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Guardia Sanframondi: i «Riti settennali» – Di Luciana Grillo

Non ci sono luminarie né banchetti che vendono souvenir; un silenzio irreale avvolge le strade… Ciascuno è invitato a riflettere sulla fede e a escludere la superstizione

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Quando in agosto, a Guardia Sanframondi, si chiudono i Riti settennali, si comincia subito a prepararsi per i successivi Riti, come se l’intera popolazione calcolasse il tempo di settennio in settennio.
La Comunità parrocchiale è protagonista dei Riti, tutti gli abitanti sentono il dovere di offrire il loro contributo, fin dalla più tenera età: i piccoli come angioletti, i ragazzi impegnati nei Misteri, gli adulti in tutto ciò che occorre perché i Riti siano giornate di penitenza e comunione, di adorazione e di dialogo con il Signore.
Ogni rione ha la sua Chiesa ed il lunedì successivo al 15 agosto i fedeli del Rione Croce al suono della campana si ritrovano nella chiesa di san Rocco e, dopo aver composto i «quadri viventi» si avviano in processione verso il Santuario dell’Assunta.
 
Il martedì tocca al Rione Portella (accompagnato ancora dal Rione Croce), il mercoledì al Rione Fontanella insieme al Rione Portella, il giovedì al Rione Piazza con il Rione Fontanella.
Il venerdì si muove ancora il Rione Piazza, il sabato attraversano il pittoresco centro storico le processioni del Clero e delle Associazioni Cattoliche.
La domenica i Riti giungono al culmine, con la solenne processione che percorre tutto il paese e dura l’intera giornata: già alle prime luci dell’alba in paese c’è gran movimento; in tutte le case ci si prepara ad accogliere migliaia di persone che, dall’Italia e dall’estero, raggiungono Guardia, alcune per fede, altre per curiosità.
 

 
Chi scrive ha avuto il privilegio sia nel 2010 che nel 2017 di vedere dai balconi del bel palazzo Sellaroli l’arrivo del coro, dei flagellanti, dei protagonisti dei quadri mistici, dei battenti davanti alla Chiesa di San Rocco, nel Rione Croce.
Ho sentito canti e preghiere, non una voce di troppo, né chiasso o commenti inopportuni.
E intanto, lungo le strade della processione, c’era chi predisponeva le sedie, chi preparava i panini da offrire, chi accatastava innumerevoli bottiglie di acqua.
Noi «stranieri» ci siamo sentiti accolti da una comunità ospitale e generosa, anche quando, partiti dal palazzo Sellaroli, attraverso vicoli e scale, abbiamo raggiunto la piazza della Chiesa dell’Assunta per salire sulla terrazza più alta di un palazzo e seguire l’inizio della processione che parte dopo la celebrazione della Messa ed è preceduta dai campanelli – anche questi accompagnati da una storia che li data 1048 – che quando oltrepassano i confini di un Rione vengono affidati ai rappresentanti del Rione che si attraversa.
 
I primi a uscire in corteo sono i Rioni, con stendardo e quadri viventi, cioè rappresentazioni allegoriche della Sacra Scrittura, delle vite dei Santi, della storia della Chiesa, dei dogmi di Fede e dei Principi morali.
Incedono lentamente, mantenendo lo stesso atteggiamento figurativo per ore, camminando a volte all’indietro, indossando costumi d’epoca, uomini donne e bambini… anche questo è un modo di fare penitenza!
Il momento più emozionante (e più discusso) per chi, seduto davanti ad un portone, assiste alla processione da credente o da ateo, è l’arrivo dei battenti che, usciti dalla Basilica Santuario, dopo essersi inginocchiati al grido di «Fratelli, in onore di Maria, con forza e coraggio, battetevi!», si incolonnano portando nella mano sinistra un Crocifisso e nella destra una «spugna», cioè un pezzo di sughero da cui fuoriescono punte di spilli.
Sono vestiti di bianco fino ai piedi, incappucciati. Davanti il saio presenta un’apertura ed è lì che i battenti si percuotono con la spugna provocando il sanguinamento del torace.
 

 
Mentre i battenti avanzano, sotto il sole caldo dell’estate, alcune donne cantano litanie e dei volontari corrono dall’uno all’altro per disinfettare le ferite con vino bianco.
La processione è tanto lunga che in una piazza i battenti, quando è già pomeriggio, incontrano la statua di Maria che chiude il corteo: quello è il momento in cui la colonna si disperde e tutti i battenti – che hanno sì esteriorizzato la loro penitenza, ma in assoluto anonimato – corrono a casa a cambiarsi per trovarsi poi davanti al Santuario al rientro della statua.
C’è chi parla dei battenti come di «attori di uno spettacolo», chi li vede quali «penitenti che implorano il perdono»: da tutto il mondo arrivano giornalisti mentre canali televisivi in diretta trasmettono l’evento. Cosa dire?
 
Fin dalla mia prima volta, quando andai a Guardia Sanframondi armata di curiosità e di un certo scetticismo, sono stata colpita dall’atmosfera che si respira in paese: concentrazione, canti, preghiere.
Non ci sono luminarie, né banchetti che vendono souvenir; il sindaco ha chiesto di evitare i selfie e ha predisposto parcheggi periferici e navette; un silenzio irreale avvolge le strade… ciascuno di noi è invitato a riflettere sulla fede e ad escludere la superstizione.
Come ha scritto il prof. Marino Niola «quella di Guardia è una sacralizzazione dell’identità locale che ogni sette anni riannoda il filo millenario che lega passato e presente della comunità».
 
Pochi giorni prima dei Riti edizione 2017, un docente dell’Università degli Studi di Salerno, il prof. V. Esposito, ha presentato una interessante ricerca su «Il tempo dell’Assunta - riti, immagini e storia a Guardia Sanframondi» pubblicato per la casa editrice Oedipus, con il contributo, fra gli altri, di una giovane studiosa guardiese, la dottoressa Martina Benevento, a testimonianza di quanto le tradizioni destino l’attenzione degli esperti di Etnografia, che «è una disciplina che ha i tempi lunghi e il respiro profondo e denso della vita degli uomini…».
Appuntamento a Guardia Sanframondi nel 2024!
 
Luciana Gillo

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