerra e concluso una pace senza alcuna garanzia. Chapeau!

Sperando che tutto ciò che accade nella nostra ambasciata a Kabul fosse già pianificato da tempo, il personale diplomatico sta lasciando la capitale afghana, mentre si stanno distruggendo i documenti definiti «classificati», cioè secondo i valli livelli di segretezza.
Però il fatto che sia stato inviato un solo velivolo passeggeri dell’Aeronautica Militare ci lascia perplessi, dato che il solo personale dell’ambasciata conta una cinquantina di persone, già all’aeroporto.
La Farnesina dichiara che è predisposto un piano volto a salvaguardare i collaboratori locali dell’ambasciata, ma il Ministero della Difesa precisa che saranno circa 200 i collaboratori militari da portare in Italia per evitare che subiscano rappresaglie. A costoro, verrà concesso loro il visto speciale. E meno male!
Di certo però questi non ci staranno nell'aereo messo a disposizione.
 
Insomma, l’Italia sta abbandonando in fretta e furia un paese per aiutare il quale ha speso 8 miliardi di euro, sacrificato 52 soldati e subito 600 feriti.
Ci si domanda cosa abbiamo sbagliato. Ma, al di là degli errori compiuti nei vent’anni di intervento militare, ci pare impossibile che le trattative con i talebani si siano concluse senza una garanzia che i patti venissero rispettati.
Se prima di entrare in una guerra avremmo dovuto pensarci due volte, per chiuderla avremmo dovuto pensarci mille volte.
I Talebani hanno annunciato che non intendono conquistare Kabul con la forza, ma non hanno dichiarato il cessate il fuoco. E stanno già entrando in città perché – solo parole di una delle prime donne ufficiali create da noi – nessun militare afghano è disposto a rischiare la vita per salvare il governo del presidente Ashraf Ghani.

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