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Dal nord al sud, via mare, terza parte – Di Luciana Grillo

La nave approda a La Coruña e si parte in pullman per Santiago de Compostela

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Il giorno di navigazione è necessario per riposare. Una signora conosciuta in escursione è andata dal parrucchiere, avendo una capigliatura impresentabile dopo l’acqua e il vento di Mont Saint Michel.
Io, che ho i capelli molto corti e provvedo da sola, me ne vado al Laboratorio creativo dove l’istruttrice, che si chiama Clarisse e parla un bell’italiano con la r francese, ha predisposto in una sala appartata un ventaglio bianco, pennelli, piattini con colori acrilici, bicchierini con acqua per sciacquare i pennelli e diluire un po’ i colori, fogli di scottex.
Dunque, si dipinge! È un’attività che mi piace molto, mi distrae da altri pensieri, mi spinge a pensare a soggetti semplici e di effetto che decoreranno il ventaglio.
 
Nel pomeriggio sono invitata al party per gli iscritti al Costa club: dopo i saluti del Comandante, dell’Hotel Director e dell’addetto al Costa Club, vengono premiati i passeggeri più giovani o provenienti da Paesi lontani o più assidui a bordo.
A questo proposito, penso che non si debba premiare chi ha fatto un maggior numero di crociere, ma chi ha trascorso più giorni sulle navi.
Esistono crociere che durano tre giorni, o quindici, un mese o quattro. Secondo me non si può calcolare 10 punti per 10 crociere di una settimana e 1 punto per una crociera di un mese o più!
 

 
A parte queste mie elucubrazioni, la navigazione procede, ma il mare fa i capricci, lungo i corrimani delle scale compaiono i sacchettini azzurri a disposizione di chi ha problemi di stomaco, si percorrono i corridoi delle cabine ondeggiando da destra a sinistra e viceversa.
La mia cabina diventa improvvisamente rumorosa, di notte avverto scricchiolii che mi impediscono di dormire.
Dopo la seconda notte di insonnia, chiedo di cambiare cabina. Vengono in perlustrazione vari addetti e convengono che il rumore è fastidioso.
Anche cambiare cabina è fastidioso… ma l’aiuto del cabinista rende un po’ meno complicato il trasloco di abiti, borsoni, beauty case, eccetera. Si sale al ponte 7.
 
Intanto la nave approda a La Coruña e si parte in pullman per Santiago de Compostela: il tempo è grigio, il viaggio breve, il parcheggio vicino al centro.
Subito noto che i nomi delle strade sono indicati sia in spagnolo che in gallego (galiziano). Mi chiedo a cosa serva, dato che il gallego è un dialetto (o lingua) parlata solo in quell’area.
È vero che la Galizia è una Comunità autonoma, ma non è pensabile che si possano imparare dialetti (o lingue) parlate da un numero limitato di persone.
La guida mi spiega che ogni provincia spagnola, dopo essere stata forzatamente aggregata dai sovrani castigliani prima e da Francisco Franco dopo, è assetata di autonomia.
 

 
In realtà questo problema linguistico lo troverò anche a Valencia, oltre che a Barcellona.
Santiago sembra un piccolo centro arroccato intorno alla grande cattedrale, ma è una città di circa 100.000 abitanti, famosa perché custodisce le spoglie di San Giacomo il Maggiore.
È meta di un’immensa quantità di pellegrini che arrivano da tutto il mondo per compiere il «cammino di Santiago» e sede di un’antica e prestigiosa Università.
In verità, nelle strade e nella grande piazza do Obradoiro su cui si affaccia la cattedrale, più che pellegrini in saio a bastone vedo giovani camminatori con sacco a pelo e mi viene il dubbio che il carattere religioso dell’impresa abbia assunto un aspetto molto sportivo.
 
L’impronta della città è medioevale, le costruzioni che attorniano la Cattedrale sono belle e ben tenute, come il Collegio di San Girolamo che vanta un sontuoso portale del 1500 e il Parador Hostal de los Reyes Catolicos che oggi è un albergo di lusso, con splendidi arredi. Sono entrata spinta dalla curiosità e sono rimasta incantata dall’atmosfera…
Altra costruzione importante è il Pazo de Raxoi, in stile neoclassico, oggi sede di uffici comunali.
 

 
La Cattedrale, considerata nei secoli passati il luogo di transito delle anime dei defunti, accoglie un gran numero di fedeli che si incolonnano per avvicinarsi alla tomba del Santo che avrebbe lottato tanto contro gli “infedeli», apparendo alla testa dell’esercito cristiano vestito di bianco, da acquisire l’appellativo di Matamoros (uccisore dei Mori). Naturalmente, costruita e ricostruita nei secoli, offre un insieme di stili diversi, fra cui prevale il romanico spagnolo, ma in cui si vedono aspetti gotici ed elementi barocchi.
Si sa che la costruzione di questo tempio, forse iniziata dai monaci benedettini nell’893, si è prolungata nel tempo, a causa di incendi e battaglie e si sarebbe conclusa nel 1075 per volere del vescovo Diego Xelmires, che all’interno custodì reliquie importanti.
 
Vorrei contare il numero delle statue che rappresentano figure del Nuovo e Vecchio testamento. Mi dicono che sono circa 200. Desisto.
Anche se siamo in tanti, intorno a me c’è silenzio e rispetto. Sosto davanti al monumentale altare, scatto qualche foto, osservo le cappelle laterali. È palpabile il senso barocco della religiosità ispanica.
All’esterno, dopo una rapida sosta per mangiare un panino, andiamo a prendere il caffè e capitiamo in un locale antico, molto suggestivo, dal sapore liberty, con divani e poltroncine accoglienti, pavimenti di marmi pregiati, vetrate eleganti.
Anche la clientela è piacevole, si parla a voce bassa, si sorseggia il the o si gusta un dolcetto alle mandorle. Alle pareti manifesti che celebrano una vista di Garcia Lorca a Santiago.
 
Si ritorna al pullman, si arriva a La Coruña e ci concediamo un breve giro in città.
Il tempo è grigio e minaccia pioggia, ma il porto è in centro, quindi raggiungiamo la Plaza de Mayor Pita dove svetta nel centro, che conserva importanti tracce del medioevo, la statua della donna (Mayor o Maria) che nel 1589 diede l’allarme alla città di cui si stava impossessando il pirata Drake.
Passeggiamo in strade dove si susseguono costruzioni moderne e palazzi in stile rinascimentale, cupole colorate e vetrate liberty.
Ho l’impressione che si restauri l’antico con criteri molto moderni, snaturando l’identità di questa città.
Anche sul lungomare si affacciano costruzioni degne di Dubai, tutte vetro, cemento e acciaio, accanto a deliziose palazzine dalle imposte blu.

Vicino al porto, attraversiamo un piccolo parco, molto curato, poi si sale a bordo e ci si prepara per una pizza con l’Hotel Director.

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