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«I due presidenti» – Terzo capitolo

Spy story di Guido de Mozzi

IL PERIODO DEI DUE PRESIDENTI


PERSONAGGI

MARCO BARBINI
IMPRENDITORE ITALIANO

GINA BARBINI
MOGLIE DI MARCO

SAOUL GROWE
AGENTE SPECIALE DELL'FBI

JILL MOORE
AGENTE NSA

JEFF FLIT
CAPO OPERAZIONI NSA

A. CHITTUM E P. VINERY
AGENTI NSA

ROLAND GARCIA
VICEDIRETTORE AIR & SPACE SMITHSONIAN ISTITUTION

GREGORY LEVITAN
DIRETTORE DEL MUSEO DI DAYTON

MANNY LARSEN
CAPO DELL'UFFICIO STORICO DELL'USAF

COLONNELO KENNETT, MRS DOLAN, MR JACOBS
DELL'ARCHIVIO STORICO DEL PENTAGONO

GEORGE BUSH
PRESIDENTE USA USCENTE

BILL CLINTON
NUOVO PRESIDENTE USA

A mia Madre
che mi ha insegnato ad amare,
a mio Padre
che mi ha insegnato a scrivere.





Capitolo 3.


Quando giunsero le sue valigie diedi la mancia al lift. Lei fino a quel momento aveva studiato attentamente la stanza in silenzio. Io, invece, avevo provato a comportarmi come se fossi stato da solo ma, ahimè, solo non lo ero più. Comunque volevi vederla, c'era un estraneo in camera. Volevo cambiarmi, ma c'era sempre lei da qualche parte. Pensai di telefonare a casa, ma mi accorsi che non avrei potuto parlare in tutta tranquillità. In realtà in questo modo il Bureau, più che proteggermi, mi marcava da vicino.
"Parli bene l'italiano?" - Le chiesi in italiano dandole del tu.
"Sì. Mia madre era italiana." - Rispose in italiano con accento americano. - "Mio padre era un ufficiale dell'aviazione Americana di stanza alla base di Aviano, nel Friuli. Conobbe mia madre là."
"Di dov'era il papà?"
"Pensacola. Florida. Per questo abbiamo detto all'Hotel che provenivo da Miami."
"Anch'io ho una casa in Florida, proprio vicino Miami, più a Nord."
"Beh, è un caso, perché questo non l'ho letto nelle tue note caratteristiche."
"Ho cercato di tenerlo nascosto."
"Per via delle tasse?"
"E' una domanda professionale?" - Scherzai. - "No. E' tutto regolare, ma la casa in Florida deve restare un posto dove nessuno dei miei conoscenti possa trovarmi."
"Capisco. Hai genitori?" - chiese dandomi del tu.
"Non più. Mio padre se ne è andato due anni fa. Mia madre non c'era già più."
"Mi dispiace. Ti mancano?"
"Da mia madre ho imparato ad amare e da mio padre ho imparato a scrivere. Sì, mi mancano."
Sorrise. - "Come ti devo chiamare in pubblico?"
"Come tua moglie: Gina. Che non è poi tanto distante dal mio vero nome, Jill."
"O.K., Gina." - Mi avvicinai, le presi la mano e gliela baciai. Poi le strinsi le braccia e la baciai sulla guancia. Contraccambiò.
"Bene," - dissi. - "Prepariamoci per uscire. A che ora siamo a pranzo?"
"Alle 12."
"Sempre presto in provincia, eh?"
"La tua è una battuta, ma in realtà Washington è provinciale. La politica americana è provinciale. I politici vengono da tutto il Paese, portandosi tutte le loro abitudini. Ma nelle grandi città si pranza a qualsiasi ora del giorno e si cena dalle 5 a mezzanotte. La gente normale, voglio dire..."
Io presi il mio montone, lei prese il suo e una Louis Vuitton postina. Era evidente che conteneva un'arma.

Chiesi al nero di servizio all'ingresso di chiamarmi un taxi. I taxi sono lì a pochi metri, ma conosco i portieri del Carlton e so che non vogliono che siano i loro clienti a fare lavori che spettano a loro. Mise il fischietto tra le labbra e cacciò un terribile fischio come se i taxi fossero stati in Alabama. La prima vettura accese il motore con calma e si portò avanti di un paio di metri. Il portiere mi domandò dove volevamo andare e io gli chiesi di indicarmi dove c'era uno shopping center sulla strada per lo Smithsonian. Mi disse il nome, il Corner Mall, quindi lo disse anche al tassista. Fece accomodare prima la mia compagna, poi me. Gli diedi un dollaro e chiuse la porta senza sbatterla.
"Potevi chiederlo a me." - Disse Jill.
"Lo so, ma mia moglie non lo avrebbe saputo."
Restammo in silenzio finché non passammo davanti alla sede dell'FBI. Me la indicò.
"Quello è l'Hoover Building."
"Già."
Poco dopo scendemmo all'ingresso del Corner Mall e le feci strada.
"Andiamo a prendere un caffè." - Le dissi. - "Così parliamo un po'. Non mi piaceva l'idea di restare in Hotel. O almeno non in questo momento".
Prima di entrare, un barbone mi guardò come se mi avesse riconosciuto. Estrassi un dollaro e lui lo prese come se fosse stato logico riceverlo da me. E' un piacere non sentirsi un estraneo a Washington.
"Perché non stai anche tu in piazza Lafayette?" - Gli chiesi con rispetto. Davanti alla Casa Bianca ci sta un numero adeguato di barboni. Sono gelosissimi, e guai a chi entra nel loro territorio. Passando di là c'è da sperare che non ti scambino per uno di loro, perché ti ammazzerebbero per impedirti di alterare l'ecosistema.
"Là ci stanno i barboni." - Mi rispose con un gesto di nausea.
Entrammo al Corner.
"Sei un tipo strano, ma leghi con tutti, vero?"
"Magari." - Le dissi sorridendo. - "Intanto vediamo se mi riuscirà di legare almeno con te che sei mia moglie..."
Mi fermai davanti ad un negozio di antiquariato che esponeva in vetrina una collezione di soldatini di piombo. Soldati del Sud contro quelli del Nord, Giacche Azzurre contro gli Indiani.
"Mi hanno sempre affascinato." - Le confessai.
"Eppure, mi pareva che non ti piacessero le cose militari... Non mi hai neanche chiesto di vedere la pistola che porto con me."
"Sono un collezionista di armi antiche, ma non mi interessano le nuove. Che arma hai con te? Spero che non sia il solito revolver con canna da due pollici."
"No, infatti." - Sorrise professionalmente. - "Una Beretta calibro 22. Spero che tu non la sottovaluti, perché è..."
"E' molto migliore di un revolver calibro 38 con canna da 2 pollici. Il Bureau sta facendo passi avanti."
"Bontà tua... Ci stanno dotando tutti di automatiche. Molti della vecchia guardia non le gradiscono affatto, ma io con questo giocattolo sono precisa fino a 15 metri. Con l'altra lo ero a malapena entro i 10."
"Una volta sapevo centrare da 10 metri il fondo di una bottiglia facendo passare il proiettile dal collo."
"Mamma mia!" - Finse meraviglia. - "E quanto tempo fa?"
"Quando ho fatto il militare."
"Pochi mesi fa...?"
"OK, OK." - Tagliai corto. - "Speriamo di non averne bisogno."
"Infatti."
Entrammo in una caffetteria. Al tavolino lei chiese un caffè ed io un capuccino. Ma portarono a entrambi la stessa cosa.
"Senti." - Mi disse seriamente. - "Abbiamo meno di due ore. Mi devi parlare della tua azienda e di tua moglie. Tra un po' io devo prendere effettivamente il suo posto. Dimmi tutto."
"Va bene. Io ti insegno a fare mia moglie, e stasera ti faccio l'esame."
"Senti, se tua moglie fosse qui, faresti lostesso queste battute?"
"Sì, naturalmente. Io sono fatto così. Puoi chiederglielo."
"Mi piacerebbe conoscerla, ma non so se piacerebbe anche lei sapendo che in un modo o nell'altro sto prendendo il suo posto."
"Io amo mia moglie e lei è tranquilla."
"Inizia parlando dalla tua azienda. Il tempo stringe. Hai un'agenzia di pubblicità?"
"Ho più di un'azienda. Quella per cui sono venuto a Washington è una ditta specializzata nella ristrutturazione tecnologica e funzionale di musei. In Europa, ma soprattutto in Italia, ci sono milioni di oggetti di interesse storico, artistico, scientifico. Firenze raggruppa il 50% dei beni culturali d'Italia, e quindi il 20% del Mondo. Seguono Roma e Venezia, ma ogni città italiana ha un'enorme quantità di beni di varia natura presso i musei. Il problema è che le strutture museali riescono ad esporre non più del 10- 12% del proprio patrimonio. Tutto il resto giace nei magazzini."
"Un delitto," - disse convinta - "se pensi che in USA di beni artistici praticamente non ce ne sono per niente."
"Infatti, lo Stato Italiano potrebbe vendervi il 10% di quello che avanza, e pareggiare così il proprio debito pubblico... In Italia si sta cercando di far sì che i musei diventino economicamente attivi come aziende private e che possano consentire almeno la disponibilità iconografica dei beni non esposti."
"Iconografica?"
"Oggi si direbbe disponibilità virtuale: se non la puoi toccare, che sia almeno possibile prenderne visione. Noi ci siamo inseriti in questo processo. Facciamo progetti e li realizziamo... Devo dire che ho preso molti spunti dalle strutture museali americane, ma sostanzialmente ho creato un mio sistema di informatizzazione iconografica standard, un know-how adatto ai nostri codici culturali, a quelli europei voglio dire."
"Sento con piacere che professionalmente sei serio."
"Sono sempre serio. Anche quando sembra che spari cazzate."
"No comment. E con lo Smithsonian, avete avuto contatti precedenti a questo? Cosa ci vai... cosa ci andiamo a fare oggi?"
"Abbiamo realizzato il sistema informatizzato multimediale per un museo italiano di Aeronautica. Ovvio che dovessi conoscere anche l'Air & Space Smithsonian."
"Copiato bene?" - Disse sorridendo.
"No, il nostro museo è sicuramente migliore." - Sorrisi anch'io. - "In realtà avevamo avuto molti incontri e contatti a vari livelli, ma la sproporzione dimensionale non aveva messo a rilievo particolari affinità."
"Oggi devo incontrarmi con qualcuno del Museo per acquisire una serie di informazioni iconografiche ed informatiche che l'Istituto mette a disposizione di tutti gli enti culturali del Mondo."
"E cioè?"
"Loro hanno tutte le foto didascalizzate disponibili in tema aeronautico."
"Tutte?"
"Si fa per dire. Ne avranno una decina di milioni."
"E' una battuta?"
"No. Sono contenute in una sola decina di videodischi laser. Ogni disco contiene oltre 50.000 foto per facciata. Ogni frame è una foto connessa ad un time-code che ne consente il rapido reperimento. Con una tastiera o un telecomando puoi individuarla in una frazione di secondo e, se ti serve, chiederne una stampata. Mi segui?"
"Forse. Se ho ben capito, il vantaggio dei CD video sta nella riduzione di spazio di archiviazione e nella qualità delle immagini..."
"Non sono C.D., cioè non sono Compact Disc. Non sono per niente compatti: sono grandi come gli L.P., i Long Playing. Sono in policarbonato come gli altri, ma...
"E come fai a trovare le immagini che cerchi?"
"Col programma di software. Sempre che tu sappia cosa cercare."
"E' questo che intendevo: e se non lo sai?"
"Io per esempio non so esattamente cosa cercare. Ma se ti danno un programma di archiviazione riesci ad arrivarci per isolamento tematico o altre logiche di segmentazione."
"E tu, dunque, oggi vuoi comperare i videodischi dell'Air & Space?"
"No. Loro regalano o non danno nulla. Quello che non possono darti, però, possono fartelo consultare sul posto."
"Quindi sei venuto a chiedere omaggi?"
"Esatto, a mendicare, ma per conto del mio cliente. Me li daranno, non preoccuparti. Non so invece se mi daranno le basi informatiche di gestione. Non ho proprio un'idea precisa neanche di cosa dispongano in realtà. Lo sapremo presto."
"E tua moglie, saprebbe sostenere un dialogo su tutto questo?"
"Lo credo bene, è il direttore della Ditta..."
"Ah, allora io sarei il direttore!"
"Non montarti la testa. Non puoi essere moglie a metà: o tutto o niente."
"Dovrei fare interventi anch'io?"
"Sì, stasera... Scusami, è una battuta scontata. Di' quello che ti senti di dire. Non fare interventi su ciò che non sai, naturalmente. Se vorrai sapere qualcosa, chiedimelo dopo. Insomma usa il buonsenso."
"Tua moglie è conosciuta allo Smithsonian?"
"Solo telefonicamente."
"Il suo inglese?"
"Non come il tuo, ma il suo italiano..."
"Spiritoso!"
Ci stavamo affiatando.
"Tu, mia moglie, segui la prassi tecnico amministrativa. I diritti d'autore, gli aspetti doganali, i permessi d'uso, le liberatorie eccetera."
"Di questo non ne so proprio niente!"
"Non importa. Ora ti do un po' di bigliettini anonimi della ditta. Riportano indirizzo, telefoni e fax, partita IVA. Studia a memoria."
"Mi basterà una letta." - Diceva sul serio, beata lei. - "Ancora una cosa. Tua moglie, negli incontri ufficiali, si comporta da manager o da moglie?"
"Da moglie." - Mentii.
"Parlami di tua moglie. E' una bella donna?"
"Sì. Non ha la tua età, ma è giovane lostesso."
"Mora?"
"No. E' una donna bianca."
"Mi riferivo ai capelli... Oh, sei uno stronzo!"
"E' bionda." - Sorrisi.
Tornò seria. - "Cosa ti piace di lei?"
"E' una donna in carriera."
"Lo era anche quando l'hai conosciuta?"
"Sì, naturalmente. Mi piacciono le donne in carriera."
"E l'hai amata solo perché era una donna in carriera?"
"Ma neanche per idea! L'ho amata perché era dolce e femminile, responsabile e generosa, concreta e seria. Quello che mancava a me." - Non avrebbe mai potuto accusarmi di averle tenuto nascosto i miei difetti.
"E il fatto che fosse una donna in carriera, allora cosa c'entrava?"
"Mi piaceva... mi piace scopare con donne in carriera, le donne che sanno cosa stanno facendo al mondo. E quindi volevo farmi anche lei. Poi, quando l'ho conosciuta, me ne sono innamorato..."
"... E così è stata lei a scoparti."
"Esatto. Alla lettera."
"Tua moglie avrebbe fatto questa battuta?"
"Penso proprio di sì..."
"Un'ultima cosa. Quando si rivolgono a tua moglie le dicono contessa?"
"In Italia no, sarebbe ridicolo. Ma qui in USA, ci tenete così tanto..."
"Signora contessa..." - Disse sospirando e fingendosi orgogliosa.
"No. Solo contessa. «Signora contessa» sarebbe una presa in giro anche qui da voi."
Rimase un po' a pensare su quanto avevamo detto. Rilesse indirizzi e numeri di telefono, poi si diede forza e si alzò.
"OK. Quando vuoi possiamo andare." - Pagai il conto ed uscimmo.
Lei riusciva mantenere il contatto con me come se fosse davvero mia moglie. Tuttavia mi teneva sotto braccio quasi senza toccarmi, e penso lo facesse per restare pronta ad eventuali imprevisti. Stava tenendo sempre la situazione sotto controllo. Prendemmo un taxi, e via.
Giungemmo a L'Enfant poco dopo le 12, ma il Vice non era ancora arrivato. Il posto riservato era messo in modo che potessimo controllare tutto guardando in un'unica direzione. Il Vice giunse alle 12 e un quarto. Capii subito che era lui e ci alzammo.
"Piacere, Barbini. Mia moglie..."
"Garcia." - Si presentò con un sorriso caldo e rassicurante. Meno male. Non mi piace la gente troppo seria.
"Parla anche spagnolo?" - Gli chiesi, riferendomi al suo cognome.
"No. Di origine forse la mia famiglia sarà stata spagnola, ma io so dire solo muchas gracias e adiòs, ma non ho mai neanche occasione di dirlo."
"Adiòs?"
"No, muchas gracias."
"De nada." - Risposi spontaneamente.
"Lei deve essere una persona importante." - Mi disse senza malizia e con due occhi sorridenti. - "E' riuscito a prendere un appuntamento con me nel giro di dodici ore. C'è gente che deve attendere più di un mese."
"Probabilmente saranno amici..."
Jill studiava il mio modo di condurre i rapporti con la gente.
"No. Quelli devono attendere almeno tre mesi."
"Mia moglie ha amici altolocati qui a Washington." - Dissi restituendo a Jill lo sguardo che mi aveva lanciato poco prima. Lei si limitò a sorridere con prudenza.
"Beata lei." - Disse ironicamente Garcia. Poi si rivolse a me. - "Cosa può fare per lei lo Smithsonian Air & Space?"
Parlammo dello Smithsonian e della mia ditta e dei rapporti precedentemente avuti, scherzando battuta su battuta. La mia compagna si divertiva pur guardandosi intorno. Lui ogni tanto si rivolgeva galantemente a Jill, che cercava di dimostrarsi molto interessata all'argomento.
"Quanta gente lavora all'Air & Space?" - Chiesi a Garcia.
Ci pensò un attimo, e poi disse tristemente: - "La metà. Non di più."
Talmente sottile, che rise prima Jill di me, e lui l'apprezzò. Era scontato che l'avrei raccontata a Trento parlando dei dipendenti provinciali.
Mi chiese come ero arrivato alla comunicazione interattiva, e gli risposi che c'ero entrato iniziando dalla pubblicità: - "Un brutto lavoro, ma che qualcuno deve pur fare!"
Questa era la mia battuta di sempre, ma lui non ci trovò nulla da ridire.
"Perché questo atteggiamento negativo nei confronti della pubblicità?" - Chiese pro forma.
"In Italia la pubblicità è considerata la madre di tutte le corruzioni."
"E allora?" - Scoppiammo a ridere.
"A proposito," - dissi con malizia, - "come è entrato allo Smithsonian?"
"Dalla porta principale. Trent'anni fa, un giovane pilota americano si scontrava sui cieli della Corea con un aereo cinese. L'aereo nemico cadde e il pilota morì. Il pilota americano riuscì ad atterrare con l'aereo semidistrutto proprio quando si trovava in zona una troupe cinematografica. Il filmato fece il giro degli USA, e per il pilota la gloria fu tale che poté far a meno di lavorare per tutta la vita."
"Bella storia." - Dissi guardando interrogativo Jill. - "Ma questo che c'entra?"
"Quel pilota si chiamava Roland Garcia."
"Era lei?" - Chiesi sorpreso.
"Sì. Grazie a Dio, da allora non ho più dovuto lavorare. Mi hanno fatto subito Vice Direttore dell'Air & Space, carica che ho tuttora. Si chiederà perché non sono diventato almeno Direttore? Perché i direttori lavorano, ecco perché."
Ci facemmo qualche altra risata. Garcia non era male, in fondo.
"E l'anno prossimo andrò in pensione." - Concluse. - "Sono stufo di non fare niente."
Alla fine del pranzo affrontammo l'argomento che ci aveva portati allo stesso tavolo.
"Il signor Barbini ha desiderato incontrarla per uno scopo ben preciso." - Disse Jill.
"Grazie cara." - Le dissi poggiandole dolcemente una mano sulla coscia, come avrei fatto con mia moglie.
"Mi chieda ciò che le serve, e vedrò cosa posso fare."
"Vorrei avere tutti i videodischi dell'Air & Space disponibili e i programmi di gestione. Sono stato chiaro e forte?"
"Videodischi delle immagini statiche o di quelle dinamiche?" - Jill mostrò una smorfia da imbarazzo.
"Tutti quelli legati alle inventariazioni operative dell'USAF nella Seconda Guerra Mondiale, teatro europeo."
"Ne abbiamo cinque di foto e sette di filmati. Glieli posso far avere insieme ai programmi di gestione, se vuole. A cosa le servono?"
"Servono al mio cliente, il Museo dell'aviazione di Guidonia. E' stato inaugurato da pochi mesi."
"Non capisco cosa se ne faccia il Museo."
Non risposi.
"Se vuole," - proseguì, - "c'è una quantità di software disponibili che potrebbero servirle per raggiungere facilmente il materiale iconografico di tutte le missioni operative dell'epoca. Vi potrà vedere i teatri dei bombardamenti prima, durante e dopo l'azione. Le foto sono state scattate dagli operatori delle stesse Fortezze Volanti, i cui riferimenti di identificazione sono in alto a sinistra di ogni fotogramma. Per conoscere la logica tattica e strategica di ogni singola missione, invece, dovrà rivolgersi al Museo dell'US Air Force di Deyton, Ohio. Ma ci vorrà un bel po' di tempo solo per vedere gli elenchi del nostro materiale. Può venire quando vuole. Mi dia il tempo di accreditarla all'Ufficio Relazioni Esterne."
Era quello che avevo già ottenuto per telefono io. La presenza dell'FBI alla fin dei conti mi aveva solo rallentato i programmi, ma non lo avrei detto a né a Garcia né a Jill.
"Le metterò a disposizione un tecnico." - Proseguì. Questo era qualcosa più. - "Ma le faccio preparare subito i videodischi e i software da portar via. O.K.?"
Ecco, questo era un gran risultato!
"E' molto gentile." - Disse Jill.
"Grazie." - Le rispose Garcia. - "Dove ha imparato così bene l'inglese?"
"Mia madre era americana. Papà l'aveva conosciuta alla base aerea di Aviano in Italia..." - Mentì Jill rovesciando la realtà.
"Complimenti." - Concluse Garcia.
Concordammo l'appuntamento per il pomeriggio. Lui fece uscire mia moglie, che poté così fra l'altro controllare la situazione prima di farmi uscire. Mi sentivo uno sciocco, con una donna che badava alla mia sicurezza. Però dovevo ammettere che avere una donna come scorta, è intimamente rassicurante. In ogni caso non provavo alcun senso di paura o di disagio.
Ci salutammo.

Tornammo in albergo e, con le dovute precauzioni, entrammo in camera. Mi sembrava di giocare a guardie e ladri.
Togliemmo i montoni, lei sfilò le scarpe, io tolsi la giacca e la misi nell'armadio. Mi buttai sulla poltrona e la pregai di entrare in bagno perché dovevo telefonare a casa e volevo stare da solo. Lo fece.
Salutai mia moglie e le riferii dell'incontro, come faccio di solito.
Quando Jill uscì dal bagno, mi ero tolto scarpe, cravatta e pantaloni. Insomma ero in mutande. Forse mi ero fatto prendere dalla familiarità della situazione. Lei finse di restare indifferente, ma dopo un po' sbottò:
"E smettila di andare in giro in mutande!"
E così me le tolsi.
Entrai in bagno lasciandola senza parole.

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