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«Ugo Rossi tende la mano ai partiti della coalizione»

Riportiamo l’intervento all’incontro del PATT al SanbàPolis «Autonomia in progress»

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Venerdì scorso il PATT ha tenuto un incontro nel teatro Sambapolis di Trento.
Hanno preso la parola, tra gli altri, il segretario del PATT senatore Franco Panizza e il presidente della Provincia autonoma di Trento Ugo Rossi.
Di solito non diamo notizie dei congressi o degli incontri politici dei partiti trentini, ma stavolta abbiamo deciso di riportare di seguito l’intervento per esteso del presidente Rossi perché rappresenta il tracciato del percorso che il Trentino farà nei prossimi anni.
Il PATT sta attraversando un momento particolarmente fortunato, lo dimostra il fatto stesso che le primarie avevano portato Rossi alla candidatura unica del Centrosinistra.
È evidente però che, oltre alla capacità del PATT di essere sul territorio e di interpretare le istanze della gente, i due partiti della coalizione PD e UPT stanno attraversando un momento difficile.
Ugo Rossi ha però precisato nel suo discorso che il PATT non intende assolutamente approfittare della debolezza dei compagni di coalizione, perché la sua etica gli impone la massima correttezza.

Buonasera! Vorrei salutare voi tutti, il popolo autonomista, le tante persone del gruppo consiliare e direttivo del partito, gli amici, gli assessori Daldoss e Dallapiccola che questa sera sono qui con me. Come abbiamo sentito negli interventi che mi hanno preceduto, il Trentino di oggi deve essere un Trentino che sappia guardare al domani con coraggio.
Ben ricordo le fasi precongressuali ed i congressi del PATT di qualche anno fa, nei quali la domanda più ricorrente era se il PATT andasse a destra o a sinistra. Oggi quella domanda non si pone più: questa è semplicemente una serata per dare un contributo al Trentino, per offrire spunti ed idee sui quali ragionare assieme.
 
Le prime due parole delle quali vorrei parlarvi sono certezza e speranza. Per quanto riguarda la prima, vista la vostra grande adesione in questo incontro organizzato dal segretario Panizza, e visti i giovani che con i loro interventi ne hanno dato una tangibile testimonianza, posso dire di sentirmi tranquillo: la certezza che il PATT si sta impegnando in questa fase difficile per dare un contributo vero alla sua terra.
Da quando sono stato eletto Presidente, spesso mi è stato detto che, pur nel riconoscimento delle tante buone cose fatte, mancasse una visione precisa di lungo periodo. Bene, questa sera sono felice di affermare che il Trentino che i nostri giovani hanno disegnato nei loro interventi corrisponde alla nostra visione di Trentino, e questa visione è chiara, e coraggiosa.
 
A proposito di coraggio, vorrei condividere con voi qualche pensiero, sul percorso di governo finora realizzato, partendo da temi quali innovazione e cambiamento. Sono certamente parole straordinarie ma spesso anche scomode. Il primo salto culturale che oggi dobbiamo fare è comprendere che l’innovazione spesso è percepita, almeno in una fase iniziale, in modo negativo: innovando diamo sempre fastidio a qualcuno, altrimenti non sarebbe vero rinnovamento.
Quando siamo in una fase di cambiamento le prime reazioni di parte della comunità sono comprensibilmente di fastidio: se ad esempio applichiamo rigorosamente un principio di merito finiamo anche per scontentare qualcuno che inevitabilmente vi si oppone per mantenere le abitudini consolidate.
Ma, se ci pensiamo bene, la tradizione in ultima analisi altro non è che una innovazione che ha funzionato, che si è dimostrata valida e per questo è stata mantenuta nel tempo. Non c’è vera tradizione e senso di appartenenza ad un territorio se non coltiviamo la logica dell’innovazione, partendo dal presupposto che tradizione ed innovazione sono due facce della stessa medaglia.
 
Pensiamo al trilinguismo: quante volte negli anni ci siamo sentiti ripetere che i nostri ragazzi non hanno le conoscenze linguistiche necessarie?
Abbiamo quindi fatto una scelta forte, puntando in maniera decisa sull’apprendimento a scuola delle lingue straniere, ed ora vediamo resistenze che a volte ci paiono incomprensibili, anche considerando il fatto che a livello europeo in questo ambito siamo indietro: basti pensare che la scuola danese ha lo stesso numero di ore di inglese di quella italiana, ma i ragazzi danesi sono al secondo posto, quelli italiani al ventiseiesimo, nell’uso di questa lingua straniera.
Oppure pensiamo alla semplificazione istituzionale, sulla quale abbiamo lavorato molto, soprattutto sul versante delle comunità territoriali, con l’assessore Daldoss. Abbiamo scelto di usare i campanili non più per arroccarci nelle nostre posizioni, ma per guardare più lontano e meglio tramite le fusioni comunali, allo scopo di migliorare i servizi ai cittadini con una finanza sovracomunale che riduca gli sprechi e le sovrapposizioni; gli esiti dei referendum ci dicono che questa è stata sicuramente una sfida vinta, che non ha eguali anche a livello nazionale.
 
Un altro tema su quale ci vuole coraggio è quello dell’immigrazione e dei profughi, parole che – anche a causa del bombardamento mediatico – possono fare paura e generare preoccupazioni. Ma quali Paesi civili in Europa potrebbero pensare di risolvere un problema così enorme, semplicemente rispondendo «qui non li vogliamo, stiano a casa loro»? La Baviera investe una cifra pari a due miliardi di euro per l’integrazione degli immigrati nel suo territorio; sarebbe certamente più facile cavalcare le paure dell’opinione pubblica, con demagogia ed egoismo, ma il problema dell’immigrazione si può risolvere solo gestendolo con intelligenza, umanità e con assoluto rispetto delle regole, facendo sentire la nostra voce di comunità anche con lo Stato e permettendo di restare solo a coloro che ne hanno diritto come profughi e che si impegnano a rispettare la nostra civiltà ed il nostro ordinamento.
 
Altro tema che è stato affrontato – penso – con coraggio è quello della riforma della dirigenza: abbiamo cercato di ribadire che nella pubblica amministrazione i dirigenti pubblici sono al servizio dei cittadini e delle imprese, e come tali devono poter anche essere soggetti a delle valutazioni, oggettive ed imparziali.
Abbiamo dunque, ancora una volta, anticipato decisioni nazionali, stabilendo che non ci saranno più dirigenti a vita ma saranno periodicamente applicati dei criteri di merito, e su questo siamo pronti ad un confronto ulteriore anche con i sindacati affinché, nell’interesse prioritario dei cittadini, il merito occupi uno spazio più centrale nella pubblica amministrazione.
 
Il coraggio è naturalmente anche quello di dire le cose come stanno, utilizzando gli indicatori dello stato dell’economia locale senza demagogia ed evitando rappresentazioni strumentali: in Trentino abbiamo certamente delle performance di ottimo livello in tema di benessere, di welfare, di qualità dei servizi, di tessuto artigiano ed imprenditoriale, ma in un recente passato abbiamo attraversato un periodo lungo nel quale avremmo avuto bisogno di un salto di qualità per battere la crisi.
Attualmente abbiamo un PIL territoriale che è il terzo in Italia ed è più alto della media francese e tedesca, ma abbiamo scelto di puntare d’ora in avanti su una strada – ancora una volta – coraggiosa: destinare gli aiuti a chi li ha meritati, diminuendo i contributi ed incentivando le politiche di contesto, per valorizzare e far crescere il nostro sistema produttivo che dev’essere più aperto e più orientato alla competitività globale, più ricettivo nell’accogliere gli investimenti ed i capitali che provengono dall’estero.
 
Questo si evince dal rapporto della Banca d’Italia recentemente pubblicato, in base al quale le performance del sistema trentino ed altoatesino, dal punto di vista della pubblica amministrazione, sono assolutamente speculari, anzi in numerosi casi quello trentino costa meno, ma vi sono marcate differenze nel sistema produttivo delle imprese.
L’Alto Adige è molto più orientato verso l’esportazione, soprattutto verso l’area tedesca (in questo è certamente facilitato anche da aspetti linguistici e geografici rispetto a noi) mentre noi siamo ancora troppo legati ad un contesto di mercato più ridotto, locale ed al massimo nazionale.
In secondo luogo, mediamente le imprese altoatesine sono di dimensione maggiore rispetto alle nostre, permettendo così al sistema locale di competere meglio su vari livelli. Non è solo dunque la piccola impresa che deve trainare il sistema economico, basti pensare al settore dell’edilizia e all’indotto che ne deriva.
Le differenze dunque ci sono, bisogna considerarle con oggettività e mettere in atto politiche appropriate per favorire il nostro sistema produttivo. Una di queste politiche che abbiamo già tradotto in norma riguarda ad esempio i PRG: in provincia di Trento prima il tempo medio di definizione era di quattro anni, oggi i tempi per un piano regolatore non possono superare l’anno, e questa legge, approvata nella prima parte di legislatura, porterà certamente benefici alle nostre imprese dimostrandosi come uno dei tasselli della generale riforma urbanistica che stiamo portando avanti, valutando con coraggio la necessità di introdurre nell’edilizia una visione nuova, basata non più e non solo sul costruire ma anche sul riqualificare e sul rigenerare, con procedure semplificate che possano dare linfa all’intero settore.
 
Altra questione da affrontare con coraggio riguarda i collegamenti viari tra Trentino e Veneto. Non la chiamo volutamente Valdastico perché è un termine legato ad una logica passata, per la quale il Veneto e lo Stato decidevano unilateralmente l’opportunità di costruire un collegamento con l’A22 per una loro necessità, senza però risolvere alcun problema di viabilità del nostro territorio ed anzi sollevando parecchie perplessità.
Approssimandosi la scadenza della concessione dell’A4, lo Stato ed il Veneto hanno cambiato la precedente logica, che ora parte dal presupposto che vanno prese in considerazione le esigenze di tutti i territori coinvolti, Trentino compreso, e l’opera dunque deve poter risolvere anche i problemi di quest’ultimo, in particolare quelli di traffico dell’Alta Valsugana, dei laghi di Levico e Caldonazzo, permettendo anche di valorizzarli turisticamente.
Dunque non c’è il problema della Valdastico: c’è l’ipotesi di un collegamento stradale che, se produrrà un saldo positivo anche per il Trentino, giustamente coinvolgendo le comunità locali interessate nel processo decisionale e valutando il complessivo impatto ambientale, potrà infine avere un nostro parere positivo.
 
L’ultima questione di cui vorrei parlare è il coraggio della politica. La situazione nazionale è più incerta, il quadro politico è fluido ed il governo nazionale sembra aver un po’ perso l’onda di consenso che lo accompagnava dalle ultime elezioni europee. In questo contesto dobbiamo essere fermi nel difendere la nostra autonomia, affermando che può essere modificata solo in senso migliorativo e comunque non unilateralmente dallo Stato ma solo con anche il nostro consenso e su basi preventivamente condivise.
L’autonomia non si difende solo evocandola, ma anche non essendone gelosi, dal momento che – secondo il nostro punto di vista – può essere una strada utile per il miglioramento dell’intera Repubblica.
L’articolo 116 Cost. al terzo comma afferma che forme e condizioni particolari di autonomia (entro determinati limiti di materia) possono essere concesse, su loro iniziativa, con legge dello Stato anche alle regioni a Statuto ordinario.
Questo comma è in vigore sin dalla riforma costituzionale del 2001, ma le regioni ordinarie non l’hanno praticamente utilizzato, ad esempio in settori come la viabilità stradale o l’istruzione che qui in Trentino gestiamo autonomamente.
erché? Perché l’autonomia è prima di tutto responsabilità – intesa come dover rendere il conto ai cittadini – e impegno, come abbiamo fatto noi negli anni con ben 146 norme di attuazione dopo la riforma statutaria del 1972, per ampliare progressivamente le nostre competenze e realizzare un reale ed efficace autogoverno.
 
Dobbiamo essere pragmatici nei rapporti con lo Stato, come abbiamo fatto nell’approvazione del patto di garanzia dell’anno scorso, che vede alcuni sacrifici a nostro carico, in un’ottica di solidarietà e responsabilità nazionale, ma almeno essi sono predefiniti e certi e sono stati decisi in una logica pattizia.
Dobbiamo cercare di rinnovare il quadro regionale, non per difendere a spada tratta un ente sovraprovinciale, cosa che i cittadini forse non comprenderebbero, ma per rivalutare le competenze regionali, magari stabilendo – in accordo con Bolzano – che in alcune materie le province potrebbero esercitare le loro competenze in modo coordinato, in una Regione maggiormente valorizzata.
Anche l’Euregio è, da molti punti di vista, un’opportunità che va affrontata con coraggio, ricordando che è il contesto geografico dal quale prese le mosse l’Accordo Degasperi Gruber del 1946, che è tuttora alla base della nostra autonomia, e che può dimostrarsi un laboratorio di scambio di buone pratiche di primissimo livello.
 
Coraggio, quindi, prima di tutto da parte di noi autonomisti e naturalmente da parte delle altre forze politiche della coalizione, di accrescere l’impegno sul territorio, di approfondire i problemi, di trovare soluzioni condivise, di raggiungere giuste mediazioni nell’alleanza consapevoli del fatto che sapremo dare un futuro al Trentino solo se saremo capaci in generale di comporre, e non di scomporre.
Scomporre è sempre più facile; lo dico anche in vista del prossimo Congresso del PATT, nel quale mi auguro che sapremo sempre tenere in considerazione l’interesse del futuro del Trentino, tramite la partecipazione democratica, sulla base di idee e di progetti per il territorio, senza inutili contrapposizioni che tendano alla ricerca di un facile consenso e senza approfittare di qualche difficoltà della coalizione, ma lavorando tutti insieme in vista di un obiettivo condiviso.
 
Concludo con un esercizio di autocritica: spesso ci sono state decisioni politiche e amministrative molto complicate, basti pensare al lavoro che c’è stato e c’è tuttora nell’ambito dei rapporti con lo Stato, del patto di garanzia, della possibile riforma statutaria, della concessione dell’A22, però come Presidente mi impegnerò ad essere ancora più vicino ai cittadini tramite il partito, ma tutti insieme dobbiamo comunicare quanto di positivo abbiamo fatto sinora, per tutti i trentini, senza alcuna distinzione, e dobbiamo preoccuparci di proseguire ancora meglio il cammino che abbiamo iniziato, finendo bene la legislatura e cercando di lasciare un buon futuro alle generazioni che verranno dopo di noi.
Questo è il mio impegno, che prendo con voi e con tutti i trentini. Vi ringrazio per il sostegno, e vi saluto dicendo viva le Stelle Alpine, che a seguito di questa serata non può che significare, ancora di più, viva il Trentino!

Ugo Rossi

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