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Mario Draghi: «Non siamo (ancora) in economia di guerra»

Il premier rassicura gli Italiani dicendo che lo Stato ha gli strumenti per far fronte a eventuali scompensi di mercato – Il video di Draghi

Al termine del vertice di Versailles, Mario Draghi ha tenuto la consueta conferenza stampa di fine lavori.
Pur ammettendo che «Putin non vuole la pace» e che è difficile comprendere cosa vuole, Draghi ha espresso la propria soddisfazione per la compattezza dimostrata dai paesi che compongono l’Unione Europea.
I contenuti di questa unanimità peraltro non sono soddisfacenti per Zelenski e infastidiscono Putin. Inoltre, la riunione del consiglio europeo era informale, per cui ogni stato dovrà mantenere la propria posizione nei prossimi appuntamenti ufficiali. Il che non si è verificato sempre.
In tutti i casi è vero: la guerra Russo Ucraina ha consolidato l’Unione Europea. E rinviato sine die l’accoglienza dell’Ucraina nella UE.
(A pié di pagina l'intervento in video di Draghi)
 
È stata espressa soddisfazione anche sulla decisione dell’Europa di affrancarsi dalle forniture energetiche dalla Russia entro il 2027.
Francamente non troviamo così entusiasmante tale affermazione, perché non spiega che cosa si debba fare in questi cinque anni per attingere a fonti energetiche meno costose.
I meno giovani ricordano ancora le domeniche senza automobili imposte dal governo nel 1973. La crisi Fu una tragedia, perché non c’era neppure l’ombra della quantità di autobus di oggi.
La crisi energetica fu causata allora dalla decisione degli Stati arabi, produttori di petrolio, di tagliare del 25% le esportazioni del greggio verso i paesi occidentali, colpevoli di aver sostenuto lo Stato d'Israele durante la guerra del Kippur. E l’Italia non aveva praticamente riserve. Come oggi.

Abbiamo fatto un giro di telefonate presso alcune importanti aziende trentine (e continueremo a farne la settimana prossima) e abbiamo trovato un forte senso di pessimismo generalizzato.
Una grande azienda casearia (non cooperativa) ci ha detto che la situazione è drammatica.
«Il nostro costo dell’energia è aumentato su base annua di un milione di euro.
«Non siamo energivori come altre aziende, ma l’intera nostra produzione - dalla conservazione del latte alla sua trasformazione - necessita di energia.
«E i nostri fornitori di latte non sanno più come alimentare i loro animali animali perché mancano soia e altri mangimi.
«Aggiungiamo che abbiamo difficoltà a reperire perfino gli imballaggi per i trasporti…»
 
In questo mondo così globalizzato, un conflitto che dovrebbe risultare localizzato, si è scavato un solco tra chi produce materie prime e chi le trasforma.
Già la crisi dell’Afghanistan aveva ridotto la disponibilità dei microchip, rallentando la produzione di automobili. Poi l’energia ha cominciato a crescere vistosamente prima ancora dello scoppio della guerra. Il caffè ha iniziato a scarseggiare, come l’acciaio e perfino gli scatoloni da imballaggio.
La ripresa, scattata non appena intravista la fine della pandemia, rischia di fermarsi sul più bello.
Adesso che Ucraina e Russia sono off limits, ci manca perfino l’argilla per far fronte alla crescente richiesta di piastrelle.
Oltre alla scarsità di mangime, si è fermata l’importazione del grano duro, che non può essere trasportato in Italia, con le navi ferme nel Mar Nero. Aziende che, come la Felicetti di Predazzo, acquistano grano perlopiù in Italia e in parte in Canada, subiranno un aumento dei prezzi perché tutti i pastifici si rivolgeranno al mercato italiano.
 
Senza proseguire - per il momento - nell’elenco delle produzioni in difficoltà, la nostra impressione è che a breve il mercato piangerà la mancanza di prodotti.
Non vogliamo essere terroristi, per carità, per cui prendiamo atto di ciò che ha detto il presidente Draghi: non siamo in economia di guerra.
«Lo stato italiano – ha ricordato – è in grado di compensare gli squilibri che potrebbero verificarsi con il prolungamento della guerra in Ucraina.»
Però abbiamo la brutta sensazione che prima o poi le produzioni rallentino al punto da non riuscire a riempire gli scaffali dei supermercati.
E in quel momento scatterà la vera inflazione, quella generata dai prezzi che si adegueranno allo scompenso tra domanda e offerta.

GdM


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