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Applausi per Durnwalder e per Galan, messi insieme da Dellai

La presentazione del libro di Dellai è stata una grande occasione per parlare di autonomie e federalismo

Lo chiameremo «l'incontro del Doge (Galan), del Principe (Dellai) e del Capitano (Durwalder)», quello avvenuto alla libreria Ancora di Via Santa Croce a Trento. Ma ci vorrebbero più occasioni come questa per far capire ai Trentini che cosa non sarebbe il Trentino senza autonomia e per dare forza al resto del Paese che sta cercando di individuare la strada giusta del federalismo.
Alla presentazione del libro/intervista di Dellai intitolato «Il mio Trentino», erano stati invitati Luis Durnwalder e Giancarlo Galan, tra i quali - come si sa - non corre buon sangue. Ultimamente poi, dopo il referendum di Cortina (che vorrebbe passare all'Alto Adige), tra i due era sceso il gelo. Per questo una semplice presentazione si è dimostrata l'avvenimento del mese, perché l'incontro si annunciava come spettacolo.
E spettacolo è stato. A cominciare dall'incontro in strada, quando sono scesi dalle automobili. Battute feroci e sorrisi di superiorità, per poi procedere ad un abbraccio ufficiale per le telecamere e i fotografi.
«Ti avevo invitato a pescare. - aveva protestato Durnwalder. - Perché non sei venuto?»
«Perché io non uccido una trota facendola invogliare con un verme. - gli ha risposto Galan. - La mosca secca è un'arte sottile che conta sull'abilità del pescatore e non sulla fame della trota.»
L'argomento della pesca col verme era apparso spesso sui giornali (anche sul nostro) ed era diventata una metafora tra le differenti prese di posizione dei due presidenti. Insomma, l'incontro prometteva bene, ed è un peccato che gli organizzatori abbiano sottovalutato l'interesse del pubblico scegliendo una sala certamente più piccola di quello che l'avvenimento avrebbe richiesto.



A cominciare il dialogo è stato Galan, il quale ha subito scambiato alcune battute con la platea e con Lorenzo Dellai per stuzzicare il Presidente della Provincia autonoma di Bolzano Durnwalder.
«Io non sono invidioso della vostra autonomia. - Aveva mentito spudoratamente Galan. - Anzi, dobbiamo dire che siete stati bravi. Ma bisogna precisare che con i soldi è più facile essere bravi.»
Ma Durnwalder, da istrione qual è, non si è fatto prendere di contropiede.
«Anzitutto - ha premesso - mi vergogno di trovarmi in mezzo a due colleghi tanto bravi che hanno scritto ognuno un libro con dei titoli che mi pongono in grande imbarazzo. Galan ha scritto nientemeno Il Nordest sono io, mentre Dellai ha scritto Il mio Trentino. Cosa dovrei scrivere io? Il mio Sudtirolo? Galan (e non solo lui) si arrabbierebbe subito.»
Rotto il ghiaccio con gli applausi che ha scatenato, Durnwalder ha smorzato i toni sfruttando la battuta del Veneto.
«In ogni caso - ha proseguito infatti, - se tutti dichiarano di rispettare la nostra autonomia, a partire dal Tirolo che si complimenta con noi, per proseguire col ministro Calderoli ammirato, e adesso lo fa anche Galan con deferenza, noi non possiamo che essere contenti. E ci crediamo. Confesso però che noi non vi invidiamo…»

Il dialogo però si è fatto più serio, man mano che venivano affrontati vari problemi almeno all'apparenza contrastanti.
«Se tutte le regioni ricevessero di ritorno dallo Stato il 90% delle imposte che mandano a Roma - ha detto Galan - lo stato come farebbe a vivere? Non riuscirebbe neanche pagare un cappuccino agli statali di Roma.»
«Mi fa piacere vedere che non vi interessa la nostra indipendenza finanziaria… - Ha commentato Durnwalder. - Ma anche se lo Stato restituisse solo lo stretto necessario per consentire le amministrazioni locali di gestire in proprio le proprie competenze, vedremmo subito chi è in grado di lavorare e chi no.»
A quel punto è intervenuto Dellai per sottolineare che l'aumento delle competenze è una tradi-zione delle nostre autonomie, a partire dagli anni '90, quando le Province si sono fatte carico della Pubblica Istruzione.
«Il punto sta proprio qui. - ha detto Dellai. - Siamo riusciti a dimostrare che a parità di soldi noi siamo riusciti a fare molto di più e molto meglio.»
«Ma non sareste gli unici a dimostrarlo. - ha aggiunto Galan. - Piacerebbe anche noi poter disporre di molte competenze, e non solo quelle più onerose come la Sanità. Ma vi siete mai chiesti per quale motivo la Forestale per noi debba dipendere dallo Stato? O per quale motivo il numero delle Province debba essere stabilito da Roma? Io non ho nulla da dire contro l'autonomia delle province di Pordenone e del Friuli, di Bolzano, di Trento. Ma qualcuno sarebbe in grado di dirmi perché a suo tempo non venne inserito anche Belluno tra queste?»
«Beh, - si inserisce Durnwalder, - Cortina potrebbe tranquillamente passare a noi. Hanno appena votato un referendum…»
«La flotta della Serenissima è già stata inviata sul lago di Misurina… - ha risposto Galan. - Cortina non si tocca.»

Ma sono uscite molte altre punzecchiature simpatiche. Il Presidente Galan ha sottolineato che «quelli che in italiano con accento veneto si dicono privilegi, nell'italiano di Durnwalder con accento tedesco si dicono prerogative».
Mentre gli applausi interrompevano più volte, il Presidente della Regione Veneto ha proseguito sottolineando che pur essendo d'accordo con il lavoro che sta compiendo il ministro Calderoli, «si comincia a temere l'ipertrofia di soggetti istituzionali coinvolti nell'ipotesi della riforma del federalismo fiscale».
«Ma perché, nonostante il Governo abbia promesso l'abolizione delle province, - si è domandato Galan - ora ritroviamo accanto ai comuni non solo le province (che dovevano scomparire) ma addirittura anche le aree metropolitane? Su queste ultime trovo anche sorprendente il fatto che si sia deciso a Roma che Venezia non è considerata città metro-politana. Ma se tutto il Veneto è di per sé area metropolitana - osserva sarcastico Galan - perché proprio Venezia non sarebbe ritenuta città metro-politana? E, a monte di tutto, mi chiedo perché devono decidere a Roma se il Veneto dispone o non dispone di città metro-politane.»

Durnwalder non è mancato di inserire una punta di ironia anche sulla logica esistenziale della Provincia autonoma di Trento. «Noi siamo la provincia di confine - ha detto. - il Trentino è il cuscinetto tra lo Stato italiano e la provincia di Confine, così come il Tirolo lo è tra noi e l'Austria…»
Dellai., dal canto suo, è partito dalla comune sintonia politica del Trentino con l'Alto Adige per poi rivolgersi al Veneto per contrastare i rischi di una riforma federalista proposta in un modello ancora troppo centralista.
Infine, Galan ha ricordato come il senso nazionale dello Stato stia affievolendosi sempre di più in tutta l'Europa e come questo consenta alle varie realtà locali di trovarsi il giusto confine, all'interno del quale ognuno sia messo in grado di amministrarsi come meglio crede.

Insomma, con l'occasione della presentazione del libro si è impostato un incontro che tra una battuta e l'altra è servito per mettere sul tavolo un sacco di aspetti decisamente incongruenti che hanno bisogno di essere affrontati davvero con buonsenso e buona volontà.
Noi desideriamo aggiungere che i tre presidenti hanno tralasciato di ricordare le diverse situazioni storiche che avevano portato alle Autonomie speciali. Sembra che nessuno ricordi più la povertà della gente Trentina, gente di montagna che viveva in condizioni di assoluta indigenza e che vedeva nell'emigrazione la sola possibilità di riscatto. Perfino dalle città di Trento e di Rovereto partivano per cercare un lavoro, che a volte consisteva nelle miniere del Belgio, nelle fabbriche svizzere, en 'Merica. E non c'è da andare molto indietro nel tempo, basti ricordare come l'alluvione del 1966 sia stata a un passo dal divenire l'ennesima vigilia di una emigrazione trentina di massa, fermata solo dalla volontà di Kessler e della sua nascente piccola Provincia autonoma di Trento. Era riuscito a convincere la gente che le cose stavano per cambiare e che Roma avrebbe cominciato a pensare al Trentino. Come infatti è stato.
I cittadini dell'Alto Adige, lo ricordiamo, sono rimasti apolidi per un po', in attesa che qualcuno decidesse cosa fare di loro. Basti pensare che non hanno partecipato alla Costituente né al referendum tra la Monarchia e la Repubblica.
Quanto ai Bellunesi, di cui ha parlato Galan, ricordiamo che Cortina avrebbe voluto far parte del Trentino ma che l'Alto Adige si era opposto. E questo era avvenuto in un momento in cui erano i Trentini a desiderare di poter appartenere un giorno al veneto… Nessuno avrebbe scommesso sulla nostra possibilità di riscatto.
Adesso siamo invidiati? Forse è il caso di ricordare loro che per mille anni il nostro territorio ha fatto la fame, così allora magari ci lasciano i privilegi, scusate le «prerogative» ancora per qualche decennio.

G.d.M.

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