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Esperienze di vita autonoma con «La Rete» e Crosina Sartori

L’abitare inclusivo punta a migliorare la qualità di vita delle persone con disabilità

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Christian, Moreno e Nicola, col supporto della Cooperativa sociale «La Rete», vivono da anni l’esperienza dell’abitare sociale condividendo un appartamento a Canova, messo a disposizione dalla Fondazione Crosina Sartori Cloch.
Prima di arrivare qui, hanno fatto assieme un’altra esperienza, chiamata «Prove di volo»: una forma molto simile di vita comune dove hanno potuto sperimentare il distacco dalle famiglie in una forma maggiormente protetta e prendere consapevolezza delle proprie possibilità.
 
La presidente della Fondazione Crosina Sartori Cloch Debora Vichi e il direttore Mauro Rampinelli hanno fatto visita all’appartamento dove a spiegare l’esperienza sono stati, oltre ai ragazzi, i referenti de La Rete: la presidente Daniela Cordara e la responsabile dei servizi alle famiglie Roberta Santin.
Quest’ultima afferma: «L’appartamento di Canova è più di un progetto. Qui è nato il primo esperimento dell’abitare inclusivo: un modello che poi abbiamo replicato in altre situazioni e che ora fa da esempio per altre associazioni e cooperative, anche fuori dal Trentino».
 
L’abitare inclusivo punta a migliorare la qualità di vita delle persone con disabilità, attraverso ambienti comuni e non, costantemente supervisionati e coi necessari sostegni per gestire al meglio bisogni e possibili rischi.
Racconta ancora Santin: «Si crea un progetto condiviso col diretto interessato e la sua famiglia, il servizio sociale del territorio e la comunità che circonda l’esperienza.
«Le persone hanno la possibilità di sperimentare esperienze di vita adulta; ognuno ha capacità differenti e spesso, assieme, trovano soluzioni efficaci.
«Capita frequentemente che le capacità espresse vadano oltre le aspettative di operatori e famiglie.»
 
Come è nata l’idea?
«La carta dei diritti dell’Onu stabilisce che ognuno deve poter scegliere dove e con chi abitare. L’altro spunto è quello che ha ispirato anche la legge sul dopo di noi.
«Ci siamo detti: perché aspettare il dopo, sperimentiamo subito nuove vie di autonomia. Aiutiamo le famiglie a sostenere il ragazzo: al pari di quanto si farebbe con uno studente fuori sede; loro li vedono allontanarsi un po’, ma il risultato alla fine convince tutti.»
 
La Rete sostiene senza sovrapporsi: un team educativo organizza visite all’appartamento una volta a settimana per una breve riunione, per il resto le persone vivono la loro vita.
Christian lavora a Spini e gioca a calcio; Nicola lavora a Ravina dopo che per anni ha fatto il cameriere a Caldonazzo; Moreno lavora con le mele in un Consorzio nel suo paese d’origine.
La passione per l’Aquila basket, l’amore di Moreno per la musica anni Ottanta (soprattutto «Cicale» di Haether Parisi) e le incombenze quotidiane (pulizie, spesa, pasti...) segnano la vita di questi ragazzi, unite alle relazioni offerte dalle famiglie e dalla rete di amici e volontari.
 
Il progetto ha superato i 5 anni di esperienza, è stato finanziato all’inizio da Aquila basket per quanto riguarda gli arredi delle parti comuni e ha avuto il supporto di Fondazione Cattolica Assicurazioni.
Oggi le esperienze dell’abitare sociale sono finanziate da Etika di Dolomiti Energia che, in parte, si è ispirato proprio all’esperienza de La Rete.
Si sta attuando anche una legge provinciale che favorisce la nascita di queste esperienze: un bel segnale per il futuro.

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