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Le mie isole: Cipro – Di Luciana Grillo

A Cipro il rame fu utilizzato dall’8000 a.C. e Plinio lo chiamò Cuprum (da cui Cipro)

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Terza isola europea per grandezza, dopo Sicilia e Sardegna, Cipro è divisa in due dalla cosiddetta linea verde che separa il nord – «occupato» dalla Turchia nel 1974 – dal sud greco.
La capitale Nicosia è, come una volta Berlino e Gorizia, divisa in due parti: si parla greco e turco, la popolazione greca si sente defraudata e oppressa e spera sempre in una specie di miracolo che la liberi dalla Turchia…
Esistono due piccole aree di influenza inglese: sono due basi militari.
Però l’isola ha una forte vocazione turistica, offre panorami affascinanti e una varietà di fiori e piante incredibile.
L’emblema dell’isola è il ciclamino dai mille colori. Il monte più alto raggiunge i 2.000 metri.
 
Ma per i turisti c’è ben altro: la mitologia racconta che dalle acque cipriote nacque Afrodite, a cui è dedicato un santuario dichiarato patrimonio dell’umanità.
E lo stesso nome dell’isola verrebbe dal color rame dei capelli di Afrodite.
Non a caso a Cipro il rame è stato utilizzato dall’8000 a.C. e Plinio lo chiamò Cuprum (da cui Cipro).
Ma un’altra tradizione dice che il nome Cipro viene dai cipressi assai numerosi sull’isola.
Qui, dopo la guerra di Troia, arrivarono i Micenei che furono i primi e più importanti colonizzatori.
Poi fu la volta degli Assiri, degli Egizi, di Alessandro Magno, dei Romani, infine dei Bizantini che, in seguito ad accordi dell’imperatore Giustiniano con gli Arabi, nonostante questi due popoli fossero in guerra sulla terraferma, governarono l’isola insieme.
 

 
Secoli dopo, la città di Limassol – oggi la seconda per numero di abitanti – ospitò Berengaria di Navarra, scampata ad una tempesta, in viaggio verso la Terra Santa per raggiungere il promesso sposo Riccardo Cuor di Leone. Era il 1191, qualche anno fa.
Riccardo, rifugiatosi a Creta, raggiunse la fidanzata e la sposò a Limassol, nella Cappella di san Giorgio.
L’isola fu poi ceduta ai Franchi che instaurarono il feudalesimo e alla fine del 1400 passò sotto il dominio di Venezia grazie alla regina Caterina Cornaro che la vendette alla Serenissima.
Dal 1571 e per 300 anni fu dominata dai Turchi.
 
Visito il sito archeologico di Choirokoitia che presenta costruzioni di tipo nuragico lungo le pendici di una collina.
È un sito vasto, ben organizzato, ordinato: si trovano testimonianze di epoche diverse, si va dal Neolitico alle tracce dei bizantini e all’epoca veneziana.
Cammino nel verde, su e giù per le scale, osservando con attenzione le pietre utilizzate e riutilizzate di secolo in secolo.
Ciascuna conserva il segno del passato.
Esperienza affascinante.
Ma andiamo a Nicosia, città che ha una pianta a stella progettata dall’ingegnere veneto Savorgnan, ideatore anche delle mura di Palmanova (Udine).
 

 
La sorpresa più bella è la visita al Museo Archeologico di Nicosia, dove in uno spazio piccolo ma ben articolato sono in mostra statue, ceramiche, monili d’oro e oggetti di uso comune che vanno dal Neolitico all’epoca greco-romana.
In una sala troneggia un grande Settimio Severo di bronzo. I soggetti su vasi e coppe riportano sempre al mondo mitologico, ma le ceramiche più belle sono le più antiche, decorate con colori naturali e dipinte usando un pettine o la lisca dei pesci.
Esco da questo museo entusiasta, forse perché non immaginavo che potesse offrire un simile spettacolo!
La città che attraverso in bus è piuttosto anonima; la guida parla delle diverse religioni che si praticano. Ci sono ortodossi, cattolici, anglicani e, in minima parte, maroniti.
 
Le donne ricevono lo stesso salario degli uomini e svolgono lavori duri.
Gli statali sono ben pagati.
Ci fermiamo davanti al monumento alla libertà e all’Arcivescovado… Nei miei occhi rimangono i vasi e le coppe…

Luciana Grillo – l.grillo@ladigetto.it
(Puntata precedente)


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