Autonomia, la Corte costituzionale blinda il patto di garanzia
Il patto di garanzia che regola il finanziamento dell'autonomia dell'Alto Adige rimarrà inalterato – Si tratta di 476 per Bolzano e 429 milioni per Trento
L'accordo finanziario siglato nell’ottobre 2014 tra la Provincia di Bolzano e lo Stato italiano, il cosiddetto patto di garanzia, «è l’unico a godere di una particolare stabilità, in quanto, nel ridefinire complessivamente, fino al 2022, i rapporti finanziari, esclude la possibilità di modifiche peggiorative salvo esigenze eccezionali di finanza pubblica e per importi già predefiniti nel patto».
È questo il passaggio chiave della sentenza della Corte Costituzionale depositata ieri (23 maggio) riguardante alcune disposizioni della legge statale di bilancio del 2017 impugnate dalla Provincia, come da tutte le altre autonomie speciali, perché vi si richiedeva un ulteriore contributo alla spesa sanitaria.
«Sono particolarmente soddisfatto – commenta il presidente della Provincia, Arno Kompatscher – perché si tratta di una sentenza pilastro per l’autonomia finanziaria della Provincia.
«Mentre i patti finanziari stipulati dalle altre autonomie speciali non hanno scongiurato l’imposizione di ulteriori contributi alla finanza pubblica, il nostro patto di garanzia ha tenuto all’esame della Consulta.»
L’accordo tiene perché «durante le trattative che hanno portato al patto di garanzia siamo riusciti ad ottenere di fissare non semplicemente un importo annuale, ma un criterio preciso», spiega il segretario generale della Provincia, Eros Magnago.
Il contributo della Provincia, infatti, è parametrato al costo del debito pubblico.
«Con questo aggancio abbiamo preteso e ottenuto che non ci potessero essere contributi ulteriori, si verifica l’esaustività del concorso, – continua Magnago. – La cifra è fissa fino al 2022: 476 per Bolzano e 429 milioni per Trento.»
La cifra complessiva, 905 milioni, corrisponde a circa l’1% del costo del debito nel 2014. Dal 2023 la cifra sarà calcolata sulla base del costo del debito pubblico, che in questi anni è calato.
«L’attuale andamento – conclude Magnago – fa ritenere che la riduzione del costo del debito prosegua. E’ quindi probabile che il nostro concorso cali.»
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