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Debito pubblico: due opposte teorie per uscire dalla crisi

Gesualdi: È giunto il momento che anche i creditori si accollino una parte del debito» Manasse: «Un’operazione pericolosa che potrebbe anche distruggere l’economia»

L'Italia è schiacciata da un debito pubblico di circa 2100 miliardi. Un debito accumulato negli anni 80 che ha sottratto risorse alle future generazioni.
Come è possibile stimolare la crescita continuando a pagare gli interessi su tale debito?
Su questi temi si sono confrontati oggi al Festival dell'Economia Paolo Manasse e Francesco Gesualdi che hanno proposto ricette e soluzioni diametralmente opposte.
È giunto il momento, secondo Gesualdi, che anche i creditori si accollino una parte di questo debito.
Un’operazione pericolosa secondo Manasse, che potrebbe alla fine distruggere l’economia.
 
Un confronto serrato fra teorie economiche differenti, quello andato in scena oggi durante il dibattito «Fuori dal debito oltre la crescita» a cura dell'Associazione Trentino Arcobaleno.
Protagonisti l’economista Paolo Manasse e Francesco Gesualdi, coordinatore del Centro Nuovo Modello di Sviluppo di Vecchiano - Pisa.
Stimolati dalla giornalista Monica Di Sisto i due relatori si sono confrontati su una domanda in particolare: quale via d’uscita imboccare di fronte all’austerity imposta dalla finanza globale?
 
Gesualdi ha ricordato che il debito italiano è arrivato agli attuali 2.100 miliardi soprattutto per colpa degli interessi e che adesso è giunto il momento di porsi la domanda se oggi debbano prevalere i diritti dei creditori o quelli dei debitori, ovvero dei cittadini.
«L’economia del debito, ha detto Gesualdi, produce povertà, aumento delle disuguaglianze e disoccupazione.»
Per uscire da questa situazione, ha continuato, si cerca di stimolare la crescita aumentando la produttività a discapito dei diritti dei lavoratori.
«Dobbiamo cominciare a dire, ha proseguito, che non debbano più essere solo i cittadini, ovvero i debitori a pagare, ma che anche i creditori, che negli ultimi 30 anni hanno ricevuto 2.230 miliardi di interessi, debbano accollarsi la loro parte.»
La proposta di Gesualdi è quella di creare un tavolo a livello europeo in cui si possa ristrutturare il debito.
«Tutto questo sarà possibile, ha concluso, se l’economia metterà al centro gli interessi della persona.»
 
«La soluzione non è così semplice, – ha controbattuto l’economista Paolo Manasse dell’Università di Bologna. – Se un debito non viene onorato, quando poi si avrà ancora bisogno non si riceverà più niente.»
«Il debito accumulato negli anni 80 da governi corrotti – ha detto Manasse, – ha impoverito le generazioni successive; hanno preso risorse dal futuro per spenderle nel presente.»
Come si può uscire da questa situazione? Le soluzioni, secondo Manasse, sono sostanzialmente tre: ridurre le spese, aumentare le entrate e stimolare la crescita.
Per quest’ultima occorre aumentare la produttività o spostarsi verso produzioni di avanguardia, che non temano la concorrenza dei Paesi emergenti. Su un unico punto Manasse si è detto in accordo con Gesuladi, ovvero sulla possibilità di arrivare ad un accordo di compromesso fra debitori e creditori.
«Ma si tratta di un’operazione molo delicata – ha concluso, – che potrebbe poi avere gravi conseguenze, se le banche, che detengono il 30% del debito, entrassero in crisi, ci sarebbero ripercussioni sulle imprese che non avrebbero più accesso al credito e sulle famiglie che potrebbe veder compromessi i propri depositi.»

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