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Giappone, un viaggio sorprendente/ 5 – Di Luciana Grillo

Kobe, la città-sorpresa che per breve tempo fu anche la capitale del Giappone

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Link alla puntata precedente.
 
Eravamo già scesi a Kobe, ma avevamo deciso di andare a visitare Osaka, quindi al secondo attracco programmiamo la visita della città in autonomia.
Sappiamo che ha circa 1.500.000 abitanti e che è un porto commerciale molto attivo. Fu anche per un tempo piuttosto limitato capitale del Giappone.
Oggi, se dici Kobe, i gourmet rispondono «carne» perché l’allevamento dei bovini è particolarmente curato. Ogni animale viene costantemente massaggiato e nutrito anche con la birra in modo che la carne diventi come marmorizzata, con sottilissime venature di grasso.
Una navetta ci lascia in città e subito vediamo, al centro di un bel giardino, una torre rossa, una specie di cilindro alto e sottile avvolto da tralicci tubolari rossi che danno all’insieme la forma di un tamburo giapponese. È un’icona nello skyline di Kobe che attrae i turisti. È alta 108 metri.
 
Successivamente, entriamo in Chinatown - Kobe Motomachi - e percorriamo stradine e gallerie con negozi di tutti i generi dalle insegne molto vivaci.
Si vende cibo, ma anche sete preziose, kimoni e ciabattine con borsette coordinate, antiquariato, libri e oggettistica moderna.
Dunque, è una Chinatown raffinata, non ci sono lanterne come insegne… D’altra parte, la Cina è vicina e i rapporti commerciali sono consolidati, ma il mondo cinese viene qui ad assumere la signorilità giapponese.

Entriamo in una sala da the e il pasticciere francese ci mostra le sue specialità e ce ne offre un assaggio: si tratta di sottilissime cialde (come i wafer) al cui interno si trova una crema di formaggio o di pistacchio. Sono davvero buoni e ne compriamo, sigillati in belle scatoline di latta con disegni di paesaggi giapponesi.
 
Poi andiamo all’Osservatorio e scopriamo vedute affascinanti: la natura si modifica velocemente, da un lato il porto e il mare, dall’altro la torre rossa e i giardini, poi grattacieli e colline, luci, funivie che vanno su e giù.
L’idea che mi sono fatta di Kobe è che sia una città moderna e vivace, con un cuore tradizionale.
In realtà, è stata bombardata nel 1945 e semidistrutta da un terremoto violento nel 1995 quindi, dove è stato possibile, gli abitanti hanno preservato i vecchi palazzi all’europea; dove la distruzione era ampia, si è ricostruito con attenzione e rispetto per le persone che vi abitano.
 
Continuando la passeggiata a piedi (strade pulitissime, solite file ordinate di chi attende un mezzo pubblico, grande cortesia per noi stranieri), arriviamo al tempio di Ikuta Shine: è pomeriggio inoltrato, l’atmosfera è di raccoglimento e silenzio. Porte arancioni, fontane e mestolini di bamboo per la purificazione.
C’è un certo viavai di fedeli che ritmicamente battono le mani. Nel buio accendono candele: è uno spettacolo suggestivo.

Rientriamo nel mondo vivace percorrendo strade alternative, scopriamo una chiesa, «St. Morgan Church», che è diventata una sala per convegni già addobbata con l’albero di Natale e assaggiamo la famosa mucca di Kobe: buonissima, tenera e saporita. Ha un solo difetto: costa molto.
Poi ritroviamo altri crocieristi, tutti contenti, e aspettiamo il bus-navetta per far ritorno alla nostra casa galleggiante.
 
Luciana Grillo – l.grillo@ladigetto.it
(Continua)

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