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39° Oriente Occidente: Est Europa tra creatività e libertà

Domani, domenica 1 settembre, lo sguardo si volge al rapporto tra creatività e libertà in Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca

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Il 39° Oriente Occidente Dance Festival continua il suo viaggio verso Est.
In questo caso al centro del dibattito sarà l’Europa orientale e il rapporto tra libertà e produzione artistica in Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia.
Domani, domenica 1 settembre, un convegno approfondirà questi temi al mattino.
In serata, invece, la parola agli artisti: alle 19 al Mart Martin Talaga con Soma, alle 20.30 all’Auditorium Melotti Pál Frenák con Birdie, alle 22 al Teatro alla Cartiera Beatrix Simkó e Jenna Jalonen con Long time no see!
 
Quanto la produzione artistica è influenzata dalla situazione sociale, economica e politica dei territori in cui gli artisti nascono, vivono e lavorano?
Quali ispirazioni guidano le creazioni dei coreografi di Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca? Che cosa lega in modo tanto indissolubile i concetti di creatività e libertà?
Cerca risposte a queste questioni il «FOCUS#1 Creatività e libertà nell’Europa dell’Est», proposto durante la 39ma edizione di Oriente Occidente domani, domenica 1 settembre dalle 10 alle 13 all’Urban Center di Corso Rosmini a Rovereto.
 
La mattinata – introdotta e moderata da Maria Luisa Buzzi, direttrice della rivista Danza&Danza – si concentrerà sulla produzione e la diffusione della danza contemporanea nei Paesi dell’Est Europa grazie alla partecipazione di alcuni importanti rappresentanti del panorama culturale di Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca.
Saranno presenti: Gyuri Szabó (direttore artistico Trafó di Budapest), Maja Hriesik (Piattaforma della danza contemporanea slovacca), Markéta Perroud (co-direttrice artistica Tanec Praga), la giornalista e critica Orsoloya Bàlint.
Per una contestualizzazione geo-politica interverrà Luisa Chiodi, direttrice di OBC Transeuropa.
 
La scena passa in serata agli artisti. Il Focus, infatti, porta al Festival la fisicità spinta di Pál Frenák, coreografo ungherese che nel suo Birdie (Auditorium Melotti, 1 settembre, ore 20.30) indaga i muri e le barriere psicologiche, fisiche, storiche e sociali e i possibili modi per superarle.
Uno spettacolo nato da studi sul tema del volo – ricorrente nella poetica di Frenák – e da suggestioni del film di Alan Parker,     Birdy - Le ali della libertà» (1984) da cui mutua il titolo.
I cinque danzatori si muovono con sullo sfondo una grande piramide di metallo che funziona come labirinto: i personaggi lottano fra loro e con se stessi, cercano vie di fuga ma tornano poi sempre nella gabbia.
Un ritratto dei sentimenti umani sulla musica elettroacustica del compositore berlinese Norman Levy eseguita dal vivo dal violoncello di Endre Kertész.
 

 
 Pál Frenák 
Ha a lungo vissuto in Francia, dove nella seconda metà degli anni Ottanta ha conosciuto le tecniche di danza Cunningham e Limón ma anche la futura moglie, l’architetta Catherine Frenák.
Da lei ha ricevuto molte influenze sull’uso innovativo dello spazio scenico, molto evidenti nelle sue partiture coreografiche.
Il suo stile di danza integra mimo, la lingua dei segni (i genitori di Frenák erano sordi) e il linguaggio del corpo con elementi provenienti dalla danza, ma anche dal teatro e dal circo contemporaneo.
Frenák, oggi sessantaduenne, continua a stupire con i suoi lavori.
 
Torna in scena anche il giovane Martin Talaga (Mart, 1 settembre, ore 19) con la performance «Soma», vincitrice del premio come migliore produzione del 2018 (Dance Production of the Year 2018) durante la 24ma Czech Dance Platform.
E se il 31 agosto, Talaga ha portato in scena il folto gruppo di volontari partecipanti al suo workshop, il primo settembre il lavoro sarà realizzato da tre danzatori professionisti da lui guidati.
La riflessione si concentra sul corpo maschile e sulle sue imperfezioni: secondo Talaga, infatti, mettere a fuoco i difetti ci ricorda il nostro essere umani.
 
Chiuderà la serata, al Teatro alla Cartiera alle ore 22, il lavoro di un’altra giovane promessa dell’Est Europa: Beatrix Simkó, autrice del duetto con la finlandese Jenna Jalonen sul tema delle origini e dell’isolamento dei loro Paesi rispetto all’Europa: «Long time no see!» Già tenuto d’occhio dalla critica grazie alla sua partecipazione nel 2018 al Festival d’Avignon, lo spettacolo è inserito tra le venti produzioni selezionate della piattaforma internazionale «Aerowaves Spring Forward twenty19».
Molto diverse nell’aspetto fisico – una mora e l’altra biondissima – e provenienti da Paesi apparentemente lontani tra loro – Ungheria e Finlandia – Beatrix e Jenna sentono di avere qualcosa in comune.
L’idea di lavorare insieme risale infatti ai tempi del loro incontro come danzatrici nell’ungherese Eva Duda Dance Company, ma è stata realizzata solo lo scorso anno, dopo che entrambe avevano intrapreso strade autonome.
 
«Long time no see!» nasce quindi dalla loro ricerca di radici comuni, a partire dalle loro lingue madri: le loro, sono le uniche due lingue ugrofinniche in Europa.
Da qui iniziano ad esplorare similitudini e lontananze, facendosi simbolo di un’Europa che ancora non riesce a sentirsi del tutto unita.
L’offerta del Festival si completa con i laboratori.
Partecipati e di grande valore formativo, in questi giorni si sono concluse le prime masterclass a cui danzatori e danzatrici hanno potuto partecipare approfondendo il vocabolario coreografico e i repertori degli artisti del Festival.
Dal primo settembre inizierà Frippery Workshop, il laboratorio che durerà fino al 4 settembre e sarà un’importante occasione per gli oltre 40 partecipanti – abili e con disabilità – di comprendere e sperimentare i processi creativi e inclusivi della compagnia Stopgap, per andare in scena il 5 settembre con lo spettacolo «Frippery».

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