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Quel nuovo tomo di Antonella Cilento – Di Luciana Grillo

«La caffettiera di carta – inventare, trasfigurare, narrare: un manuale di lettura e scrittura creativa» – Un manuale di lettura e scrittura da tenere a portata di mano

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Titolo: La caffettiera di carta. Inventare, trasfigurare,
            narrare: un manuale di lettura e scrittura creativa

 
Autrice: Antonella Cilento
Editore: Bompiani, 2021
 
Pagine: 720, Brossura
Prezzo di copertina: € 24
 
Antonella Cilento è un’intellettuale che si dedica alla letteratura, alla scrittura e al teatro; dirige la rassegna di letteratura internazionale «Strane coppie» e con il romanzo «Lisario o il piacere infinito delle donne» ha vinto il Premio Boccaccio ed è stata finalista al Premio Strega.
L’ho incontrata anni fa leggendo «Neronapoletano», un’antologia di microromanzi che mi affascinò fin dalla prima pagina, tanto da citarla nel mio saggio sulla scrittura delle donne («Costruire letteratura con mani di donna - scrittrici italiane del ’900 e oltre» – Curcu&Genovese editore): «Il risveglio, la radio in sottofondo, il rito del caffè, la mamma all’opera sono elementi che ritornano nei romanzi, nella vita di tutti i giorni, nei nostri ricordi, negli anni che abbiamo attraversato; così ci sentiamo a casa, nel grande utero, dovunque noi siamo, qualsiasi sia il numero dei nostri anni».
 
In realtà la prosa di Antonella, la sua lingua, la conoscenza degli ambienti che descrive, la rete di solidarietà che si forma tra le righe sono elementi che rendono la lettura non solo interessante e piacevole, ma anche occasione di ripensamenti e riflessioni.
La sua ultima fatica letteraria è «La caffettiera di carta», una caffettiera di carta che bruciando si colora di azzurro…, una «caffettiera» che ripercorre l’esperienza dell’organizzazione dei corsi di scrittura creativa: «L’inizio di un corso è anche la definizione di un metodo. La fine di un corso una scelta di stile di vita. Saremo più presenti, saremo più sensibili, saremo più esposti, saremo più nudi. Saremo più capaci e quindi anche più stanchi».
 
Ma scriveremo comunque – pensa Antonella – e ciascuno dovrà imparare a «difendere il proprio spazio creativo dalle unghie di chi ne dubita, o teme per noi» e questa «è la prima strategia di sopravvivenza. Chi segue un corso di scrittura deve fare spazio fra mille pressioni».
E deve chiedersi se ci sia stato un libro che gli abbia cambiato la vita, salvo poi difendersene una volta che si inizia a scrivere: «Una bella lingua e situazioni inquietanti, o percezioni disturbanti, non fanno un racconto: Pirandello, Proust, Maupassant, Ortese e chiunque altro leggessi allora, ogni fumetto, ogni film, mi restituivano la consapevolezza di regole che esistevano ma non vedevo».
 
Dunque Cilento racconta la sua esperienza, le sue letture e i suoi racconti ancora acerbi, i consigli ricevuti, la lezione assimilata: «non sai ancora costruire bene una storia, mettiti a studiare, scopri come si fa».
E suggerisce ai suoi studenti letture, letture e ancora letture, poi «scrittura come esercizio quotidiano…» e finalmente, quando gli studenti si fidano, raccomanda loro di «lasciarsi andare. E allora frammenti della vita reale, ricordi, sogni e desideri iniziano a prendere forma… la memoria ha iniziato a tessere gli inganni dell’invenzione… Inventare, lo dice il verbo latino, è trovare. Inventare è trasfigurare. Inventare, trasfigurare, decidere, verità. I materiali della fabbrica dei sogni».
 
Ci sono poi consigli per così dire tecnici, come sottolineare delle parole o una frase, farne una poesia, evidenziare un periodo, memorizzare delle visioni che, secondo Fabrizia Remondino, «sono verità rivelate, come le ossessioni, che sono verità non ancora rivelate, non si possono dimenticare; né però spiegare».
Guardando una cartolina, possiamo vedere cose oggetti luoghi e andare lontano, così come può accadere con un quadro, o una pagina di giornale.
«Scrivere partendo dalla vista significa innanzitutto nominare il mondo con precisione».
Si può anche uscire dopo aver scelto un colore: in tal modo, anche in un percorso abituale, si scoprono degli azzurri o dei verdi mai visti prima.
Vanno elencati, semplicemente, «rifate la lista ogni giorno, cambiando colore. Di colpo il mondo apparirà denso di dettagli…».
 
Dalla vista, Cilento passa al gusto, e subito evoca la madeleine di Proust e il brodo di tartaruga del pranzo di Babette… a ogni cibo corrisponde un ricordo «che compone, poco a poco, una vita, un mondo, una famiglia».
Dal gusto, il passaggio all’olfatto è quasi automatico, ci sono profumi e odori sgradevoli, ogni città ha i suoi odori che si diffondono nelle strade, come scriveva Carlo Bernari: «Un tempo – e alludo a non troppi anni addietro – sarebbe occorso un intero capitolo per ragionare dell’afrore di colla e di carta incollata che si sprigionava dalle botteghe dei mascherai, dei legatori e dei librai; e dei miasmi che ristagnavano fra l’Immacolatella e la Dogana del Sale, tra le balle di stoccafisso e baccalà, di pelli marcite e di pelli conciate, di funi e di corde che infracidano, di catrame e di petrolio, fra cui serpeggia il tanfo delle centinaia di migranti che fanno la fila giorno e notte sul molo in attesa d imbarco».
 
E poi c’è l’udito, la musica che qualche volta può accompagnare chi scrive, il rumore che proviene da un mercato affollato, che «restituisce sulla pagina un’immensa varietà di parole, discorsi riportati, voci dialettali, cantilene, grida, frammenti di storie».
Cilento continua a raccontare la sua esperienza, i rapporti con gli iscritti ai corsi, i partecipanti che studiano scrivono sudano e, davanti a un «bravo» dell’insegnante si autosabotano, incappano in un blocco improvviso, denigrano quanto hanno scritto.
 
E fin qui, siamo solo alle prime 100 pagine. Come potrò continuare a maneggiare questa caffettiera di carta?
Soltanto affidandola alle mani, agli occhi e al cuore di chi vorrà leggere fino all’ultima pagina, fino a quello «Scrivo perché» che appartiene agli studenti di Antonella Cilento ma anche a noi, fino a condividere le indicazioni bibliografiche che spaziano da Orhan Pamuk a Ignazio Solone, da Natalia Ginzburg a Cesare Pavese, da Fernando Pessoa a Rosa Montero, da William Burroughs a Jamaica Kincaid e così via…

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