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«Genesi di un ardito 1915-19: Francesco Giangrande»

La nostra recensione del capolavoro dello storico Paolo Pedri editato nel 2022

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Titolo: Genesi di un ardito 1915-19: Francesco Giangrande
Autore: Paolo Pedri
 
Editore: ‎Independently published 2022
Nota: Autore trentino di Rovereto

Pagine: 374, illustrato con 200 foto, brossura
Prezzo di copertina: € 36

Lo scorso anno avevamo pubblicato la presentazione del libro di Paolo Pedri intitolato «Genesi di un ardito 1915-19: Francesco Giangrande».
Lo abbiamo letto e abbiamo pensato che meriti ampiamente una recensione da parte del nostro giornale, sempre interessato ai momenti di storia del nostro paese (e non solo).
 
Ho letto molto volentieri il libro scritto da Paolo Pedri intitolato «Genesi di un ardito, 1915-19», tanto che suggerisco di leggerlo anche ai trentini che solitamente non inseriscono argomenti di storia nelle loro letture.
Le ragioni sono tre. La prima è che il libro è scritto in modo scorrevole, piacevole, chiaro e preciso. Conciso ma chiaro anche quando riassume i grandi eventi che fanno da cornice ai fatti narrati riesce a spiegare perfettamente tutto con poche righe. Pochi storici riescono ad essere così chiari.
Inoltre, lo ha scritto in stile narrativo, magari aggiungendo qualche particolare per completare gli eventi ed esprimere emozioni che rendono umane le azioni più dure della guerra.
La seconda è che la parte principale riguarda fatti accaduti sul fronte trentino. Dopo gli eventi tragici di Caporetto la gente ricorda il Piave e il Grappa, mentre ci sono stati combattimenti sanguinosissimi anche in Val Lagarina: a Borghetto, ad Ala, a Marco, a Brentonico, a Mori e - con l’impiego dei Mas - a Torbole. Naturalmente si sapeva che i combattimenti ci sono stati anche Trentino meridionale e tuttora si può andare a visitare quello che rimane di quelle postazioni. Ma pochi sanno che la maggior parte di questi episodi sono stati sanguinosissimi e condotti da quelle che oggi chiameremmo «forze speciali» e allora si chiamavano «reparti arditi».
Infine, ha attratto la nostra natura giornalistica la lettura passo a passo l’avanzamento del Regio Esercito Italiano in Valle dell’Adige mentre a Padova si trattava la pace. Sembra quasi che l’autore sia stato con gli arditi con il ruolo che oggi si dice «giornalista embedded».
Rivediamo quest’ultima parte.
 
A fine ottobre, pochi giorni dalla fine della guerra, a Serravalle si erano radunati gli alpini che, in testa ai fanti, attendevano l’ordine di procedere. Stavano aspettando gli arditi che avrebbero guidato la marcia finale.
«I mezzi che trasportano gli Arditi sono stracolmi, – scrive Pedri. – Molti di loro sono in piedi o seduti sulle sponde mentre sfilano davanti a tutti e lo fanno, come al solito, cantando e festeggiando.»
Arrivano a Marco, dove gli austro ungarici hanno sistemato una cintura trincerata a protezione del Paese.
Alle 13.30 inizia il tiro di distruzione delle artiglierie italiane sui presidi collocati a «casa Palù», a Sano, Mori, Tierno e Villa Salvotti. Poi gli arditi devono andare a tagliare i famigerati reticolati percorsi dalla corrente.
Verso le 15, ha inizio l’attacco terrestre. Ma si scatenano le mitragliatrici, sia italiane che austriache. Cadono in molti, ma alla fine gli arditi passano. È l’ultima battaglia della Val Lagarina, ma è stata combattuta con la veemenza di sempre, da entrambe le parti.
Gli italiani avanzano, ma casa per casa ci sono mitragliatrici in agguato da stanare e i combattimenti sono sempre sanguinosi.
 
A quel punto si avanza con i fanti che rastrellano palmo a palmo i fianchi della valle per consentire al grosso di avanzare con maggiore sicurezza.
Aggirano Rovereto e vanno a creare un’area di sicurezza nella periferia est, dove affluiscono i soldati nemici che si stanno ritirando dalla Vallarsa.
Ma sullo Stivo ci sono ancora campi trincerati attivi con mitragliatrici e alcuni cannoni. È compito degli arditi neutralizzare la minaccia per consentire all’enorme massa di manovra italiana di proseguire verso Trento in tutta sicurezza. Alle 18.45 Stivo è in mano italiana.
La cavalleria scalpita per partire, ma non prima che gli Arditi abbiano messo in sicurezza la zona.
Alle 20.45 i primi Arditi entrano a Rovereto. È tutto buio, le strade sono deserte, il silenzio è irreale. Attraversano il quartiere di Santa Maria, vedono il Castello di Rovereto al di là del torrente Leno e vengono accolti a mitragliate. Reagiscono e attaccano in forze, così i comandi insediati al Castello si arrendono.
La città viene occupata e i soldati austroungarici in ritirata dalla Vallarsa vengono fatti prigionieri.
 
Ovviamente l’avanzata prosegue, sempre contrastata da militari nemici che continuano a combattere pur sapendo che la guerra è perduta. Eroici, decisamente.
La nostra narrazione – peraltro riassuntiva – si ferma qui per lasciare ai lettori i passi successivi: la conquista di Volano, l’occupazione di Calliano per fermare i soldati che scendono da Folgaria, lo scontro-incontro con le Sturmtruppen ad Acquaviva, l’entrata a Trento con le strade affollate di cittadini e… di soldati che si arrendono serenamente. È il 3 novembre. I comandi italiani vengono accolti in municipio.
La pace entrerà in vigore l’indomani e gli Italiani proseguono fino a Bolzano. Anche in questa fase il va letto capoverso per capoverso.
La nostra recensione finisce qui, sperando di aver suscitato presso i nostri lettori l’interesse ad approfondire l’argomento delle pagine che più hanno segnato la storia del Trentino Alto Adige.

G. de Mozzi


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