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La Polizia di Stato scova una cellula jihadista in Italia

Era composta da quattro persone che orbitavano tra Perugia, Milano e la Germania: tre tunisini e un marocchino, che sono stati arrestati

La Polizia di Stato, nel corso dell’operazione denominata Da’Wa, ha smantellato una cellula terroristica che faceva proselitismo sul web.
Sono 4 le persone arrestate che orbitavano tra Perugia, Milano e la Germania. Si tratta di tre tunisini e un marocchino.
Le indagini sono state svolte dai poliziotti del Compartimento Polizia Postale di Perugia, coadiuvati da quelli del Compartimento Polizia Postale di Milano, sotto il coordinamento del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni, insieme al personale della D.I.G.O.S. e dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Milano, del Servizio Polizia Scientifica di Roma e di quello del Reparto Prevenzione Crimine Lombardia.
Nella medesima circostanza sono state anche eseguite due perquisizioni a carico di altri due extracomunitari di provenienza tunisina e algerina.
 
Un terzo soggetto, cittadino tunisino, regolarmente soggiornante, residente a Perugia, è al momento irreperibile sul territorio nazionale.
A tutti gli indagati è stata contestata l’istigazione a delinquere con l’aggravante di aver commesso il fatto attraverso l’uso del mezzo informatico con finalità di terrorismo.
Gli indagati, infatti, attraverso centinaia di post (contenenti scritti, foto e video) hanno manifestato una espressa condivisione dell’ideologia fondamentalista delle frange estreme dell’islamismo, nonché delle azioni armate delle milizie appartenenti al cosi detto Stato Islamico e o di attentati terroristici di matrice jihadista.
L’indagine, partita dal monitoraggio della rete web condotto dal Compartimento Polizia Postale e delle Comunicazioni di Perugia nell’ambito delle attività di prevenzione.
 
Dal monitoraggio sono subito emersi alcuni «interessanti» account Facebook i cui titolari apparivano collegati con l’Italia, circostanza questa poi successivamente confermata dalle indagini, relativa all’analisi dei files di log dei profili che, unitamente ad ulteriori accertamenti tecnici, permetteva di identificare i soggetti utilizzatori e la loro localizzazione sul territorio nazionale, in particolare nel capoluogo lombardo.
In alcuni casi è stato accertato che gli indagati usavano più profili Facebook, tutti a loro riconducibili e che quasi sempre le connessioni avvenivano agganciandosi a reti «wireless» che ne assicuravano l’anonimato.
Ad eccezione di un cittadino tunisino che è regolarmente soggiornante e che svolgeva saltuaria attività lavorativa come pizzaiolo, tutti gli altri indagati si trovano in posizione irregolare sul territorio nazionale, sostanzialmente senza fissa dimora e dediti allo spaccio di sostanze stupefacenti.
Dalle attività di intercettazione telefonica e telematica, oltre che da quelle tradizionali di polizia giudiziaria, è emerso che nel corso del tempo, i soggetti utilizzavano più profili, modificando le modalità di accesso ai loro profili personali passando da modalità pubblica a modalità visibile solo agli «amici» (diverse centinaia per ogni profilo).

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