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Crisi di governo, fine degna di una legislatura disastrosa

Il Senato di un parlamento mediocre manda a casa Mario Draghi, Padre della Patria

Va detto subito che Mario Draghi non è stato sfiduciato neanche stavolta dal voto espresso dal Senato. Ha la sua maggioranza e neanche tanto bassa: 95 voti favorevoli a fronte di 38 contrari.
I numeri però sono molto bassi perché Lega e Forza Italia hanno lasciato l’aula, mentre i 5 stelle sono rimasti - senza votare - per rendere valido il risultato.
Con numeri così esigui, Draghi ha considerato conclusa la sua esperienza di governo.
Tuttavia non ha snobbato il Parlamento, tanto vero che domani si presenterà comunque puntuale alle 9 alla Camera dei Deputati.
Si prevede che si limiti ad annunciare le proprie dimissioni, dopodiché non attenderà il dibattito e si recherà dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella per dimettersi irrevocabilmente.
 
Cosa sia successo in Senato è presto detto. Mario Draghi ha riassunto attività e risultati del proprio governo, ribattendo a tutti i punti che gli erano stati contestati.
In particolare, ha espresso due concetti. Il primo: «Il reddito di Cittadinanza è una buona cosa. Ma se funziona male, è una cattiva cosa».
Il secondo: «Il concetto del superbonus nell’edilizia era un’ottima idea. Ma chi lo ha costruito ha fatto un grande pasticcio burocratico».
Ha anche criticato la Lega per alcune pretese che ha ritenuto proprie del Parlamento e non dell’Esecutivo.
Fatto sta che il Movimento 5 Stelle se ne è andato sbattendo la porta, e fin qui tutto bene. L’imprevedibile è stato che Lega e Forza Italia abbiano deciso di non votare. Forse a Draghi bastava l’uscita dei pentastellati per andarsene, ma senza Berlusconi e Salvini è finita del tutto.
 
Immediate le critiche del mondo intero. Gentiloni ha definito irresponsabili i tre partiti che hanno fatto venir meno il voto.
Il New York Times ha rilevato come il Senato italiano abbia preferito il caos alle capacità di un uomo in grado di tener testa all’Europa, agli Stati Uniti e alla Russia.
La Gelmini ha deciso di lasciare Forza Italia per come si è comportato il partito e probabilmente faranno la stessa cosa Brunetta e la Carfagna.
Giorgetti ha commentato che «poteva finire in un modo più dignitoso».
Non conosciamo la posizione dei tre ministri espressi dal Movimento 5 Stelle, ma è probabile che lascino il movimento insieme ai sottosegretari.
Per contro, Renzi e Calenda intendono rinforzare le proprie posizioni e si preparano a costruire un Centro più forte e strutturato, accogliendo magari coloro che lasceranno i propri partiti che hanno bocciato Draghi. Insomma, prevedono una «corsa al centro».
 
Su cosa succederà adesso le ipotesi sono tante, ma tutti ritengono che il presidente della Repubblica abbia preso male quanto accaduto in Senato. La sua posizione sarebbe quella di non procedere neppure alle consultazioni e di sciogliere immediatamente le camere.
In questo caso, a termini di Costituzione, si dovrebbe andare a votare la prima settimana di ottobre.
Ovviamente un governo ci dovrà essere e qui le scelte possono essere tre. La prima è di incaricare Draghi alla ordinaria amministrazione in attesa che si vada a votare, per passare le consegne al governo che verrà espresso dal nuovo Parlamento.
La seconda è che Mattarella incarichi Draghi a restare in carica fino all’arrivo del nuovo governo con pieni poteri. Questo consentirebbe a Draghi di concludere tutto ciò che ha avviato e non ancora concluso.
La terza ipotesi potrebbe verificarsi nel caso che Draghi non volesse accettare di andare avanti. Nel qual caso resterebbe in carica finché Mattarella non trovasse un sostituto pro tempore.
Noi propendiamo per la seconda ipotesi, un Draghi con pieni poteri fino alle prossime elezioni.

G. de Mozzi

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