Trentino: il futuro con la «Rete ferroviaria Diffusa» / 4
Analisi dei costi e reperimento dei fondi Un miliardo e 200 milioni meno del Ponte di Messina Il ricorso ai Bond

La stima dei costi per la
realizzazione delle quattro linee di «Metrolandia» è stata fatta, a
dire dei presentatori, in maniera realistica. In effetti la
Provincia di Trento ha avuto un banco di prova decisamente
«formativo» nelle due gallerie che collegano la Valsugana a Trento
Nord, e sembra che i progetti nascano esattamente sulla base della
«canna» tipo scavata dalla super-fresa «Tecla».
Come dicevamo, l'acquisto dei terreni è relativo ai soli tratti di
superficie e raccordo con altre linee, oltre naturalmente che per
le stazioni.
Un costo minore, ma comunque pesante, è rappresentato dai materiali
di riposto, cioè i detriti che verranno scavati per far strada alle
gallerie. Già il traforo del Brennero aveva messo in agitazione sia
gli ambientalisti che i «cavatori» del Trentino e dintorni. Qui non
parliamo di ambientalisti, perché saranno semmai loro a far sentire
la propria voce. Per quanto riguarda i titolari di cave, invece,
possiamo dire che già all'idea del super-tunnel della ferrovia del
Brennero avevano, come si dice, «tirato fuori posate e tovaglioli».
Tra mezzi movimento terra, camion da muovere e materiale da
depositare, sicuramente si prospetta un banchetto coi fiocchi. I
tecnici della Provincia hanno parlato di 40 milioni di metri cubi,
pari ad una dimensione di poco inferiore all'intero Doss Trento,
quantificabile in 80 milioni di tonnellate. Calcolando che un
proprietario di cava chiederà 5 euro a tonnellata, si sta parlando
di 400 milioni di euro per il solo smaltimento dei detriti, ai
quali vanno aggiunti i costi per il loro trasporto che, come
dicevamo, comprendono un raggio di qualche centinaio di
chilometri.
Ma dobbiamo dire che tutto sommato i costi per la costruzione delle
ferrovie e delle stazioni sono piuttosto contenuti lo stesso. Si
parla di cifre da capogiro, sia ben chiaro, ma vedremo più avanti
la reperibilità e la distribuzione nei vari esercizi. Per adesso
leggiamo le stime fatte tratta per tratta.
LINEA AZZURRA | Km strada ferrata | Milioni di Euro |
Giudicarie-Basso Sarca-Vallagarina-Trento |
28,250 |
706,2 |
Stazioni di Tione, Arco e Mori |
150,0 |
|
TOTALE |
856,2 |
LINEA GIALLA |
Km strada ferrata | Milioni di Euro |
Val di Sole-Val di Non-Val d'Adige-Trento |
28,500 |
712,5 |
Stazioni di malé, Dermulo, Mezzocorona |
150,0 |
|
TOTALE |
862,5 |
LINEA BIANCA | Km strada ferrata | Milioni di Euro |
Val di Fassa-Fiemme-Primiero-Valsugana |
82,750 |
2.068,8 |
Stazioni di malé, Dermulo, Mezzocorona |
150,0 |
|
TOTALE |
2.218,8 |
LINEA VERDE | Km strada ferrata | Milioni di Euro |
Valsugana-Trento |
30,500 |
762,5 |
Stazioni di Borgo Valsugana e di Pergine |
100,0 |
|
TOTALE |
862,5 |
TOTALI |
Milioni di Euro |
TOTALI LINEE FERROVIARIE (Km 170) |
4.250,0 |
TOTALE NUOVE STAZIONI (11) |
550,0 |
TOTALE GENERALE |
4.800,0 |
Una cifra di 4,8 miliardi di Euro non è
da poco, basti pensare che il capitale complessivo richiesto per
il Ponte di Messina era di
circa 6 miliardi di euro, dei quali 4 servivano per
la costruzione del ponte vero e proprio, e gli altri due per le
infrastrutture necessarie al collegamento e al funzionamento del
ponte.
Reperire una cifra così grande sul mercato finanziario è la sfida
reale del progetto, anche perché il tunnel sotto la Manica ha
dimostrato che il ricorso al credito tradizionale sarebbe un vero e
proprio disastro. Il Ponte di Messina (ahimè stoppato da un governo
accecato dall'odio per tutto ciò che proveniva dalla legislatura
precedente) aveva invece introdotto una novità davvero creativa,
che consisteva in una serie di operazioni finanziarie tra loro
concatenate. Partivano da un finanziamento in conto capitale di 2,4
miliardi di Euro versati in una società formata da RFI (Ferrovie),
Anas, Regioni Sicilia e Calabria, pari al 40% dell'intero
fabbisogno. Il restante 60%, pari a 3 miliardi e 600 milioni di
euro, doveva reperirlo la società stessa attingendo al mercato
finanziario mediante l'emissione di obbligazioni («bond» in
inglese) o quant'altro ideato dagli ingegneri della finanza
internazionale affinché l'indebitamento non rispondesse ai tassi
attivi delle banche ma a quelli passivi, ovvero assimilabili alla
rendita dei BOT.
Con una valutazione a pieni voti ottenuta dalla Provincia autonoma
di Trento sia da Moody's che da Fitch, non sarebbe un problema
collocare i Bond sul mercato. E poiché Dellai ha detto in
conferenza stampa che una parte dei quattrini verrebbe messa
direttamente dalla Provincia, siamo a ricalcare più o meno
l'esperienza fatta per il Ponte di Messina (40-60%).
Secondo noi, quindi, perfettamente realizzabile da punto di vista
finanziario.
Quello che non è stato chiarito alla presentazione, è stato il
rapporto costi-ricavi. Non si parla di costi di impianto (quelli di
cui sopra, per intenderci), sia ben chiaro, perché la realizzazione
dell'opera non è soggetta ad ammortamento.
«Le strade, le ferrovie ed altre opere di questo genere - aveva
detto l'ingegnere De Col alla presentazione - non sono soggette ad
ammortamento.»
Come dire che il proprietario dell'opera (lo Stato, o la Provincia
come in questo caso) non intende riversare gli investimenti sui
costi di gestione. L'opera è sua e se la tiene.
Diverso il discorso per il materiale rotabile e per i costi di
gestione. I primi vanno inseriti in quota di ammortamento nel conto
economico e in fondo ammortamento nel conto capitale. I secondi
sono quelli derivanti dal funzionamento della rete ferroviaria.
I ricavi derivano dalla vendita dei biglietti e degli abbonamento,
dal trasporto merci, dalla pubblicità e altri proventi. In realtà
non abbiamo sufficienti dati per valutare le cifre offerte in
ipotesi dalla Provincia. Si parla di un raddoppio dei passeggeri
trasportati ogni giorno giorno, e questo può essere più che
credibile, anche perché l'iniziativa stessa è nata sulla scorta
delle analisi fatte sulle risultanze di un'indagine commissionata
apposta dalla Provincia sulla mobilità in Trentino (della quale
parleremo nel prossimo intervento).
Il raddoppio delle persone trasportate, tuttavia, se è un dato
socialmente di per sé molto rilevante, non è invece indicativo di
un maggiore ritorno economico.
Quanto ci è stato detto in merito è solo che «i costi saranno più
ridotti». Quindi, per il momento si tratta solo di credere o non
credere. Certo è però che gli aspetti sociali (dei quali anche
parleremo affrontando le analisi della citata ricerca commissionata
dalla PAT prima di procedere alla stesura di questo piano di
fattibilità) vanno in primissimo piano già adesso che il trasporto
pubblico viene sopportato in gran parte da mezzi su gomma.
Per farlo però è necessario conoscere in dettaglio le ipotesi di
traffico fatte in termini di Passeggeri/Chilometro/Trasportati
rispetto alla situazione attuale a fronte di una capacità offerta
che si prospetta doppia. Anche il coefficiente di riempimento potrà
essere determinato sulla scorta di dati che allo stato non sono in
nostro possesso.