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In questo libro Luca Girotto racconta la battaglia di Monte Còlo

Doveva essere un semplice attacco dimostrativo che garantisse il successo della Strafexpedition ingannando gli italiani sui reali obiettivi dell’offensiva...

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Titolo: Il lago della morte. 15-16 maggio 1916. 
            La battaglia per monte Colò

 
Autore: Girotto Luca
Editore: DBS, 2016
 
Pagine: 208, brossura
Prezzo di copertina: € 15
 
Doveva essere un semplice ma violento attacco dimostrativo che avrebbe garantito il successo della Strafexpedition ingannando gli italiani sui reali obiettivi dell’offensiva.
La cocciuta ostinazione del Generale Andrea Graziani comandante della brigata Ionio, l’incompetenza dei pianificatori austriaci e la eccezionale situazione meteorologica trasformarono però in uno scontro sanguinoso, e soprattutto inutile, quella che avrebbe dovuto essere una semplice azione diversiva.
Lo racconta Luca Girotto nel suo nuovo libro «Il lago della morte. 15-16 maggio 1916 La battaglia per Monte Còlo», fresco di stampa per Edizioni DBS.
Sono 212 pagine in cui l’autore, con il supporto di materiali fotografici e documentari in gran parte inediti, ricostruisce un episodio quasi sconosciuto al grande pubblico ma la cui riuscita avrebbe potuto influenzare in misura rilevante le sorti dell’offensiva austroungarica sugli Altopiani.


Strada imperiale presso Agnedo, aprile 1916: i fanti della brigata Ionio in arrivo al fronte di Valsugana.

Siamo in Valsugana, nel territorio montano del comune di Ronchi, sul versante settentrionale della Valle del Brenta.
«Una posizione strategicamente irrilevante anche se contesa e potentemente trincerata, – spiega Girotto. – Qui, tra 15 e 16 maggio in una notte di luna piena e con il terreno innevato, gli imperiali del XVII Korps attaccano con due battaglioni in quella che vorrebbe essere una semplice azione dimostrativa, funzionale a ingannare l’Esercito Italiano distraendone le forze dalla zona di Asiago dove è prevista a breve l’azione principale, la Maj-Offensive. I comandi italiani non se lo aspettano, né hanno creduto a quanto preannunciato dai disertori nelle giornate antecedenti.
«Alle 10 del mattino a Monte Còlo, presidiato dai fanti della neoarrivata brigata Ionio, si scatena l’inferno, – prosegue Girotto. – Da parte italiana ci sono reparti inesperti e quasi ignari dei luoghi, dall’altra due battaglioni formati da militari di etnia slava e romena.

La «Croce del Còlo» a q. 1.823 a ricordo dei caduti della battaglia.

«Deve essere una banale scaramuccia di poche fucilate e qualche colpo d’artiglieria, ma la sorte decide diversamente: il combattimento infuria per dodici ore, trasformandosi per gli attaccanti in un inatteso ed inutile bagno di sangue al termine del quale i fanti della Jonio, temporaneamente vincitori, rimangono padroni del campo pur perdendo 234 uomini.
«Per le forze imperiali il sacrificio tremendo - 873 tra soldati e ufficiali, con compagnie che hanno perso oltre il 50% degli effettivi - non è invece accompagnato dal benché minimo risultato.
«Ironia della sorte, cinque giorni dopo – a seguito degli sviluppi dell’offensiva austriaca sugli Altopiani – gli italiani saranno costretti ad abbandonare le posizioni fino ad allora così tenacemente difese.
«E agli austriaci non resterà che constatare amaramente come una semplice attesa avrebbe potuto far risparmiare tante vite umane conseguendo ugualmente gli obiettivi.»

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