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In ricordo di «Sten», Giuliano Stenghel – Di Cornelio Galas

«Un atto d’amore è un cristallo di ghiaccio dell’immenso ghiacciaio, ma cosa sarebbe quel ghiacciaio senza quel piccolo cristallo?» – Giuliano Stenghel

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«Tèi, ma chi èlo quel màt tacà su co ’na corda a l’elicòtero? ‘l conossit?»
No, non conoscevo quel pazzo. Ero lì, come tante altre volte, alla base del Monte Casale, a Pietramurata, per avere notizie sull’ennesimo, grave, incidente su quelle vie di arrampicata.
E anch’io ero in ansia per quel puntino nero che oscillava nel vuoto sotto il rombo dell’elicottero impegnato nel soccorso alpino.
Più tardi volli incontrare quel soccorritore così sprezzante del pericolo.
Sì, era lui, Giuliano Stenghel, col quale poi è nata una grande amicizia, anche se non ci frequentiamo, anche se ci si vede solo di tanto in tanto.
 


Ieri abbiamo dato la notizia della sua tragica scomparsa (vedi). 
Ma torniamo a quell’incredibile operazione di soccorso. Ecco come Giuliano ne descrive, una analoga, sul Brenta, nel suo libro (uno dei suo molti libri) «Lasciami volare»:
«Sto volando… Non precipitando e neppure appeso ad una corda, sono semplicemente sospeso nel vuoto: essere in alto è un’emozione profonda.»
Il mio occhio si perde su un orizzonte di cime immenso, magnifico che si stende a Nord oltre la valle.
Davanti a me, la visuale è interrotta da una fila di pareti, sfumate nei contorni dalle nebbie, che ne alterano i colori, riducendoli al solo grigio scuro.
 

 
Vedo una parte della cima del Castelletto Inferiore e sotto, piccolissimo, il Rifugio Tuckett, poggiato sopra un salto roccioso, sentinella della vedretta nevosa che si riflette più o meno ovunque.
Il sole già da tempo è andato a riposare, nascondendosi alla vista, e con lui anche la montagna sembra addormentarsi.
Laggiù, degli uomini, puntini scuri, camminano faticosamente, salgono o scivolando scendono; eppure sembrano fermi.
«Ma perché? Perché sto volando!»
Mi avvicino alle Torri di Kiene, sembrano delle navi, e proseguo sulla parete della cima intitolata a Serenella, scalata molti anni fa con Fabio.
Faccio poi un giro sopra lo scivolo nord di Cima Brenta, vorrei salirlo ma non è però possibile: dovrei oltrepassare le nuvole e potrei perdermi, sbattendo le ali.
 

 
L’elicottero dei vigili del fuoco mi sta trasportando nel punto più alto visibile; infatti accompagno in questo soccorso il gestore del Rifugio Tuckett, Daniele.
Il baccano di quel motore sta rotolando verso valle, quando con i piedi per terra cominciamo ad arrampicare lungo la via normale di Cima Brenta. Cerchiamo un uomo che hanno visto cadere, saliamo, gridiamo, ascoltiamo: solo l’eco ci risponde!
Le nebbie portano via le cime, rimaniamo soli sulla montagna; ci dividiamo. Mi muovo prudente a causa del mio piede dolorante, mi sposto pensando, sperando, pregando e poi lo vedo disteso, immobile come morto sull’orlo dell’abisso.
Evitando gli appigli sporchi di sangue raggiungo un corpo ferito, che non parla, non si muove, ma respira!
«Stai morendo, amico mio, tra le fredde rocce che hai tanto amato; ma sono certo che il tuo spirito può andare dove gli pare, sono certo che puoi ascoltarmi.
«Ti parlo con il cuore, con la mia anima, allo stesso modo con cui parlavo a Serenella, anche lei imprigionata sul letto d’ospedale.»
Allora mi rispose: «La tua forza, il tuo coraggio, il tuo grande amore hanno accompagnato la nostra storia senza paure, senza soste. Dio è Amore ed un giorno ti ricompenserà!»
«Ed allora comincia a ricompensarmi, Dio. Salva questa vita!»
Poi, all’improvviso delle voci note: Walter, Daniele e Luca. Osservo Luca curare l’infortunato nel migliore dei modi, mentre Walter organizzare il soccorso, riconosco la sua lunga esperienza e bravura, ma soprattutto guardo il viso del morente che ancora, ancora respira. Francesco si salverà.
 

 
Penso che nessuna via, nemmeno la più difficile, può donarti la stessa gioia che ti rimane nell’aver aiutato una persona in montagna: sicuramente un privilegio degli uomini del Soccorso Alpino e di chiunque sia disponibile a vivere quest’esperienza: quando si salva una vita, si salva il mondo intero!
Finalmente zoppicando sono in valle, ho in braccio la mia bambina alla quale dolcemente chiedo: «Perché Chiara, ti sei messa a piangere quando mi alzavo in elicottero?»
«Perché pensavo partissi per il cielo, come la mamma.» – Mi risponde.
 
Giuliano Stenghel (Sten), è stato un vero acrobata delle ascensioni.
Dice magari di preferire a volte l’avventura dietro l’angolo di casa, e intanto fa salite mozzafiato su difficilissime pareti anche non di moda. Nel 1978 diventa Istruttore Nazionale d’alpinismo, poi Guida alpina ed Istruttore Emerito del CAI.
Alle spalle ha qualcosa come duecento vie nuove, ripetendone altre già aperte, con difficoltà estreme ma soprattutto moltissime prime ascensioni solitarie e sempre «di corsa».
Nel mondo alpinistico è considerato «maestro del friabile» per la capacità di muoversi su rocce difficili ed estremamente friabili anche con poche protezioni.
 

 
Nato a Rovereto nel ’53, Giuliano Stenghel ha realizzato, con l’aiuto dei migliori amici, un’impresa davvero eccezionale nel mondo dell’impegno sociale: alla prima moglie, Serenella, morta prematuramente, ha dedicato l’Associazione umanitaria Serenella-Onlus, che ha come scopo preciso la solidarietà verso i bambini bisognosi.
Nel 1998 Giuliano, con alcuni amici alpinisti, ha promosso «Alpinismo e solidarietà».
Per gli amici Giuliano Stenghel è semplicemente Sten, un uomo estremamente generoso, di una simpatia comunicativa dirompente.
Risiedeva a Villa Lagarina, alle porte di Rovereto, con la moglie Nicoletta e le figlie Chiara e Martina.
Giuliano era anche un fecondo scrittore, ricordo «Lasciami volare» (1995), «La Casa del cielo» (1996), «Il Dito di Dio» (1998), «Se il sole sorge della figlia Chiara» (1999), «Grazie di cuore» (2000), «Il Grido del Gabbiano» (2001) e «Il Garda verticale» (ristampa de Il Grido del Gabbiano) scritti a quattro mani con Fausto Camerini, l’Opuscolo di Serenella e Le Primule Rosse (2002).
 

 
E questi libri sono serviti per la sensibilizzazione del messaggio dell’Associazione Serenella e per raccogliere offerte che sono state interamente devolute a «chi non ha ciò che noi abbiamo».
«Sten» è stato anche protagonista del film a due puntate prodotto dalla RAI: «Il Salto delle Streghe», e nel 1998 ha diretto e prodotto il suo primo cortometraggio, «Il Bimbo».
Ha scritto Giuliano: «Noi alpinisti puntiamo alla stessa meta, la vetta. Ciò che ci distingue è il come la raggiungiamo. La via, la lunghezza, la parete se nord o sud, se con rocciasana o friabile, se altissima o meno, se ci permette di uscire facilmente o se invece ci costringe a rimanervi imprigionati, se affrontata con le «sole mani» o con «mille» chiodi o strani aggeggi, se posta al sole o all’ombra, se se se …
«Noi alpinisti saliamo non per il puro piacere di arrampicare, ma per la scoperta che si rivela ai nostri sensi metro dopo metro, per esprimere la nostra fantasia, per vivere! Siamo dei privilegiati: raggiunta la cima riusciamo a toccare il cielo e a contare le stelle!»

Cornelio Galas

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