Che insegnamentro può assumere il Paese dalla vittoria di Dellai
Non si può esportare il sistema, ma solo il principio di voler evitare la divisione manichea del Bene e del Male
A Lorenzo Dellai sono arrivato
attestati di stima e di auguri un po' da tutto il Paese. Da Casini
e da Letta, da Veltroni e da Prodi, da Durnwalder e da Galan… Ma se
Durni gli fa i complimenti, gli fa anche sapere che ha avuto sì una
maggioranza schiacciante, ma non formata da un solo partito, come
invece è stato per lui. Anche il simpatico messaggio di Galan
merita essere riportato così come si legge in un comunicato
ASCA.
«Per chi suona la campana a Trento? - si domanda Galan sornione,
che ha il senso dell'umorismo spiccato come quello di Durnwalder. -
Di sicuro suona a festa per Lorenzo Dellai che saluto con simpatia
e stima, nella certezza che non verranno interrotte le già positive
collaborazioni messe in essere da tempo tra Regione del Veneto e
Provincia di Trento.»
Questa «trasversalità» di Galan non è solo significativa di un uomo
dotato di fairplay, ma anche di una situazione nazionale che forse
vale la pena rilevare, perché il fenomeno politico del Trentino,
come quello dell'Alto Adige, non è esattamente esportabile e
soprattutto non è riferibile al quadro politico del Paese.
Che Bolzano faccia storia a sé, è fuori discussione. Anche se da
«movimento» qual era in origine si è poi trasformata il partito a
tutti gli effetti, la SVP è fortemente consolidata senza poter
essere assimilata a un altro partito popolare. È una specialità
dell'Alto Adige, punto e basta.
È totalmente diverso per il Trentino, sia perché il suo leader
storico Alcide Degasperi è di statura europea, sia perché ha
continuamente avuto solidi riferimenti a Roma, grazie ai quali è
riuscita a trovare sempre la strada giusta per consolidare e
accrescere la propria autonomia. Ultimamente, per la verità, non ci
sono stati legami con gli ambienti di governo della capitale, lo
dimostra il fatto che a dare una mano a Dellai erano venuti a
Trento Casini e Letta, mentre per dare una mano a Divina erano
arrivati due ministri e due sottosegretari. I quali sono riusciti a
galvanizzare la platea, ma non la gente trentina. D'altronde,
nessuno degli illustri ospiti di Divina era riuscito ad andare più
in là degli slogan, perché non si erano trovati molti argomenti da
contrapporre alla politica di Dellai.
Comunque sia, il successo di Dellai non segna assolutamente un giro
di boa per il Centrosinistra italiano. Qui da noi hanno vinto due
cose, la moderazione della gente e la partecipazione alla gestione
della cosa pubblica.
Per quanto riguarda la prima, condividiamo quello che ha detto
Ettore Zampiccoli a risultati ormai irreversibili, per cui «non
poteva vincere un leader della Lega, in quanto i Trentini vogliono
un leader moderato, sia nei toni che nei fatti».
Per quanto riguarda la partecipazione, basti ricordare che su una
popolazione di 500mila abitanti, almeno 150mila sono in qualche
modo impegnati in attività socializzanti, dalla cooperazione al
volontariato, dalla politica all'amministrazione, dal lavoro
all'impegno sociale.
A livello nazionale, invece, due sono i fatti che caratterizzano
oggi lo scenario politico. Se la «moderazione» sembra ormai
consolidata nel Bel Paese, la partecipazione ci sembra
esclusivamente delegata ad alcuni leader carismatici. Come ha detto
ieri Bossi non appena messo al corrente dei risultati trentini, «Il
PDL esiste solo dove c'è Berlusconi. Se lui manca, tutto è molto
fragile…»
Quanto ai leader nazionali del Centrosinistra, pare che la gente
abbia deciso di mandarli all'opposizione, dove ci resteranno a
lungo, o almeno finché non troveranno un modo diverso di fare
politica. A vedere i risultati di Trento si sono un po'
ringalluzziti, ma non possono né farsene vanto, né tanto meno
sperare che Dellai ancora una volta esporti un sistema. Come ha
detto lo stesso Dellai alla conferenza stampa di ieri a elezione
confermata, quello che si può esportare è solo un modo meno
manicheo di vedere le cose e di fare politica. Una netta divisione
tra il Centrosinistra e il Centrodestra, come se fosse una continua
scelta tra il Bene e il Male, non regge più.
A Trento ha vinto il Grande Centro che fino a qualche mese fa era
tenuto saldamente diviso dal bipartitismo. E ha vinto, si badi
bene, senza simboli e senza grandi patti strategici, e per di più
in un momento in cui sembrava che dovesse essere schiacciato dalla
lotta spregiudicata che gli era stata messa contro.
Il Grande Centro ce l'ha fatta grazie dalla volontà di portare
avanti un obbiettivo comune, non importava quale fosse la strada da
seguire e quali le difficoltà da superare.
Questo può essere esportato nel Paese e porre fine così a due soli
schieramenti contrapposti, che finora non hanno portato serenità
nella Seconda Repubblica.
GdM