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Lotta al terrorismo. Alfano: «Finora la prevenzione ha funzionato»

Il ministro dell’Interno è intervenuto in Senato per rispondere in question time sull’attività antiterroristica e sull’accoglienza dei migranti

Ieri abbiamo accennato alle dichiarazioni fatte dal Ministro dell’Interno Alfano in merito alle espulsioni, precisando di avere espulso anche un islamico che aveva tentato di profanare una chiesa di Cles.
Oggi pubblichiamo in servizio per esteso,

Tutta l’attività antiterrorismo del ministero dell’Interno ha «un solo obiettivo: comprimere il coefficiente di rischio». Il ministro Angelino Alfano lo ha precisato nel corso del question time che si è tenuto ieri pomeriggio al Senato.
«Possiamo gioire ed essere orgogliosi dei risultati fin qui ottenuti – ha detto – ma non possiamo negare che il rischio ci sia.»
«Siamo un grande Paese nel quale fino ad ora la prevenzione ha funzionato, – ha affermato Alfano. – E sono importanti i risultati ottenuti a partire dal 1° gennaio 2015:»
 
- controllate 160.593 persone sospette;
- controllate 346 navi e oltre 34.371 veicoli;
- arrestate 549 persone;
- eseguite 2.859 perquisizioni su sospetti;
- indagate in stato di libertà 884 persone;
- eseguite 102 espulsioni di radicalizzati o sostenitori della jihad, tra cui 8 imam.
 
Tra i più recenti provvedimenti, Alfano ha comunicato all’Assemblea gli ultimi rimpatri eseguiti nei confronti di due marocchini che avevano mostrato segni di integralismo e di avversione alla religione cattolica: il 25enne Kachmat Najib [l’autore del tentato vandalismo nella chiesa di Cles – NdR] e Briji Salah, di sessantanove anni.
Il ministro ha poi ribadito la linea lungo la quale si sta combattendo l’integralismo religioso in Italia: separando sempre chi prega da chi spara. «Il nostro lavoro – ha detto – sta nel rendere efficace questa separazione».
Se si inneggia alla violenza o si fanno predicazioni contro altre religioni, come frequentemente accaduto, è «incompatibile con i valori della nostra Costituzione e delle nostre leggi», quindi vengono eseguite delle espulsioni, anche se sono imam.
 
Proprio per fermare le predicazioni di imam che hanno avuto una formazione radicale e per dare una risposta anche di tipo culturale al problema, il ministro ha riferito di aver avviato un dialogo con le comunità musulmane in Italia, anche attraverso «un consiglio per le relazioni con l'Islam, dove siedono per la gran parte uomini di cultura e intellettuali italiani che hanno studiato il mondo arabo e l'Islam in Italia».
«Abbiamo un milione e seicentomila musulmani nel nostro Paese – ha osservato Alfano – farli sentire fuori dalla comunità nazionale alimenta quel clima di odio che è poi l'humus per atti violenti.»
 
Per quanto riguarda gli obiettivi sensibili, il ministro ha osservato che sono di varia specie: alcuni considerati più a rischio, altri assolutamente luoghi della vita quotidiana.
«Il nostro lavoro di prevenzione – ha spiegato Alfano - ci porta a esercitarci su tutte le piste e a non escluderne nessuna.»
A tale proposito, sono state fatte numerose esercitazioni antiterrorismo che hanno permesso di ottenere importanti risultati anche in occasione di eventi internazionali, come il Giubileo e l'Expo.

Anche la normativa sull’antiterrorismo sta funzionando. Oggi consente di perseguire i foreign fighter, che non rappresentavano una fattispecie punibile, anche con norme di prevenzione simili a quelle adottate per i mafiosi. La nostra legislazione, ha infatti osservato il ministro, «è all'avanguardia in Europa e nel mondo, perché deriva dalle direttive ONU, dalle direttive europee e dall'utilizzo di una serie di norme, chiamate "misure di prevenzione personale", che sono tipiche del nostro ordinamento giuridico, che ha conosciuto la criminalità organizzata».
Una nuova visione di sicurezza per combattere il terrorismo prevedrebbe un atto di fiducia da parte di tutti i Paesi europei chiamati a condividere le informazioni nell'ambito del sistema delle banche dati. «Apparentemente ti spogli di un'informazione – ha spiegato Alfano – nella sostanza, la versi in un contenitore dove troverai le informazioni degli altri e, quindi, saremo tutti più sicuri.»
Purtroppo, «approcci divisivi dell'Europa non rendono più sicuro e difendibile il nostro Paese, ma lo rendono più debole e più solo».
 
Gli investimenti per le Forze di polizia sono cresciuti, sia per gli approvvigionamenti quotidiani, sia per gli investimenti strutturali. «Abbiamo pian piano fatto passare il turnover, cancellando definitivamente il blocco», ha ricordato il ministro. Inoltre, con la legge di stabilità, è stato stanziato un miliardo per la sicurezza e la difesa: 300 milioni sono stati destinati al bonus per le forze dell'ordine, 150 milioni alla cyber security, 50 alle dotazioni tecnologiche e agli equipaggiamenti.
Per quanto riguarda il fenomeno dei flussi migratori verso il nostro Paese, il ministro ha sostenuto la posizione del Governo: «Noi salviamo tutti – ha dichiarato, – e dopo, chiediamo con efficacia se sono profughi o migranti irregolari. Se sono migranti irregolari, li mettiamo nel circuito del rimpatrio, se sono profughi no, in quanto li dobbiamo accogliere».
Il sistema di accoglienza, ha poi illustrato, si articola su più livelli: «c'è una prima accoglienza e poi c'è l'accoglienza più ampia, che deriva dalla circostanza di dover assistere durante la loro permanenza i soggetti che arrivano sul territorio nazionale con uno status di protezione umanitaria».

Per velocizzare le procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato, ha riferito il ministro, sono state anche più che raddoppiate le commissioni, passate da 20 a 50 e semplificate le procedure con esami one-to-one.
La rete del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) può assicurare un'assistenza diffusa sul territorio, ma se i comuni non partecipano non funziona. Per questo il ministro sta lavorando con l’Anci, per far calare l'equa distribuzione dalla scala regionale a quella locale degli 8.000 comuni.
La distribuzione equa dei migranti sul territorio tuttavia ha funzionato, ma non per quanto riguarda i minori non accompagnati. Il dramma, infatti, è stato caricato soprattutto sui comuni siciliani e su Reggio Calabria, che sono diventati «luoghi in grande sofferenza». È stata prevista per i minori una quota di 50 posti in emergenza, ma «non possono rischiare di diventare permanenti».
 
Per quanto riguarda gli hotspot, si procede allo smistamento e all’identificazione delle persone in arrivo con la raccolta delle impronte digitali e i fotosegnalamenti, ormai arrivati a coprire quasi il cento per cento degli arrivi.
Le prefetture, anche in partenariato con le organizzazioni internazionali, multilaterali e con quelle umanitarie, eseguono a campione visite ispettive nei centri di accoglienza per monitorare gli standard.
Inoltre, vengono fatti controlli anche da parte dell'Autorità nazionale anticorruzione, «per evitare che ci siano ladrocini», e della magistratura.
«Purtroppo – ha detto Alfano – non possiamo accogliere tutti e dobbiamo avviare le procedure di rimpatrio» per i migranti economici. Non perché possono essere considerati terroristi, ma «perché non possiamo accogliere tutti.»
Nel 2015 coloro che hanno beneficiato di una protezione umanitaria, sussidiaria o dello status di rifugiato, sono stati circa il 40% di tutti i richiedenti.
Il rapporto si è capovolto rispetto al 2014, quando era il 60% a ricevere i benefici. È per questo che «l'Europa rischia di collassare, – ha osservato il ministro. – Se non funziona il meccanismo dei rimpatri, infatti, è difficile immaginare centri chiusi che, per anni e anni, debbano trattenere queste persone.»

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