Le piante sopravvissero alla più grande estinzione della storia
250 milioni anni fa si estinse la maggior parte degli esseri viventi, ma uno studio rivoluziona il modo di pensare le dinamiche delle estinzioni di massa

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Paleontologia: le piante non subirono – contrariamente a quanto ipotizzato finora – la grande estinzione di massa di circa 252 milioni di anni fa.
Lo rivela uno studio di Evelyn Kustatscher e Hendrik Nowak del Museo di Scienze Naturali di Bolzano ed Elke Schneebeli-Hermann dell’Università di Zurigo pubblicato oggi sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Nature Communications.
Il risultato rivoluziona il modo di pensare le dinamiche delle estinzioni di massa.
Tra i periodi Permiano e Triassico, circa 252 milioni di anni fa, le piante non subirono l’estinzione di massa che invece, com’è ormai documentato, fece scomparire la maggior parte degli animali, soprattutto marini.
È il sorprendente risultato di una ricerca paleontologica realizzata da Evelyn Kustatscher e Hendrik Nowak del Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige di Bolzano ed Elke Schneebeli-Hermann dell’Istituto e museo di paleontologia dell’Università di Zurigo.
L’articolo, dal titolo «No mass extinction for land plants at the Permian-Triassic transition», è stato pubblicato oggi, 23 gennaio 2019, sulla prestigiosa rivista scientifica online open access Nature Communications (www.nature.com/ncomms), edita dal gruppo Nature.
«Finora si pensava che la grande estinzione di massa del limite Permiano-Triassico avesse coinvolto sia gli animali che le piante, e che entrambi avessero reagito allo stesso modo agli sconvolgimenti che la produssero», chiarisce Evelyn Kustatscher, «Questa ricerca dimostra che non è così. Si verificò certamente la scomparsa di alcune piante, ma in una misura trascurabile rispetto a quella di oltre il 50 per cento dei generi o famiglie, come precedentemente supposto da alcuni studi. Ciò cambia di molto il nostro modo di ipotizzare le dinamiche di un’estinzione di massa.»
Questo risultato è frutto di due anni di intenso lavoro di raccolta e confronto di dati provenienti da tutto il mondo.
L’obiettivo era capire cosa successe alle piante in un arco temporale che inizia col Permiano superiore (260 milioni di anni fa) e si conclude col Triassico medio (circa 235 milioni di anni fa).
«Abbiamo messo insieme e analizzato più di 34.000 record di spore e pollini e oltre 8.000 record di piante terrestri fossili di quel periodo», spiega Hendrik Nowak.
Sulla base di essi, i tre ricercatori hanno condotto una vera e propria analisi della biodiversità globale e dei cambiamenti che la flora subì milioni di anni fa.
«Fino ad oggi i microfossili di spore e pollini, molto più abbondanti rispetto ai macrofossili di piante, non erano mai stati utilizzati per uno studio di portata così ampia», aggiunge Elke Schneebeli-Hermann.
Kustatscher, Nowak e Schneebeli-Hermann hanno visionato personalmente un gran numero di collezioni di paleobotanica conservate in tutta Europa, oltre che consultare dati online open access.
Di fondamentale importanza è stata la possibilità di accedere al John Williams Index of Palaeopalynology del Natural History Museum di Londra, il maggiore catalogo di paleopalinologia (la scienza che studia i pollini fossili) al mondo, e alla relativa biblioteca.
Ma perché le piante reagirono in maniera del tutto diversa dagli animali alla grande estinzione di massa?
«Non si sa ancora con certezza - risponde Evelyn Kustatscher, - ma il motivo potrebbe risiedere nel fatto che le spore, e in particolare i semi, sono in grado di sopportare lunghi periodi di avversità prima di germinare, anche dopo centinaia di anni. Ciò naturalmente per gli animali non è possibile.»
Lo studio è parte del progetto «The end-Permian mass extinction in the Southern and Eastern Alps: extinction rates vs. taphonomic biases in different depositional environments» finanziato dall’Euregio Science Fund.