Il libro del «Controcanto» – Di Guido de Mozzi

Titolo: E Dio negò la donna. «Come la legge dei padri perseguita da sempre l'universo femminile» Autore: Haziel Vittoria Editore: Sperling Kupfer 2008 (collana Saggi) Rilegato, 356 pagine

IL CONTENUTO
Donne violate, sfruttate, cancellate, uccise: la guerra dei maschi contro le femmine ha fatto nei secoli più vittime di qualunque olocausto e non sembra affatto sul punto di ridimensionarsi. Anzi, i fondamentalismi che si sono riaccesi nell'ultimo periodo hanno rafforzato il razzismo contro le donne e reso di nuovo tragicamente attuali i veli, le infibulazioni, le lapidazioni, gli stupri etnici.
Ma sarebbe sbagliato legare le discriminazioni e le violenze solo a situazioni sociali arretrate o a regimi scellerati.
Nel suo viaggio attraverso gli inferni delle offese patite dalle donne, Vittoria Haziel arriva a scoprire le cause più profonde del maschilismo, radicate nella cultura antica di cui sono impregnati anche i testi sacri dell'ebraismo e del cristianesimo come a quelli dell'islamismo. I tre monoteismi relegano le donne nell'ombra, le riducono al silenzio, le marchiano con il segno del peccato. Stabiliscono leggi legate alla volontà di un dio sempre e solo maschio, che diventa così portatore di ingiustizie e simbolo di un insegnamento che calpesta la dignità femminile. Il «patto patriarcale» trasversale alle diverse culture a lungo è stato trasmesso, paradossalmente, dalle stesse donne. Per estirpare i fondamenti di queste «tradizioni» e opporsi alla pericolosa disarmonia che ne deriva, l'autrice propone strumenti e percorsi che permettono di ricongiungere il femminile e il maschile all'interno di ogni persona.

IL COMMENTO
Vittoria Haziel (nella foto, ormai nota ai nostri lettori) è una delle più pungenti collaboratrici dell'Adigetto.it, che la ospita fin dagli inizi della nostra avventura editoriale. Ha un pubblico tutto suo, fedele, attento, severo, sensibile, puntuale e ad altissimo livello. Con i suoi scritti riesce a coinvolgere e sconvolgere, appassionare e innamorare, ridere e deridere, stupire e meravigliare, scandalizzare e sdrammatizzare, dividere e condividere, emozionare e motivare. Riesce a sconvolgere col dubbio sia i credenti che i miscredenti, dei quali non vuole essere assolutamente guida, né... turistica, né spitituale.
Il tutto lo fa con una sottile vena umoristica pungente come piace di solito a noi dell'Adigetto.it.
Sa scherzare con gli «intoccabili» di cose «innominabili», sa scrivere Dio con la d minuscola, sa offendere l'ipocrisia ufficiale. Ma sa anche inchinarsi di fronte alle emozioni autentiche, quelle che danno dimensione e ragione di essere alla condizione umana, altrimenti vuota e razionalmente priva di senso.
In una lettera recentemente inviatale da un lettore a commento del suo più recente articolo della serie «Controcanto», emerge tutta l'umanità che Vittoria Haziel riesce a infondere tra una scudisciata e una carezza.

«Questa volta a piangere siamo proprio noi. - le scrive il lettore. - L'articolo che ha pubblicato ci ha veramente commosso. È ancora vivo in noi il ricordo delle bellissime parole dette agli insegnanti e ai ragazzi protagonisti dello spettacolo su Alessandro Cruto, che Lei ha apprezzato e vissuto molto intensamente.
La Scuola ha bisogno di gente come Lei, capace di essere presente, di emozionarsi, di trasmettere fiducia, di scrivere di scuola in contrapposizione ai media, che portano spesso alla ribalta i fatti che tutti conosciamo.
Lei ha saputo portarci alla luce della prima pagina per uno spettacolo di fine anno che ha visto impegnate risorse, risorse e... ancora risorse.
Per questo noi La ringraziamo.»

Ci ha fatto piacere constatare che Vittoria Haziel non è solo una nostra invenzione, una nostra «pellegrina» alla ricerca delle contraddizioni più osannate, un nostro modo di gridare al Cielo per interposta persona la pura e semplice verità, il nostro modo di sconvolgere col dubbio i nostri credenti. E i nostri atei.
Vittoria Haziel esiste. Ha un corpo e soprattutto un'anima. È la scrittrice «davincianamente» nostra, «luminosamente» nostra. E dei nostri lettori.

Nel libro «e dio creò la donna», esprime già nel titolo la propria chiarissima posizione esistenziale. Un dio scritto minuscolo, ma Nel libro «e dio creò la donna», esprime già nel titolo la propria chiarissima posizione esistenziale. Un dio scritto minuscolo, ma opportunamente preceduto (sia ad uso dei credenti che dei i miscredenti) da una «e» altrettanto minuscola». D'altronde, democratica fino in fondo, scrive minuscolo anche «donna». Un titolo che fa supporre un'appendice alla creazione del Mondo da parte del Signore Iddio. Dopo aver visto l'uomo che aveva appena creato, il Creatore fu a sua volta sconvolto da dubbio. «Forse è meglio che mi riposo» disse scuotendo la testa, secondo le sacre scritture. E creò la domenica. «Forse è meglio creare anche la donna» disse poi invece, secondo un suo ripensamento. Ma è qui che si inserisce la nostra davinciana Vittoria: dio non creò la donna, ma la negò...

Il contenuto lo riconosciamo come suo, quello stesso che leggiamo tutte le settimane sulle pagine dell'Adigetto.it, anche se chiaramente è più meditato e mediato dalla sua funzione di scrittrice anziché giornalista.
Quando Dan Brown uscì con il suo libro «Il Codice da Vinci», Vittoria non accusò il colpo di uno scrittore che aveva raggiunto il successo mondiale in breve tempo ricalcando quello che lei aveva già pubblicato anni addietro col titolo «La passione secondo Leonardo»: era semplicemente soddisfatta dalla constatazione di non essere stata l'unica.
Ma Dan Brown aveva inserito anche dei brevi e semplicissimi concetti sulla condizione della donna nella storia delle religioni, sulla quale aveva innestato l'intera portante della trama di Maddalena, «moglie» di Gesù, cancellata dalla volontà religiosa di escludere le donne dal teatro delle operazioni.
Vittoria aveva già denunciato anche questo, ma evidentemente non era stata considerata. D'altronde lei era una donna, al contrario di Dan Brown.
E allora ha scritto questo libro (ritirandosi in volontaria stretta clausura, come ci aveva detto) per completare l'opera di Brown.

Vittoria Haziel racconta in «e dio creò la donna» un concetto di fondo che sta nella certezza che la differenza tra l'uomo e la donna sia vera e reale e concreta, sia nel fisico che nell'azione che nell'anima. Per questo cancella il concetto limitativo dato alla donna con il termine sessantottino del «femminismo», per darle ciò che le spetta. La donna è una donna e basta.
Il suo «j'accuse» non è tanto rivolto a quelle religioni monoteiste che hanno relegato la donna ad un ruolo di secondo piano rispetto all'uomo, quando alla cultura che in queste religioni ha messo le radici, perché è questo che resterà nel tempo.
Comunque la si voglia vedere, all'uomo fa molto comodo che la donna abbia un profilo più defilato, perché in questo modo si toglie di torno più del 50% della concorrenza. E, già che c'è, fa della donna il capro espiatorio, l'oggetto profano e da profanare sia in questa e nell'altra vita.
Ma l'uomo non lo ammetterà mai: gli sarà sempre sufficiente avere una profonda fede verso dio e verso coloro che si assumono il ruolo di interpretarlo, e avrà sempre la coscienza a posto.
È sempre facile credere in qualcosa che ci fa molto comodo, è sempre facile vivere con una coscienza maschile.

Se non fosse stato per il culto verso la Madonna, insorto (e non contrastato dalla Chiesa) dopo l'anno Mille, al Concilio di Trento avrebbero potuto deliberare che la donna non aveva un'anima. Grazie a Dio, come si dice, nel segreto dell'urna i delegati della Chiesa al Concilio hanno pensato alla «pora mama» e con una punta di commozione hanno deciso di volerla incontrare nell'Aldilà.
Di cinquecento anni in cinquecento, cara Vittoria, vedrai che riusciremo a guardarti in faccia senza domandarti «chi diavolo sei?».