La moda maschile a Rovereto, Sec. XVII–XVIII in un volume UCT

Moda e fogge vestimentarie dei patrizi roveretani raccontate da Liliana De Venuto. - Autrice Giuliana Izzi, psicopedagogista

«La toilette è contemporaneamente scienza, arte, abitudine, sentimento» così diceva Hnorè de Balzac nel Trattato della vita elegante mentre Georg Simmel nel suo libro La moda sostiene che essa si fonda su due poli opposti: da una parte l'imitazione, dall'altra la tendenza del gruppo dominante ad escludere intrusioni di estranei al suo interno.
Così ci racconta la storica Liliana De Venuto nel suo volume La moda maschile a Rovereto. Secoli XVII e XVIIII e lo fa seguendo un filo logico che conduce il lettore a una visione completa e articolata della Rovereto di quei tempi dimostrandoci appunto che l'abito è rappresentazione dello spirito del tempo, ma soprattutto dell'uomo.

Non è solo la vanità che spinge ad indossare abiti eleganti ma anche il desiderio di pia-cere alle persone dell'altro sesso; inoltre agiscono come mezzo di comunicazione e inte-razione sociale. Oggi la moda è considerata dagli storici non più manifestazione di futilità ma anche espressione di valori e pullulano mostre di abiti d'epoca che ci illuminano sul nostro passato più o meno remoto. Si potrebbe dire: ad ogni epoca la sua moda, ma come nella storia Giambattista Vico ci dice che ci sono i corsi e i ricorsi storici, capita che a distanza di tempo la moda si ripeta e sia pure aggiornata. L'autrice con certosina pazien-za ha spulciato archivi, biblioteche per trovare poi soprattutto negli inventari notarili quali fossero gli indumenti indossati da nobili, prelati, bambini, vestiti che nel tempo cambiava-no nome e rendevano la ricerca difficile.

Questi inventari sono una parte importante del libro e servivano nel caso di insolvenza, di lasciti testamentari perché il vestiario era considerato un patrimonio e con occhio indiscreto ci mostrano che questi patrizi avevano un guardaroba eterogeneo con abiti lisi, altri rivoltati e toppe ben nascoste. Anche gli ecclesiastici avevano un guardaroba niente male e non ubbidivano agli ordini di una maggiore semplicità. Le stoffe venivano da varie parti del mondo e ci fanno pensare a una globalizzazione ante litteram. Alcuni ritratti del Museo Civico ci mostrano le fogge, gli ornamenti, le parrucche che queste persone indossavano. Lo sfoggio avveniva per le vie cittadine in lunghe passeggiate dove si scambiavano chiacchiere perché tutti si conoscevano, nei caffé, nelle farmacie allora luoghi di ritrovo e infine nel teatro di nuova costruzione per venire incontro ai loro desideri.

La moda nel Settecento cambiò e quella del Seicento così retorica e fastosa lasciò il posto, in un clima che voleva essere più poetico, a un modo di vestire più semplice che rendesse la persona più disinvolta, più naturale. Liliana De Venuto ci rende edotti dei vari indumenti che ricoprivano le membra di siffatti signori anche se qualche dubbio riguarda la biancheria perché si ignora se indossassero le mutande che ben poco sono citate negli inventari. Comunque l'autrice ci consegna con stile brillante un quadro completo della Rovereto di allora non mancando informazioni sul commercio, sull'artigianato che fioriva intorno a questi lussuosi guardaroba.