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Questa legge di stabilità non va bene perché affossa l’economia

Uno Stato deve attingere risorse dal reddito prodotto dall’economia del Paese e questa non è la strada imboccata da Letta

Sono 3.000 gli emendamenti che il parlamento italiano vuole apportare alla Legge di Stabilità.
Il che significa che, poste le dovute modifiche concordate con la maggioranza che regge il governo, verrà posta la fiducia.
Come prima legge di bilancio del governo Letta, però, forse è il caso di esprimere qualche valutazione che vada più in là di una semplice lettura di numeri.
 
Da quando sono stati eletti deputati e senatori, il Parlamento ha perso solo tempo per discutere sul futuro di Berlusconi, come se questo fosse il Problema.
In realtà sappiamo benissimo che i problemi del paese sono altri e che Centrodestra e Centrosinistra sono i galletti di Renzo Tramaglino dei Promessi Sposi, che litigavano tra loro mentre stavano per andare in pentola.
Quindi non ci soffermiamo sulla sorte di Berlusconi, se non per sottolineare che se il Centrosinistra lo butta fuori dal Senato non può accettarne l’appoggio nella coalizione di governo. L’idea di farlo fuori ma di mantenere lo stesso il suo appoggio farebbe ridere il mondo.
 
I problemi sono altri e francamente non sono né di destra né di sinistra. Sono solo da risolvere. E la strada che è stata imboccata non porta da nessuna parte.
L’idea di tagliare delle tasse per ripresentarle altrove è al di fuori di ogni logica per un’economia come quella italiana che sta perdendo vitalità giorno per giorno.
Per l’IVA non c’è stato nulla da fare, è salita di un punto anche se erano state trovare le fonti per sostituirne gli introiti.
Il nocciolo della situazione sta nel fatto che finché lo Stato riduce la disponibilità della gente, non rilancerà mai l’economia che vive di consumo. Questa strada è sbagliata.
 
Ora Letta conferma che la seconda rata dell’IMU non sarà da pagare: resta solo da trovare le risorse per sostituirla. In altre parole, la pressione fiscale non cala e anzi probabilmente crescerà ancora.
Non è questa la strada. Il Governo del «Fare» sta facendo pochissimo per avviare il Paese a un’inversione di tendenza.
Il Cuneo Fiscale è ridicolo, il rilancio dell’occupazione è ininfluente, il pagamento dei debiti alle imprese è fermo.
 
Inoltre l’intera amministrazione sta incartandosi in un rinnovato «complicato disposto», dovuto alle decine di modifiche delle formulazioni fiscali fatte nel nome di una più equa distribuzione dei pesi.
Alla faccia delle riforme volte a semplificare la macchina amministrativa e le ganasce burocratiche.
E con un risultato che man mano che si procede nelle alchimie matematiche si fa fatica a mantenere il contatto ideale con la situazione. Hai bisogno di un commercialista anche per gestire i rifiuti.
 
L’altro aspetto che forse sta sfuggendo alla gente è che si stanno vendendo gioielli di famiglia per fare cassa anziché per abbattere il debito. Sarebbe come vendere casa per sbarcare il lunario.
L’idea che ridurre la auto blu aiuti a rivedere la spesa, che diminuire il numero dei parlamentari porti benefici, che il taglio delle pensioni d’oro possa salvare gli esodati dalla miseria, sono altri falsi obbiettivi messi in essere per rimuovere il problema di fondo
Tutto questo è inaccettabile e forse spiega come mai il dibattito politico si sta concentrando su Berlusconi dentro o Berlusconi fuori.
 
La problematica drammatica da guardare in faccia per mettere mano ai problemi è un’altra: l’Europa.
Da sola l’Italia ha risolto in passato problemi anche più gravi di questi con operazioni di emergenza, discutibili forse, ma certamente indolori e salutari. Svalutando la propria moneta, ad esempio.
Ora non è più possibile, quindi non resta che una cosa da fare. Andare in Europa e mettere la scarpa sul tavolo del parlamento europeo come aveva fatto Krusciov la prima volta che si era recato all’ONU (era il 1960).
 
L’Europa deve essere la soluzione del problema, non il problema.
L’Italia deve poter mettere in campo cure da cavallo, ma con i vincoli imposti dall’Europa non sarà mai in grado di farlo.
Sentire Letta che va a dire ai colleghi della CE che «l’Italia a fatto i compiti a casa» genera un senso di sconforto disarmante, perché continuando così tra breve non ci sarà più una scuola.
Dobbiamo andare a Bruxelles a cambiare le regole del gioco.
 
Con questo non vogliamo dire che il Governo Letta debba andare a casa e con lui l’intera legislatura.
Vogliamo solo dire che quella che abbiamo imboccato non è la strada giusta.
Dobbiamo invertire la rotta nel più breve tempo possibile, altrimenti alla fine della strada troveremo solo macerie.
Lo Stato deve trovare le risorse solo dal reddito prodotto dall’economia del Paese, altrimenti prima o poi si mangia la gallina delle uova d’oro.
L’unico obbiettivo dunque è quello di rilanciare l’economia. Tutto il resto non serve a nessuno.
 
G. de Mozzi

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