Concorsi pubblici: già sono confusi, ora ci si mette anche il Covid

Non si dimentichino il diritto al lavoro e la necessaria e urgente riforma dell'esame per diventare Avvocato

Confucio affermava che l'uomo superiore comprende la giustizia e la correttezza, l'uomo dappoco comprende l'interesse personale. Come si può operare nel settore Giustizia se non sono ritenuti giusti i metodi di accesso?
Non solo gli scandali delle correnti nella Magistratura sono stati acclarati e divenuti ormai noti persino ai più miopi, ma anche l'accesso alla professione forense merita oggi una particolare attenzione.
Sulla riforma dell'esame per abilitazione da avvocato comincia a muoversi qualcosa, sarebbe doveroso ed urgente rivedere le modalità d’esame anche visto lo stato emergenziale legato al covid-19 che rende incerta la possibilità di poter effettuare gli scritti previsti a dicembre.
Certamente l’ideazione di lauree direttamente abilitanti sarebbe la cosa migliore ma nel frattempo se i praticanti non riusciranno ad ottenere l'abilitazione de plano si faranno sentire.
Da sempre anche molti di coloro che l'esame lo hanno superato confermano l'aleatorietà delle prove e dell'eccessiva discrezionalità nei modi di assegnare i punteggi.
 
Serve il coraggio di cambiare!  
Il Ministro Bonafede pare latitare sia per quanto riguarda la sicurezza nei tribunali che per quanto riguarda la necessaria riforma dell'esame di abilitazione per la professione di avvocato.
È stato assegnato alla Commissione giustizia, in sede redigente, il Ddl di iniziativa parlamentare della senatrice Alessandrina Lonardo (gruppo Misto) recante «Modifiche alla legge 31 dicembre 2012, n. 247, in materia di accesso alla professione forense e all'esercizio della professione».
La senatrice nella scheda di accompagnamento rileva come «in molti Stati, per esempio in Spagna e negli Stati Uniti, l'accesso alla professione forense» segue «modalità più rapide e oggettive», mentre da noi l'esame «discende ancora da un regio decreto del 1932», così «determinandosi una situazione di grave iniquità e discriminazione nei confronti dei giovani aspiranti avvocati italiani, che nel nostro Paese accedono alla professione in età ben più avanzata rispetto agli altri colleghi europei ed extra-comunitari».
 
Per tali ragioni «una riforma è ormai assolutamente urgente».
Né del resto, conclude, vi è la volontà di applicare la legge n. 247 del 2012, con la quale si voleva attualizzare l'esame ma che è stata oggetto di continui rinvii, l'ultimo al 2022.
Nel 2020 è intollerabile che tra una prova scritta e l'orale passino oltre 6 mesi, l'esame va riformato!
Le associazioni dei praticanti e tutti coloro che si trovano a dover affrontare le prove auspicano finalmente in una riforma e nell’interessamento della classe politica.
La riforma prevede poi soltanto una prova scritta - senza esame orale - e come per altre professioni dovrebbe svolgersi due volte l'anno.
L'esame valuterà le conoscenze di base nelle seguenti materie: ordinamento e deontologia forense, diritto civile, diritto penale, diritto processuale civile, diritto processuale penale, diritto costituzionale, diritto dell'Unione europea e le capacità del candidato nell'applicare le conoscenze acquisite durante la pratica forense e nel risolvere questioni di deontologia professionale.
 
La novità principale è data dall’introduzione dei test a crocette preselettivi.
La Commissione pre-disporrebbe infatti cinquemila quesiti a risposta multipla, prevedendo cinque possibili risposte, di cui una sola esatta, che viene individuata dalla Commissione stessa.
La prova d'esame si svolge in un'unica giornata e consiste nella soluzione di novanta quesiti a risposta multipla estratti dall'archivio.
Le prove scritte si svolgeranno contemporaneamente nelle diverse sedi.
La riforma può essere migliorabile ma sarebbe già almeno un segnale di attenzione verso una situazione che è stata portata ormai all'esasperazione e al ridicolo.

Damiano Luchi