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Il romanzo dell'estate: «Operazione Folichon» – Capitolo 11°

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®
Guido de Mozzi

«Operazione Folichon»

Primavera - Estate 2010

PERSONAGGI


Dott. Marco Barbini

Imprenditore italiano

On. Vittorio Giuliani

Senatore della Repubblica Italiana

Arch. Giovanni Massari

Imprenditore italo americano

Eva de Vaillancourt Massari

Moglie di Massari

Geneviève Feneuillette

Baby-sitter di casa Massari

Antonio Longoni
Cesare Agnolin
Giancarlo Negroni

Soci d'affari di Massari

Julienne (Giulia) Lalancette

Assistente di Massari

Rag. Luciano Pedrini (610)

Promotore finanziario di Massari

Giuseppe Kezich

Maestro di caccia

Amélie Varenne

Estetista di Eva Massari

Ing. Giorgio Scolari

Titolare del calzificio Technolycra Spa

Col. Antonio Marpe

Dirigente del Gico

Gen. Massimo Frizzi

Alto funzionario della DIA

Massimiliano Corradini

Finanziere sotto copertura del Sisde

Ammiraglio Nicola Marini

Direttore del Sismi


Nomi, fatti e personaggi di questo romanzo sono frutto della fantasia dell'autore.
Eventuali riferimenti alla realtà sono fatti solo per inquadrare il momento storico di riferimento.
Il locale «
Le Folichon» esiste, ma non è mai stato teatro di fatti come quello descritto nel presente romanzo.


Capitolo 11.



Alle 9.30 di mercoledì 18 novembre, Eva, Amélie, Geneviève e i bambini uscivano nella grande Hall della Malpensa. Ad attenderli c'eravamo io, mia moglie, Roberta e il nostro Art director. Ma c'erano anche il titolare della Technolycra Spa Giorgio Scolari con la figlia, che avevano convocato per l'occasione fotografi e giornalisti. Presentazioni, baci ed abbracci. Gli ospiti salirono con Roberta sul pullmino dell'Hotel Diana Majestic di Milano, mandato apposta per loro. Salii anch'io per un paio di minuti, giusto il tempo di conferire riservatamente con Gène. Aprii una valigetta di plastica rigida contenente una Beretta calibro nove corto con tre caricatori. Le si illuminò il viso e accennò sulle labbra un grazie che non si sentì. La prese e la fece sparire velocemente.
«Questo è il porto d'armi, rilasciato apposta per cittadini stranieri che fanno il tuo lavoro.» - le dissi. In realtà, sia il permesso che l'arma mi erano stati consegnato dalla Guardia di Finanza, su intercessione di Marpe.
«E questo è per te, da parte di Giulia.» - Mi disse Eva con l'espressione tipica della complicità femminile. Era un pacchetto giallino piuttosto voluminoso, tutt'altro che intimo insomma.
Tornai in macchina e ci recammo direttamente allo studio di produzione, mentre gli ospiti si recavano in albergo. Avrebbero pranzato con i titolari della ditta di calze.
Mia moglie impartì istruzioni a tutti, affinché venissero rispettati tempi e metodi. Il costo di una produzione può anche sballare del doppio, se non la tieni sotto controllo. E dato che gli artisti hanno una concezione tutta loro del lavoro, si assicurò che anche lo studio comprendesse la situazione.
«Se la campagna non parte ai primi di dicembre, - Ricordò, - La Technolycra rischia di perdere le vendite dei prossimi sei o sette mesi.»
«Può confermare le prenotazioni degli spazi televisivi, signora.» - La rassicurò, non so in base a che cosa, il direttore di produzione.
«Dovrebbe sapere meglio di me che accettano prenotazioni ravvicinate solo se hanno in mano almeno un primo spot, fosse anche il numero Zero.»
Si fece accompagnare a controllare i vari ruolini di marcia dello studio e assicurarsi così che, nella successione dei tempi tecnici, anche le fasi audio, post-produzione ed edizione, fossero state davvero riservate a noi. Altrimenti voleva dire che non ci credevano neanche loro. Ma trovò tutto a posto.
Mentre ognuno faceva il proprio lavoro, io aprii la busta di Giulia. Conteneva alcune copie di due quotidiani di Québec City, Le Journal de Québec e Le Soleil. Attaccato alla prima pagina di ognuno c'era un biglietto con l'indicazione della pagina alla quale andare a vedere. Domenica, si leggeva su entrambi, erano stati trovati i cadaveri di due uomini sui trent'anni, di razza algonchina. Lunedì, invece, c'era in prima pagina la notizia che questi erano stati identificati. All'interno si leggeva che si trattava di due pellerossa conosciuti come personaggi equivoci che lavoravano nel campo della prostituzione hard. I nomi d'arte erano Mazarin e Richelieu. Uccisi con arma da taglio. Due colpi a testa, uno al fegato e uno al collo. L'arma non era stata trovata.
Non sapevo come valutare la notizia ed ero troppo indaffarato. Ci avrei pensato un altro momento. Prima di gettare il contenitore di carta controllai che fosse vuoto, trovandovi una piacevole sorpresa. Un paio di mutandine usate, sottili sottili tipo perizoma, erano tutte per me. Le riconobbi, erano di Giulia. La ringraziai mentalmente provando una piacevole sensazione di appartenenza.

Giovedì si iniziò a lavorare dopo mezzogiorno. Dovevano smaltire il fuso e ritenemmo che la cosa migliore fosse iniziare con le sei ore di ritardo che differenziano i due Paesi. Mia moglie era ritornata a casa la sera prima, dopo aver fatto firmare gli ingaggi e le liberatorie agli attori. I titolari della Technolycra Giorgio e Angela Scolari sarebbero rimasti ancora una giornata, per vedere l'effetto delle calze con le nuvolette che il loro ufficio tecnico era riuscito a realizzare in meno di due giornate. Gène era andata con i bambini a vedere il Duomo e il Castello di Milano; i bambini parlavano italiano e le avrebbero fatto da interprete.
Amélie, prima addestrò i truccatori come voleva lei, poi si mise a disposizione dei signori Scolari e del sottoscritto.
«La prego di voler indossare queste calze.» - Le chiese l'ingegner Scolari con un'eleganza che fece lusingare Amélie.
«Come mi metto?» - Mi sussurrò lei prima di recarsi dietro un separè.
«In vestaglia, con sotto solo le mutandine di scena. E le calze.»
Quando uscì, tutti avevamo gli occhi su di lei.
«Si può accomodare su questa sedia?» - Chiese Scolari, che sapeva benissimo come condurre l'esperimento.
Lei si sedette lasciando scoprire le gambe con eleganza. La guardammo. Le nuvolette erano un tocco di grazia femminile impagabile. Le sue rotondità uscivano di una grazia infinita.
«Lo sapevo. - Disse Giorgio a sua figlia. Poi si rivolse nuovamente ad Amélie. - Potrebbe accavallare le gambe?»
«Certamente.»
«Gradirebbe ora indossare i collant?»
Amélie mi guardò.
«Con il tuo beavar. - Suggerii sottovoce. - Il tuo castorino…»
Dopo un po', Amélie mi chiamò dietro il separè.
«Sono a posto?» - Mi chiese aprendo la vestaglia. Era a posto, ma era agitatissima e aveva solo bisogno di coraggio. La invitai ad uscire mostrandomi soddisfatto. Uscì dopo di me, si sedette e scoprì la vestaglia timidamente. Allora mi avvicinai e gliela scostai di più, finché lei prese coraggio e ritrovò nuovamente la sua femminilità dominante. Accavallò le gambe e si lasciò guardare così. Poi ripeté la scena scambiando l'accavallamento delle gambe. Stile Basic Instinct.
«Può alzarsi e togliere la vestaglia?» - Domandò l'ingegner Scolari, che non si aspettava il castorino che portava. Lei lo fece. Rimasi a guardare i due e capii subito come sarebbero andate le cose.

Mi recai da Eva e conobbi finalmente l'altra attrice, Manuela. Mi accorsi solo allora che aveva un viso bellissimo e lo dissi a Roberta.
«Questo lo nota solo adesso perché sulle foto guardava altre cose. - Brontolò maliziosa. - D'altronde, doveva pur valutare le gambe, no?»
Impiegarono l'intero pomeriggio a trovare un raccordo professionale. Prima sintonizzarono la lingua, decidendo che avrebbero parlato inglese. Poi socializzarono arrivando alla logica che i rispettivi personaggi, pur giocando ruoli diversi, avrebbero avuto il medesimo peso. Infine familiarizzarono, provando ad entrare nelle proprie rispetive parti: Eva la mamma e Manuela la figlia.
La sceneggiatura prevedeva che la mamma, ballerina classica di successo ora a riposo, insegnasse alla figlia, ballerina classica esordiente, la Danza dei sette veli. L'erotismo in questo modo per il pubblico sarebbe stato presente solo nel pensiero laterale. Anzi, ad un terzo livello di percezione. Si otteneva così il consenso del perbenismo estetico, ma veniva anche suscitato l'appetito inconscio che poi sarebbe emerso in sede di erotismo reale nell'atteggiamento all'acquisto.
Da lunedì, io, Roby e l'Art Director avevamo lavorato giorno e notte per realizzare lo story-board per lo spot di Amélie, cercando di interpretare la creatività intuitiva dell'ingegner Scolari. Dopo la prova preliminare di quel pomeriggio avevamo cambiato quasi tutto, ma stavolta avevamo impiegato molto ma molto meno. Quella sera, a cena, Giorgio Scolari invitava Amélie nella sua casa di montagna a Madonna di Campiglio per le vacanze natalizie. Lei si era riservata di accettare, ma nel frattempo non avrebbe disdegnato di parlare d'affari con lui.
«Lei vende già le sue calze in America?» - Aveva chiesto infatti Amélie.
«Pochissimo. - Aveva risposto lui. - Più di un importatore me le ha chieste, ma nessuno ha mai spinto più di tanto. Il mercato è libero.»
«Le affiderebbe a me?»
«Lei ha una rete di vendita?»
«In Canada e negli USA. - Annunciò. - Vendo cose di nicchia, ma ce l'ho. E mi sembrerebbe giunto il momento di lavorare seriamente.»
«Perché no? - Chiese lui, vedendo già una filiale in America. - A capitali come sta?»
«Ne ho. Ma accetto soci. Al 30%.»
«Al 30%?» - Ripeté lui meravigliato.
«Sì. Voglio far entrare in società anche una catena di negozi che renderebbe più semplice l'introduzione.»
«Direi che si può fare.»
«Accetto il suo invito a Madonna di Campiglio.»

A mezzanotte telefonai a Québec, dove erano le 18, per avere notizie del mio Senatore. Non erano ancora arrivati. Allora telefonai a Miami, ma l'apparecchio suonava a vuoto. Non c'era neanche la governante. Provai il portatile e mi rispose Luciano Pedrini.
«Perché rispondi tu al cellulare di Giovanni?» - Gli chiesi.
«Perché io ora sono all'aeroporto di St. Louis, loro sono partiti con il Lear. Li puoi trovare al telefono dell'aereo.» - Mi diede il numero.
«Cosa diavolo stai facendo nel Missouri?»
«Mi sto facendo lucidare le scarpe da oltre trenta minuti.»
Composi il numero del Lear e mi rispose Giovanni.
«Eccolo! Tutto bene, tutto bene?» - Usai la sua stessa cantilena.
«Benone, benone. Abbiamo concluso! Ora abbiamo da vendere appartamenti per trenta milioni di Dollari! Anche il tuo amico Senatore pensa di piazzarne una decina appena torna in Italia. Rendono il 12%, mentre i BOT in Italia rendono oggi non più del 3,74%. Il guaio è, - urlò perché l'altro lo sentisse - che non vuole sentir parlare di nero. Dove l'hai trovato uno così?»
«E' normale, - dissi piano. - Come la maggior parte...»
Dio mio, Dio mio, Dio mio, in che cazzo di pasticcio l'avevo messo!
«Quali sono i programmi?» - Mi affrettai a chiedere frenando la mia tensione.
«Stasera dormiamo a casa mia...»
Dannazione! pensai.
«Domani io ho da fare per conto mio. Perciò, se solo quell'idiota di Luciano arrivasse con un volo di linea, li manderei da soli in aereo a vedere un'area dove si scia e dove intendo costruire 150 cottage. Tornerebbero dopodomani. Sabato e domenica andremo a caccia del Caribù. Con Eva va tutto bene?»
«Sì, grazie. In questo momento stanno rilassandosi con dei massaggi. Hanno lavorato sodo.»
«I masaggiatori, come sono, atletici?» - Rise soddisfatto.
«Sono gay. Mi passi il Senatore, per favore?»
Me lo passò.
«Vittorio, devi tornare a casa. Subito. Tua moglie non sta bene.»
«Ma se le ho appena parlato! Sta da Dio.»
«E' tua figlia che ti vuole a casa. E' preoccupata per te.»
«L'ho sentita dopo mia moglie. Le basta che io stia lontano!»
Esaurii il secondo tentativo di farlo tornare.

La mattina dopo, comprendendo che da quel momento avremmo lavorato meglio da soli, i due Scolari tornarono a casa loro.
Alle 14 di sabato 20 novembre, stavamo ancora girando le stesse scene del primo giorno. In pubblicità una stessa scena deve essere girata anche una ventina di volte. Questo perché, dopo i primi passaggi televisivi, anche il pur minimo errore verrebbe avvertito dal pubblico; e dopo una decina di passaggi scatterebbe addirittura il rigetto nei confronti del prodotto presente in uno spot con qualche imperfezione estetica.
In compenso, già le prime riprese erano andate in post-produzione, perché non occorreva attendere quelle definitive per fare computergrafica, effetti speciali, audio internazionale, dialoghi, voci, premontaggi e montaggi. Al momento opportuno sarebbe stato un attimo rifare tutto col il materiale definitivo.
Ci stavamo facendo un culo come una verza, come si dice dalle nostre parti. Ma Roberta mi sollevò il morale con uno dei suoi interventi più opportuni.
«I nostri concorrenti della NPM - ci aveva rammentato - stanno girando da due giorni uno spot, al freddo, nella discarica comprensoriale di rifiuti solidi urbani di Rovereto.»
«Ha ha! - scoppiò a ridere il mio art. - Ve lo immaginate il Berbenni che dalla sedia di regia dice: Famone n'artra, a Giovà! E l'altro dovrebbe rovesciare una montagna di merda per la ventesima volta…»
«Ma non sono romani, sono trentini anche loro.» - Osservai.
«D'accordo. Ma non suonerebbe così bene la risposta dell'operatore della discarica, se questo fosse trentino.»
«Perché, l'operaio cosa dovrebbe rispondergli?»
«A Berbè! Agli mortacci tuaaa!» - Lo anticipò Roberta.
«Qui, invece, mi pare che tutti abbiano adeguato il linguaggio all'ambiente femminile ed ovattato di questo tipo di produzione.» - Disse l'Art.
«Già. E pare che tutti stiano tenendo sotto controllo i propri metabolismi. Nessuno mi ha ancora fatto una sola proposta indecente.»
Mi ero riproposto di gironzolare intorno a Manuela, ma dopo questa osservazione ci ripensai.
«Questo perché el móna sé móna ànca se a móna 'a sé bóna…»
Guardai l'ora e decisi di ritelefonare in Canada. Essendo sabato, non trovai nessumo. Chiamai Giulia a casa. Felice di sentirmi, mi disse che non c'erano novità sui due cadaveri, ma correva voce che il cerchio si stesse stringendo intorno all'assassino. Già, pensai, la classica bufala giornalistica.
Poi chiamai il portatile di Giovanni e, stavolta, mi rispose lui.
«Ciao. Come va, come va?»
«Sento con piacere che hai trovato Luciano.» - Risposi ironico.
«Sì, ma è lui che non ha trovato me. E' rimasto a Québec perché stamattina non siamo riusciti a trovarlo.»
«Cosa dici!» - Urlai.
«Calma, calma. Non ci sono problemi. Non è la prima volta che lui si perde...»
«Il senatore è con te?» - Chiesi angosciato dalla notizia della sparizione di Luciano Pedrini.
«Sì. Lo vuoi?»
«No. Andate a caccia tranquilli. Ma fate in fretta. Ci sentiamo domani.»
Ritelefonai a Giulia.
«Ciao! Che bello risentirti ancora!»
«Senti, sono molto preoccupato perché Massari e il Senatore stamattina non sono riusciti a trovare Luciano Pedrini...»
«Beh tranquillizzati, perché stanotte ha fatto una sbronza tale al bar di mio padre, che abbiamo dovuto sistemarlo nella stanza degli ospiti. E' ancora lì. Non sapevo che Massari lo cercasse, oggi è sabato...»
«Ti ringrazio. - Dissi, tranquillizzato.
«Devo dirgli qualcosa, quando si sveglia?»
«Digli che vada a cagare.»
«Lo farà anche senza il tuo invito, non credi?»
Evidentemente il mio francese era stato preso solo alla lettera.

Domenica 22 novembre venne dedicata alle fotografie, ma stavolta si poté anticipare i lavori di mezza giornata. Avevano smaltito il fuso e lavoravano anche con maggior familiarità e disinvoltura. I bambini, invece, stavano iniziando ad annoiarsi. L'indomani saremmo andati tutti dalle mie parti e avremmo riposato adeguatamente. Non avevo mai lavorato in tandem seguendo due produzioni contemporaneamente, ma era stata un'esperienza positiva. Le sinergie e i rimbalzi di idee avevano prodotto delle trovate interessanti ed utili per entrambe le campagne; avevamo applicato la creatività ad una catena di montaggio.
Alle 10 mi aveva telefonato Marpe.
«Allora, il Senatore?»
«Niente da fare. In questo momento è a caccia del Caribù. Ma si dia pace, ormai è questione di un paio di giorni, poi sarà di nuovo qui.»
«Pare che sia invece una questione di ore. Sta per saltare il coperchio, Cristo!»
«Non so cosa dirle.» - Francamente, l'unica cosa che mi interessasse in quel momento era concludere la produzione per le calze Salomè, la 'danza dei sette veli' e 'la leggerezza delle nuvole'.
Alle 12 mi aveva ritelefonato Giulia per informarmi che Luciano era poi riuscito convincere Giovanni a farsi venire a prendere per andare a caccia anche lui del Caribù.
Passai il pomeriggio a fare foto di scena, mentre i fotografi ufficiali realizzavano il materiale necessario per la pubblicità stampa, il packaging, i cataloghi e i manifesti.
Alle 20 di domenica sera avevamo virtualmente finito, ma non avevamo ancora avuto il tempo di sederci un minuto.
Eravamo ancora negli studi, che mi raggiunse una telefonata dal Canada. Era il padre di Eva e voleva parlare solo con me. Mi informò che era scomparso il Lear di Giovanni Massari.

(Continua)
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