Home | Interno | È il 10 febbraio, «Giorno del Ricordo» – Di Guido de Mozzi

È il 10 febbraio, «Giorno del Ricordo» – Di Guido de Mozzi

Ma ancora c’è una separazione ideologica tra chi piange le vittime dei Lager e chi piange le vittime delle Foibe

Forse è bene chiarire un aspetto sulla tragedia delle Foibe, perché c’è ancora qualcuno che fa fatica a leggere la situazione obiettivamente. Cosa che a 80 anni di distanza (e 60 di silenzio) dovrebbe essere ormai superata. Ma è probabile che prima dovrà estinguersi l’ultima generazione del ricordo.
La caccia all’italiano in Iugoslavia iniziò già nel 1943. Quando Badoglio firmò l’armistizio l’8 settembre di quell’anno, le Forze armate furono lasciate da sole. Anche in Iugoslavia.
Cosa potevano fare i nostri soldati privi di comando, senza ordini, senza disposizioni? La maggior parte di loro cercò di tornare in Italia, senza avere neppure una precisa cognizione di quale fosse il giusto confine di un’Italia evanescente.
 
La popolazione invece rimase sul posto. Confusi anche loro, sì, ma con le proprie radici nella terra che non volevano abbandonare.
E così, quando arrivarono le truppe di Tito, i Titini si scatenarono contro tutti coloro che parlavano italiano. Per loro erano tutti fascisti. Comunque invasori. E perdenti. Ma soprattutto avevano sete di sangue, perché quello era il premio della vittoria di un popolo barbaro.
Iniziarono le più truci esecuzioni di gente inerme, effettuate in un modo così barbaro che anche oggi è difficile darcene ragione.
 
Poi però, dopo un brevissimo attimo di smarrimento, le forze armate tedesche reagirono e cercarono di recuperare il terreno lasciato libero dalle forze armate italiane.
In Italia i Tedeschi furono accolti come invasori da combattere, in Istria furono accolti come liberatori.
In Iugoslavia impiegarono poco a ripristinare l’ordine, come loro sanno fare definitivamente, dotati come sono di una perfetta organizzazione e attrezzati come i migliori soldati al mondo. E senza un briciolo di umanità.
Gli italiani benedirono i «liberatori» e c’è da comprenderli. Non erano più abbandonati ai Titini assetati di sangue.
 
E venne il 1945. La guerra ormai era perduta e i tedeschi cercarono solo di tornare a casa. Lasciarono anche la Iugoslavia e gli italiani in Dalmazia tornarono a essere alla mercé dei Titini.
Gli alleati si erano divisi la risalita dell’Italia in due tronconi: a occidente avanzarono gli americani, a oriente gli Inglesi. Churchill aveva sbagliato i conti sulle mosse di Tito e si pentì amaramente. Troppo tardi.
Solo un corpo speciale di truppe italiane si adoperò per aiutare quei disgraziati che per la seconda volta subirono migliaia di soprusi: la X Mas di Junio Valerio Borghese, che da eroe di mare era divenuto eroe di terra, temuto dalle forze fasciste repubblichine e rispettato dai tedeschi e perfino dalle SS.
 
Oggi, dare qualche merito alla X Mas significa automaticamente passare da fascisti. Ma come sempre è un errore fare di ogni erba un fascio.
I profughi istriani non tennero un mastrino mettendo da una parte il male e dall’altra il bene. Loro erano stati aiutati solo dai tedeschi e dalla X Mas.
E difatti, quando venne il momento dell’Esodo, solo l’anonima popolazione italiana gli diede aiuto e ospitalità. Lo Stato quei profughi non li aveva neppure presi in considerazione. Per essere benevoli sull’atteggiamento dello Stato Italiano, potremmo dire che «aveva problemi più grossi».
In realtà, le sinistre volevano nascondere quella terribile pagina di sangue generato da un loro alleato, Tito, che fra l’altro aveva consolidato la benevolenza dei comunisti italiani staccandosi dall’ancora più ingombrante Stalin.
 
E così passarono 60 anni prima che qualcuno se la sentisse di ricordare le vittime delle Foibe in quanto tali, senza distinzione di alcun genere.
Fu Ciampi a sdoganare la triste verità dell’Istria.
Ed è stato ieri Mattarella a dichiarare che «il negazionismo è un’offesa nei confronti delle vittime».
Molti fecero fatica comunque a rivedere le proprie posizioni e tuttora c’è qualcuno che vede nelle vittime delle Foibe un revanscismo fascista.
 
Dei sopravvissuti di allora vediamo ancora che c’è chi piange solo i propri caduti nei lager e chi piange solo i propri defunti nelle Foibe. Senza provare a superare il solco ideologico che li divide.
Basti pensare che il Giorno della memoria viene celebrato in una data diversa del Giorno del Ricordo.
Sì, sono diverse e legittime le motivazioni della scelta delle date, ma potevano comunque essere raggruppate in unico giorno di vergogna dell’Umanità intera.
Ancora una volta, dunque, sarà necessaria la scomparsa di quell’ultima generazione prima che la colomba della pace possa tornare a volare serena sul nostro Paese.

GdM

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