Home | Interno | Riva Arco Torbole | Pi Djob, principe del gospel il 7 dicembre a Musicarivafestival

Pi Djob, principe del gospel il 7 dicembre a Musicarivafestival

L'intervista al musicista che viaggia sempre con un biglietto aperto: non sa mai quale sarà la prossima destinazione

image

 
La Sua voce è un biglietto di viaggio aperto, senza destinazione, perché infinite sono le destinazioni che essa permette di raggiungere. Benvenuto in Trentino Alto-Adige.
«Mi piace l'idea di un biglietto aperto. Ma se le destinazioni sono infinite, la partenza è sicuramente in Africa.»
 
Emmanuel Djob, eclettico artista camerunense, timbro inconfondibile, esploratore instancabile dei mondi del Gospel, del Soul, del Blues e del Funk. Che cosa unisce questi generi?
«L'anima è sicuramente ciò che unisce tutti i generi che sto esplorando. Qualsiasi cosa dovessi cantare o suonare, deve provenire ed essere radicata nella mia anima.»
 
Grazie di essere ospite della rassegna d’inverno di musicaRivafestival, Emmanuel, Vostra altezza, perché Lei è un principe d’ Africa, Popolo Bassa, sul capo la corona Ndog Sul. Che cosa significa, oggi, essere un principe?
«Per me, avere il titolo di principe (e presto quello di re, visto che mio padre è morto qualche mese fa) è, prima di tutto, accettare le responsabilità e i doveri che ne derivano: prendersi cura del popolo e della terra, dare giustizia (ed essere io stesso giusto). È anche essere consapevoli che la mia famiglia, la mia, sarà profondamente colpita dal fatto che, come re, appartengo a più persone e non solo alla mia famiglia.
«Non è facile da gestire. Ma farò del mio meglio.»
 
Dal Camerun Lei ha portato nel mondo tutto il suo popolo ed anche di più…
«Sì, di sicuro. Come africano e panafricano, ho la missione di aiutare la mia patria ad essere considerata e rispettata in tutto il mondo.»
 
Potente, elegante, avvolgente, soprattutto portatrice di un calore benefico per il cuore e balsamico per l’anima. La Sua voce, la Sua musica non si possono descrivere, si sentono e basta, arrivano….
«Forse viene dalla mia vita, da quello che ho vissuto come alti e bassi. Penso che essere in contatto con i lati più oscuri dell'umanità e la mia stessa umanità, e avere la grazia di sopravvivere e mantenere la fede, ti porta ad essere umile, e a capire un po' meglio. Naturalmente, suona nella mia voce. La vita, non la musica ma la vita stessa, per quanto brutta e bella possa essere. Non mi considero un cantante. Sono più un narratore di vita.»
 
Lei ha occhi buoni, occhi di bambino, sempre disposti alla meraviglia. La immaginiamo con la prima chitarra, a cinque anni. La vediamo piccolo e già consapevole, nel coro della chiesa. Ci racconta del suo incontro con la musica?
«Ho incontrato la musica nel mio ventre materno, lo so. Era un suono degli Spirituals Negri o un'esperienza Gospel: forse il Golden Gate Jubilee Quartet, forse Louis Armstrong nel suo incredibile Good Book. Da allora, ho cercato quell'emozione indicibile che sentivo: suonando strumenti armonici come la chitarra o le tastiere, o cantando in cori, gruppi gospel o da solo. Avere come unica guida ciò che sentivo così forte, nel corpo di mia madre.»
 
Gospel come narrazione di un vissuto doloroso, pagina nera della storia dell’umanità, la schiavitù. Gospel come preghiera capace di toccare le corde del cuore di tutte le confessioni. Qual è il Suo Gospel, che cosa ci mette dentro?
«Il suono del Gospel in me è il suono della libertà. Libertà di essere sé stessi, finalmente. Sia come essere umano che come africano. È anche una meravigliosa continuità della spiritualità africana, al di là di ogni considerazione religiosa. I miei antenati mi parlano e mi insegnano, nel suono del Gospel; mi dicono di non arrendermi, mi aiutano a mantenere la fede, qualunque cosa accada; sperando che io non tradisca la loro eredità e che non lasci che le loro difficoltà e sofferenze vengano patite invano. L'amore è la chiave, la gioia è la meta. Ogni nuova generazione deve conoscere quella storia, capire quel terribile dolore, portarlo e trasformarlo in gioia, perdono e accettazione di sé.»
 
A Riva del Garda protagonisti cori di diverse confessioni. Oltre la musica, colpisce la natura stessa di queste formazioni. Come si fa ad esaltare la propria personalità pur facendo parte di un tutto?
«Questa è la bellezza della Creazione. Più sarai te stesso, più darai onore al Creatore che ti ha reso unico, e più rispetterai l'unicità degli altri.»
 
Una chiave magica, si potrebbe dire. Lo è stata per un progetto che di Lei dice molto, quello con il Gruppo Percujam. Ce lo può raccontare.
«Quell'incontro con giovani musicisti autistici è una delle mie più profonde esperienze e lezioni di musica. Niente bugie, niente trucchi, niente ego: solo l'anima e la musica.»
 
Dove ci porterà la Sua musica, a Riva del Garda? Ci prenderà per mano e, ancora una volta, ci farà viaggiare partendo da noi stessi…
«È quello che cerco di fare, quando mi esibisco davanti alla gente: raggiungere le loro anime, muovendo i loro corpi. È quello che facevano i miei antenati in tutti i rituali di guarigione: per raggiungere l'anima, il corpo è l'unico contenitore. E quando si raggiunge l'anima, si può guarire il corpo."
 
Che cosa significa per Lei la parola spiritualità?
«Il modo migliore per essere te stesso, più vicino alla tua anima e alla tua missione sulla terra, nella Vita.»
 
Ne abbiamo bisogno in questo tempo sospeso…
«La gente è spaventata dai virus, dai cambiamenti climatici e così via... Perché siamo disconnessi dalla Natura. Quando i miei antenati in Africa (lo stesso in America, Australia...) onoravano la natura, l'acqua, gli alberi, la terra, gli animali, alcuni europei pensavano che fosse superstizione, o "credenze primitive". Non è così. Devi onorare te stesso così come ogni parte della creazione e della Natura, perché ognuno è stato creato con amore e cura dall'Altissimo, e ognuno ha una parte di Divinità, così come ogni essere umano. Come essere umano, sei solo una parte della Creazione.
«Forse il più cosciente per prendersi veramente cura del tutto. Non per distruggerlo, come stiamo facendo ogni giorno.»
 
Torniamo in Africa, in quella chiesa, con lei bambino. Che cosa vorrebbe per Natale?
«Vorrei che io e gli esseri umani che sono interessati da questo giorno speciale, celebrassimo il vero Natale, dal mio punto di vista: luce, pace e gioia per il mondo, perdono e umiltà. Ma le luci sono lampadine scintillanti nelle strade e i cosiddetti alberi di Natale; la gioia è egoista; la pace è uno strano spazio tra due guerre; non c'è perdono, nessuna umiltà. So comunque che alcune persone in questo mondo (cristiani o no) hanno la grazia di vivere il vero Natale. Beati loro...»
 
Per Noi, regalo prezioso sarà la Sua presenza a Riva del Garda. Abbiamo già fatto le valigie. Ci porti in volo in mezzo al mondo, con la Sua musica. La regalità risiede nell’anima, dunque grazie di cuore, Vostra altezza.
«You are deeply welcome.»

F. Q.

Condividi con: Post on Facebook Facebook Twitter Twitter

Subscribe to comments feed Commenti (0 inviato)

totale: | visualizzati:

Invia il tuo commento comment

Inserisci il codice che vedi sull' immagine:

  • Invia ad un amico Invia ad un amico
  • print Versione stampabile
  • Plain text Versione solo testo

Pensieri, parole, arte

di Daniela Larentis

Parliamone

di Nadia Clementi

Musica e spettacoli

di Sandra Matuella

Psiche e dintorni

di Giuseppe Maiolo

Da una foto una storia

di Maurizio Panizza

Letteratura di genere

di Luciana Grillo

Scenari

di Daniele Bornancin

Dialetto e Tradizione

di Cornelio Galas

Orto e giardino

di Davide Brugna

Gourmet

di Giuseppe Casagrande

Cartoline

di Bruno Lucchi

L'Autonomia ieri e oggi

di Mauro Marcantoni

I miei cammini

di Elena Casagrande