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Pietre d’inciampo aricordo di Albino Nichelatti e Arturo Tomasi

Sono state collocate a Trento in via San Martino e in corso Alpini, al ricordo perenne dei due trentini che vennero prelevati nel 1943 per essere deportati in Germania

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Le pietre d’inciampo in memoria di Albino Nichelatti e Arturo Tomasi sono state posizionate in via San Martino 59 e in corso Alpini 11.

Riprendendo le fila di un percorso iniziato in occasione della giornata della memoria del 2020, Trento ha posato le sue prime due pietre d’inciampo, a ricordo di due concittadini che hanno vissuto l’orrore di anni che rischiano di essere dimenticati.
Albino Nichelatti, nato a Trento nel 1880 morì a Mauthausen il 24 aprile del 1945, pochi giorni prima che i carri armati americani liberassero i sopravvissuti del lager.


 
Era un detenuto politico: da tecnico della Todt, aveva infatti sottratto i disegni delle fortificazioni della linea gotica per aiutare la Resistenza partigiana e gli alleati.
Arturo Tomasi, nato nel 1912, arrestato nel 1943 e deportato a Flossenbürg, a ingrossare le fila dei lavoratori forzati delle fabbriche del Reich, riuscì miracolosamente a sopravvivere alla prigionia e a tornare a casa.
 

 
Nella cerimonia a palazzo Geremia sono intervenuti il sindaco Franco Ianeselli, il direttore della Fondazione Museo storico del Trentino Giuseppe Ferrandi, i famigliari di Albino Nichelatti e Arturo Tomasi (Renato Riedmueller e Loredana Chinatti) e Eva Frizzi del progetto «Promemoria Auschwitz.EU- Il viaggio della memoria» promosso da Arci del Trentino e Deina Trentino, con il sostegno della Provincia autonoma di Trento.


 
Nella sua riflessione il sindaco ha sottolineato che «sta crescendo attorno a noi quella che è stata definita la città senza memoria, la città indifferente, che non sa o non vuole sapere nulla dei lager, che ignora cosa furono le leggi razziali, che giustifica o peggio nega quello che giustificare e negare non si può».
Per essere una città diversa, Trento ha scelto di spezzare le sue strade con le pietre d'inciampo, «pietre che, rompendo all'improvviso l'uniformità della pavimentazione, segnano una tragica geografia urbana di cui è necessario conservare le tracce».

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