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Il romanzo dell'estate: «Operazione Folichon» – Prologo

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PERSONAGGI


Dott. Marco Barbini

Imprenditore italiano

On. Vittorio Giuliani

Senatore della Repubblica Italiana

Arch. Giovanni Massari

Imprenditore italo americano

Eva de Vaillancourt Massari

Moglie di Massari

Geneviève Feneuillette

Baby-sitter di casa Massari

Antonio Longoni
Cesare Agnolin
Giancarlo Negroni

Soci d'affari di Massari

Julienne (Giulia) Lalancette

Assistente di Massari

Rag. Luciano Pedrini (610)

Promotore finanziario di Massari

Giuseppe Kezich

Maestro di caccia

Amélie Varenne

Estetista di Eva Massari

Ing. Giorgio Scolari

Titolare del calzificio Technolycra Spa

Col. Antonio Marpe

Dirigente del Gico

Gen. Massimo Frizzi

Alto funzionario della DIA

Massimiliano Corradini

Finanziere sotto copertura del Sisde

Ammiraglio Nicola Marini

Direttore del Sismi


®
Guido de Mozzi

«Operazione Folichon»

Primavera - Estate 2010

Nomi, fatti e personaggi di questo romanzo sono frutto della fantasia dell'autore.
Eventuali riferimenti alla realtà sono fatti solo per inquadrare il momento storico di riferimento.
Il locale «Le Folichon» esiste, ma non è mai stato teatro di fatti come quello descritto nel presente romanzo.



PROLOGO
Roma, novembre 2001.


«Buonasera signor Ministro. Eccellenze…»
Su richiesta del Direttore del Sismi, ammiraglio Nicola Marini, il Ministro degli Interni aveva convocato al Viminale il Comitato per l'Ordine e la Sicurezza Nazionale dello Stato, perché era sorto un problema. Il Servizio di controspionaggio militare seguiva per conto del Presidente del Consiglio un'operazione messa in piedi dal Gico, ma purtroppo era entrata in collisione con un'altra più importante e complessa gestita da un'altra Struttura dello Stato. Di conseguenza il direttore del Sismi aveva suggerito opportunamente la convocazione del Comitato in forma ristretta, per ridurre al massimo la possibilità di fuga di notizie, sia pur involontarie, grazie all'assenza tecnica del generale comandante della Guardia di Finanza. Non che il Capo del Governo dubitasse della fedeltà delle Fiamme Gialle, per carità, ma due validissime ragioni gli imponevano di giocare su più tavoli.
Primo, l'operazione era estremamente complessa e di dimensioni a dir poco inusuali. Lo Stato Italiano avrebbe incamerato i soldi riciclati dalla disciolta organizzazione mafiosa del Brenta, ma per poterlo fare avrebbe dovuto anticipare una montagna di quattrini. Per la precisione, l'operazione richiedeva l'esborso immediato di millecinquecento miliardi di lire italiane da versare alle banche canadesi per riscattare le ipoteche, ma consentiva per contro il recupero della considerevole somma di tremila miliardi mediante il collocamento ponderato dei relativi immobili sul mercato. Una cifra dunque di tutto rispetto, ma che in caso di fallimento avrebbe potuto mettere a rischio la fiducia stessa del Governo di fronte al Parlamento. Per questo si imponeva doppia precauzione.
Secondo, particolare non da poco, il Ministro delle Finanze era di altro partito della coalizione di governo, mentre il successo andava equamente suddiviso nelle rispettive carature. Questo era pacifico, ma non automatico. Gli accordi politici non vengono rispettati. Mai.

In mezzo ai duecento metri quadri della sala riunioni del Viminale, stava un tavolo in noce nazionale composto di moduli rettangolari di dimensioni proporzionate al salone, circondato da una trentina di pesanti sedie di noce massiccio e cuoio bulgaro stile rinascimentale. Alle pareti stava un'altra ventina di sedie uguali, mentre un paio di tavoli stavano ai lati dell'ingresso per il servizio d'ordine formato da giovani funzionari della Polizia di Stato e ufficiali dei Carabinieri in borghese. Un grande quadro abbelliva la parete priva di finestre, il cui soggetto - caro al Ministro dell'Interno - rappresentava la Presa di Porta Pia da parte dei Bersaglieri, corpo nel quale il ministro aveva prestato il servizio militare.
Ogni posto a sedere aveva una teca di cuoio uguale a quello delle sedie, un portapenne di acciaio e madreperla, un portacenere di onice (nel 2001 si poteva fumare), un telefono moderno, un microfono con luce-spia e interruttore, una serie di prese per energia elettrica e computer e una lampada da lettura di vetro verde che non illuminava il viso. In mezzo al tavolo vi erano centraline telefoniche viva voce, dal soffitto pendevano videoproiettori, sotto il tavolo c'erano dei pulsanti per consentire al convenuto di chiamare uno o più collaboratori che attendevano fuori.

A dispetto di tanta disponibilità di posti c'erano poche persone e, al solito quando si trattava del Comitato ristretto, nessuno stava a capotavola. Da una parte sedeva il Ministro, alla cui destra c'erano il Capo della Polizia e un alto dirigente della DIA, mentre alla sua sinistra stava il Sottosegretario con delega ai Servizi di sicurezza. Di fronte sedevano il Segretario Generale della Farnesina, il Direttore del Sismi, il Direttore del Sisde e il Capo di Gabinetto del Tesoro.
«Buonasera, Direttore.»
Come d'uso, il Ministro aveva iniziato passando subito la parola al relatore, e il Direttore del Sismi andò subito al punto.
«Signor Ministro, eccellenze, la situazione è questa. In seguito ad alcuni imprevisti, con ogni probabilità il Gico dovrà anticipare i tempi. Attende solo il via libera dal Presidente del Consiglio. E il Presidente attende il parere di questo Comitato.»
Difficilmente il Ministro prendeva la parola, se non alla fine per siglare le decisioni emerse nel corso della seduta.
«Di che imprevisti si tratta?» - chiese infastidito il Capo di Gabinetto del Tesoro.
Il massimo burocrate del Tesoro era sempre stato diffidente verso qualsiasi operazione che comportasse un sia pur minimo rischio finanziario. Deformazione professionale. Ma al Comitato, ristretto o allargato che fosse, non si sprecavano mai le parole. Si trattava comunque delle migliori menti offerte dal Paese e ognuna di queste pronunciava il minimo indispensabile, in primis l'espressione naturale della propria categoria. Nel caso di specie, il Gico (volutamente assente) aveva fin dall'inizio assicurato al Ministro delle Finanze che non ci sarebbero stati rischi di sorta, mentre il Sismi aveva ammonito che nei piani operativi l'imprevisto era la variabile solitamente più accreditata. A volte si trattava di semplici fenomeni di coincidenza, a volte l'imperscrutabile legge del caso, a volte vere e proprie premeditazioni del destino.
Una pallina da golf…, pensò l'interpellato con un certo imbarazzo.
«Di che imprevisto si tratta?» - Stavolta aveva parlato il segretario generale della Farnesina.
Una pallina da golf…, si ripeté mentalmente il direttore del Sismi prima di rispondere. Come diavolo doveva classificarla?
«L'imponderabile...» - rispose poi con sicurezza. Al solito, aveva detto tutto e niente.
«E lei crede alla… diciamo, casualità?» - incalzò il Capo della Polizia, che per forma mentis non credeva assolutamente mai alle coincidenze. Per contro di solito apprezzava l'atteggiamento realistico del Sismi.
«Stavolta, - gli rispose con pacatezza il Direttore affinché lo sentisse il Ministro, - il destino ha un nome e un cognome e lo stiamo controllando da vicino.»
Conoscendo la persona in questione, certo Marco Barbini, il Direttore non era proprio sicuro che si trattasse di una delle tre eventualità citate, ma non volle dire che con ogni probabilità sarebbe andato tutto a puttane. La macchina organizzativa era ormai inarrestabile.
«C'è una struttura ufficiale alle costole di questo… ehm, imprevisto?» - Il Segretario Generale degli Esteri si era rivolto al dirigente della DIA, ma non gli stava chiedendo se avesse sotto controllo il problema. Il più delle volte il Sismi agiva nell'ombra, mentre la Divisione Investigativa Antimafia si serviva di magistrati e, contrariamente al Sismi, anche di carabinieri in forza al Ministero degli Esteri. Un altro dirigente della DIA presente in sala, un ex generale dei carabinieri già responsabile dell'Ufficio K del Sismi, si limitò ad annuire.
«Forse è meglio coadiuvarlo.» - Aggiunse il sottosegretario agli Interni, sempre attento a possibili ripercussioni politiche. In un eventuale rimpasto sarebbe rimasto tagliato fuori, perché aveva già operato nell'Esecutivo per cinque anni.
Il Direttore del Sisde non prese la parola. La sua presenza era solo funzionale e, come sempre, piuttosto defilata.
«Allora?» - domandò a quel punto il Direttore del Sismi per tirare le fila. Non sopportava nessuno dei colleghi. - «Qual è la posizione del Comitato?»
«Mi raccomando, Direttore. - concluse allora il Ministro, dopo aver dato una scorsa ai volti dei presenti. - Cintura e bretelle.»
«Signorsì, signore.»
Dunque, alle ore 23, il Comitato Ristretto aveva approvato. Se la sala fosse stata infestata da cimici, cosa che era impossibile, nessun ascoltatore sarebbe stato in grado di capire che cosa era stato deciso e in merito a che operazione.
Senza dire altro le eccellenze si alzarono e se ne andarono via.
Il dirigente della DIA passò dal suo ufficio in zona Prati, dispose alcune comunicazioni in codice, fece alcune telefonate da una linea protetta, quindi si fece accompagnare a casa dopo la mezzanotte.
Il Direttore del Sismi invece passò da Forte Braschi a stendere il verbale per il Presidente del Consiglio. Era un ammiraglio e preferiva sempre tracciare una rotta prima di salpare.

L'indomani mattina, poco prima delle sei e trenta, il Direttore del Sismi era già a casa del Presidente del Consiglio per informarlo che la sua linea era stata approvata. Lasciò che il Presidente camminasse avanti e in dietro per qualche minuto nel suo studio privato in Via Crispi, assorto nei pensieri. L'ammiraglio volle rassicurarlo.
«Due nostri agenti sono comunque stati infiltrati da tempo, signor presidente. La situazione è sempre stata sotto controllo e la seguiamo passo per passo. Uno di essi è autorizzato, se necessario, a improvvisare e intervenire sul campo senza chiedere consenso preventivo.»
Ma il Presidente stava pensando ad altro.
«Lei deve agire subito e giocare d'anticipo. - disse infine, confermandosi agli occhi del Direttore quel grande Uomo di Stato che era. - Primo. Attivi il programma protezione testimoni e faccia scomparire il contatto. Quanto tempo ci vuole?»
«Non più di quarantotto ore, presidente.»
«Gliene do settantadue. Secondo. Abbiamo una SIM Off-shore con disponibilità immediata per un miliardo di dollari?»
«Possiamo sentire il Sisde.»
Il Direttore del Sisde stava attendendo il suo turno nel salotto. Il Presidente lo fece chiamare.
«Il Sisde ne ha due, al momento. - rispose il responsabile del servizio segreto civile. - La Selfig e la Carinvest non superano la disponibilità di centocinquanta milioni.»
«L'amministratore della Selfig è sempre Massimiliano Corradini?» - chiese il Presidente.
«Sì, signor Presidente.»
«Lo allerti. - Corradini non piaceva al Presidente perché era un bastardo e portava sempre un volgare braccialetto d'oro massiccio al polso destro, ma doveva pur sempre scegliere i collaboratori per quello che potevano servire. - Voglio che sia la Selfig a gestire l'operazione finanziaria. Adopero un manager bastardo e senza scrupoli che sia disposto all'occorrenza a vendere la pelle di sua madre per fare tamburi, se necessario. Prenderà disposizioni dalla DIA.
«Corradini?» - Intervenne l'Ammiraglio Marini. Il personaggio non gli piaceva perché aveva già fatto fallire una SIM per oscuri motivi.
«Se Corradini ha dei dubbi, - tagliò corto il Presidente, - lo mandi da me.»
«Non ce ne sarà bisogno, Presidente.»
«E allora può andare. Grazie.»
Il Sisde usciva di scena.
«A chi affidiamo la responsabilità dell'intera operazione?» - chiese il direttore del Sismi non appena furono soli.
«Alla DIA.» - rispose il Presidente.
«Alla DIA? - ripeté l'ammiraglio sorpreso. - Non è parte in causa?»
«Sì, ma ha i capitali necessari.»
«Si riferisce all'Operazione Barbarossa
I Tedeschi nella Seconda guerra mondiale avevano chiamato così l'invasione della Russia, e la Direzione della Dia aveva chiamato così la più grossa operazione finanziaria mai messa in piedi per combattere la criminalità organizzata.
«Cosa sa dirmi di Massimo Frizzi?»
Frizzi era il titolare dell'Operazione Barbarossa.
«Massimo Frizzi è un generale dei Carabinieri. Ieri era presente anche lui al Comitato Ristretto.»
«Che tipo è?»
«Non molto alto, magro, scuro di capelli, quarantatrè anni, nervi d'acciaio…»
«Ammiraglio, non mi interessa sapere come è fatto…»
«Mi scusi. - Il Direttore chinò percettibilmente il capo. - Dirigeva il nostro Ufficio K, incarico che ha lasciato con lo scioglimento di Gladio. Se ne intende di alta finanza, era stato lui ad intuire gli effetti dell'Euro sul riciclaggio del denaro sporco, e per questo è uno dei più influenti dirigenti della DIA. Sa come muoversi nel mondo della finanza internazionale. Ufficialmente non è un massone, ma si muove bene anche lì. Inoltre è un bastardo.»
«Come Corradini?»
«Corradini in confronto è una mammoletta.»
«Allora dica a Frizzi che in cima alle priorità deve mettere la sicurezza del capitale a rischio. Ne va la stabilità della legislatura.»
«Sì, signor presidente.»
«Mi riferisco all'imprevisto
«Sì, signore.»
«Alla pallina da golf, come l'ha chiamato lei.»
«Sì, signore.»
«Se necessario va tolto di mezzo.»
«Sì signore. E questo vale anche per il pentito
«Sì.»
«D'accordo, signore.»
Breve pausa di riflessione.
«La famiglia del pentito non va toccata.» - Aggiunse poi.
«Naturale, signore.»
«Sono stato chiaro?»
«Ho capito, signor presidente.»
«Bene, direttore. Allora convocherò il Ministro delle Finanze per autorizzarlo ad attivare l'operazione… Com'è che la chiamano quelli del Gico?»
«Folichon, presidente, Operazione Folichon

(Continua)

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