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Aprile, mese che passa sempre alla storia – Di Cesare Scotoni

La situazione internazionale in una Europa profondamente mutata e ancora mutevole

A scuola ancor oggi ci insegnano bene cosa accadde in Europa nell’aprile 1945, come effetto di una spinta degli eserciti da Est.
Forti dei successi di gennaio e febbraio a Varsavia, Cracovia e Budapest, le forze sovietiche in quella Primavera liberarono l’Europa.
Mentre al 7 marzo gli americani arrivavano al Reno, il 4 aprile cadeva Bratislava e la Slovacchia si arrendeva.
Il 13 aprile le forze sovietiche entrano a Vienna, il 16 aprile l’Armata Rossa completava l’accerchiamento di Berlino, intanto Tito prendeva Zagabria e in Italia il 25 aprile, con la mediazione del cardinal Schuster, si arrendevano i tedeschi e si ritiravano da Milano.
Il 28 aprile Mussolini veniva fucilato, il 30 aprile Hitler si suicidava e di lì a pochi giorni la Germania si arrendeva.
 
Questo nell’aprile 1945. In queste ore, oggi, l’Europa a trazione Franco Tedesca, una volta in più da Berlino, archivia quelle proprie ambizioni costruite sull’Asse Parigi - Berlino - Mosca e su cui, con il 2009 e la crisi dei subprimes quel sodalizio così guidato provò a divergere dagli interessi dei vincitori.
Ora a Berlino si scrive di un altro aprile, destinato ai libri di Storia. A 78 anni da quello che chiudeva, o sembrava voler chiudere per sempre, quel sogno del «Neuordung Europas» che dal 1923 aveva affascinato l’Europa senza Imperi che era uscita dal Primo Conflitto Mondiale.
La Capacità e l’Ingegno di quell’Old West Europe che aveva costruito la Comunità dell’Acciaio e del Carbone, quelle capacità tecnologiche e produttive, finalmente forti dell’integrazione con le risorse naturali a basso costo della Federazione Russa, pronte a sfidare sui Mercati gli eredi dell’Impero Britannico ed anche la Cina, vista come uno sterminato mercato. Questo il sogno che la signora Merkel ereditò da Gerhard Schröder. Senza l’Inghilterra e con un mercato del lavoro reso duttile dalla precarizzazione. Così voleva essere.
 
Se in precedenza, con il vertice a Pratica di Mare, l’Italia aveva rivendicato, peraltro con una certa efficacia, un ruolo nuovo tra l’Alleato d’oltre Atlantico e quell’Est dalle «relazioni straordinarie» con Berlino, causando la feroce reazione degli inglesi, furono il tentativo di costruire con la Libia un diverso livello di cooperazione internazionale e quelli sbocchi commerciali necessari ad un Sistema Produttivo in affanno per la crisi seguita al 2009 e la contingenza del complesso dissidio tra i partners dell’Alleanza Atlantica nelle relazioni tra Qatar e Arabia Saudita evidenziatasi sulla «faglia» di Kurdistan, Turchia e Siria a incrinare la relazione tra i Paesi Fondatori (e contributori netti).
L’indegno sorrisetto tra Merkel e Sarkozy a quel vertice di Cannes fu preceduto e - non va dimenticato - dalle frizioni tra Berlusconi e Tremonti, dalle uscite di Napolitano e dall’auspicio di D’Alema per un nuovo gabinetto di Centro Destra presieduto da altri.
Ma soprattutto dall’attacco anglo francese alla Libia e con quello dalla demolizione a livello internazionale della reputazione del nostro Paese.
 
Questo fu dirimente e dette l’avvio a quella scommessa perduta prima a Berlino che altrove e che oggi, con il «downsizing» (riduzione) delle relazioni diplomatiche tra Berlino e Mosca che avviene dopo la distruzione da parte delle forze NATO dei tubi del NorthStream2 e alla viglia di un nuovo durissimo scontro commerciale tra gli USA e la Cina, primo partner dell’export tedesco, archivia ogni pretesa di distinguere tra gli interessi di chi crede di aver trovato una Dottrina Monroe ed un «corollario Roosvelt» anche per l’Europa allargata e chi in Europa ancora vive e lavora.
Se lo scontro militare ha attraversato nel 2013 l’Alleanza con gli scontri a piazza Maidan e poi in Turchia con l’azione ai danni di Erdogan nel 2016, sono stati l’inettitudine e l’opportunismo dei Garanti di «Minsk 2» a seppellire le ambizioni e la credibilità Franco Tedesche.
 
L’uscita dell’Inghilterra dall’Unione ha nei fatti indebolito l’Unione e rafforzato la NATO, tra loro sempre più alternative nei fini e nei modi, al di là delle troppe chiacchiere e quell’Unione che per un decennio ha guidato anche le scelte del nostro Paese, ha perso.
Dopo che l’Italia, solo due anni fa, disse un chiaro no ad un «Esercito Europeo» e aspira ora a mettere Mario Draghi come nuovo Segretario Generale della NATO per tornare così a fingere di contare qualcosa, tutti comprendono che ormai quello non basta.
Se però Roma nutre quell’ambizione anche dopo aver firmato, con una Francia oggi in netta difficoltà, il «Patto del Quirinale» voluto, forse, da Mattarella durante l’intermezzo del Governo Tecnico di Draghi, lo sforzo del Governo in carica verso il Mediterraneo ed il Nord Africa vorrà significare per il Sistema Paese un concreto impegno di Mezzi, Risorse ed Investimenti anche al di fuori di un Quadro Europeo che oggi è in frantumi.
Aprile, che per tradizione in Italia vede gli Sconfitti vendersi per Vincitori.., speriamo che funzioni anche questa volta.
Per l’Interesse Generale.

Cesare Scotoni

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