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Consegnato oggi il Premio Mario Rigoni Stern

Si è conclusa l'edizione 2017 del Premio Mario Rigoni Stern per la letteratura multilingue delle Alpi con la presenza dei vincitori Diego Leoni e Matteo Melchiorre

Si è conclusa questa mattina, con la cerimonia di premiazione a Malga Porta Manazzo, sulle montagne vicino ad Asiago, la settima edizione del Premio Mario Rigoni Stern alla presenza dei vincitori, delle autorità e di un numeroso pubblico.
La scelta della malga Val Formica – molto amata dallo stesso Mario Rigoni Stern – ha in un certo senso ribadito la centralità di un tema come quello dei «luoghi» che riescono ad essere sedimento di identità, di storia e storie, di uomini, animali e natura.
Con la conduzione del giornalista Sergio Frigo, la cerimonia ha visto i saluti del presidente del Consiglio Comunale di Asiago Michela Rodeghiero, dell'ex rettore dell'Università di Padova e ora presidente della Cassa di Risparmio del Veneto Gilberto Muraro e, infine, di Gianbattista Rigoni Stern presidente del comitato promotore del premio che ha voluto anche rivolgere un commosso ricordo a Osvaldo Dongilli, recentemente scomparso, impegnato nel successo della manifestazione sin dalla sua nascita.
 
La cerimonia è poi entrata nel vivo quando al tavolo della piccola malga adagiata in una splendida conca verde si sono seduti lo storico e membro della giuria Mario Isnenghi – già direttore del Dipartimento di Studi Storici e professore di Storia Contemporanea presso l’università di Venezia, autore di numerosi articoli e saggi in particolare sulla Grande Guerra – assieme a Diego Leoni e Matteo Melchiorre, vincitori ex aequo del Premio rispettivamente con «La guerra verticale» e «La via di Schenèr».
Isnenghi ha spiegato che il libro di Leoni La guerra verticale. Uomini, animali e macchine sul fronte di montagna 1915-1918 (Einaudi 2015) è il punto di arrivo del lavoro di una vita e Diego Leoni fa parte di un gruppo di lavoro che ha cambiato lo sguardo tradizionale sulla Grande Guerra.
Tra i temi sottolineati anche il rapporto generazionale tra i genitori che portavano con sé le memorie della Grande Guerra e i figli così come la peculiarità della guerra in alta montagna – siamo a quote vicine ai tremila metri – che ha nella natura un protagonista di cui tutti gli eserciti devono tenere conto.
 
E proprio alla natura si collega Leoni ricordando come la Grande Guerra sia stata davvero un conflitto globale non solo per le nazioni coinvolte ma anche perché furono interessati i militari, i civili, le donne, i bambini, i profughi, gli animali e persino gli alberi. Quello di Leoni è il tentativo di rimettere al centro della narrazione storica tutti questi attori.
Non poteva mancare – da parte di uno storico trentino – anche un accenno a come per i trentini la guerra durò a lungo, dal 1914 al 1920, perché iniziò per molti sul fronte di Galizia e vide poi tanti coinvolti nelle vicende russe, trasportati negli USA oppure perdersi nell'immenso territorio di quello che prima era solo l'impero zarista e poi divenne qualcos'altro.
Guarda a un orizzonte geograficamente contenuto seppure immerso in rimandi europei la storia di Matteo Melchiorre che nel suo «La via di Schenèr».
 
Un’esplorazione storica nelle Alpi (Marsilio 2016) racconta nella forma di quello che nel mondo tedesco si chiamerebbe letteratura documentaria la storia di una strada di confine che collegava due cittadine vicinissime – solo 17 km separavano Feltre dal Primiero – eppure appartenenti a mondi molto diversi: quello veneziano a sud e quello con forti radici tedesche a nord.
Tra loro una strada impervia e pericolosissima che per secoli fu l'unica via di collegamento. Nella «pericolosità» di questa strada sta l'essenza stessa di un collegamento viario di confine – ha spiegato Melchiorre che è scrittore, storico e ricercatore – che deve essere praticabile ma non troppo agevole perché potrebbe favorire il nemico.
Grazie alle domande del giurato Daniele Jalla – storico di formazione, funzionario e dirigente della Regione Piemonte dal 1980 al 1994 e che dal 1994 al 2012 ha diretto i Musei civici e i servizi museali della Città di Torino oltre ad essere stato presidente di ICOM Italia – il pubblico ha potuto poi conoscere anche i segnalati di questa edizione: Alexis Bétemps (Le temps suspendu, Priuli & Verlucca) e Andrea Nicolussi Golo (Di roccia di neve di piombo, Priuli & Verlucca). L'altro segnalato è Paolo Cognetti per Le otto montagne (Einaudi).
 
Non c'era infine posto migliore di una malga in alta quota per consegnare il nuovo riconoscimento della sezione I guardiani dell'Arca.
A riceverlo quest'anno è stato Marco Scolastici che ha raccontato di sé e della difficoltà – ma anche del dovere – di rimanere sulle montagne di Visso dopo il terremoto. Rimanere, ha spiegato, era doveroso per gli animali, per essere d'aiuto ai pochissimi rimasti dopo il drammatico evento, ma anche per dare il segnale forte che i Sibillini sono una terra da vivere.
Una terra – la montagna – ha aggiunto poco dopo Scolastici che è e deve essere anche un luogo per giovani.
E lui giovane lo è davvero con i suoi 28 anni e la scelta di lasciare l'università per percorrere le orme del nonno e del padre prima, e poi per «resistere» e continuare nonostante una terra ferita.
Scolastici è il simbolo di un'Italia che non si arrende, di uno spirito autenticamente montano fatto di tenacia e attaccamento alle radici, di resistenza nella sua accezione più nobile.
 
Vive in una yurta, dove ha svernato senza abbandonare le proprie greggi e la produzione di un particolarissimo formaggio biologico. Tutto questo sulle montagne di Visso – terra travolta dai recenti terremoti – dove Scolastici è rimasto aggrappato ai pascoli di famiglia con attorno una terra sventrata dal sisma e una fattoria ancora inagibile.
Come ha spiegato Paolo Rumiz, seduto al suo fianco nel tavolo inondato di sole, gli Appennini sono montagne molto particolari e in quelle possiamo vedere il nostro (quello delle Alpi) passato – fatto di rapporti autentici – ma drammaticamente anche un nostro possibile futuro se la politica non capisce dove sta la vera ricchezza di questo Paese.

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